Proprio così capitò: che, appena lo vide, «gli corse incontro». Gesto di una affettuosità infinita: racconta più d’una cianfrusaglia di parole. Da solo basta per dipingere quel «tale» che, per questo scatto, somiglia ad un centometrista. L’ha visto, l’ha riconosciuto: “È quello di cui tutti dicono cose impressionanti – avrà pensato tra sé -: Gli chiederò conto su ciò che nessuno è stato in grado di darmi una spiegazione”. È un tipetto che, senza allenamento, sta alzando la polvere: invidiato per la ricchezza, è vezzeggiato da bellezze d’ogni tipo, è sulla bocca di tanti. È così ricco che la ricchezza se l’è sepolto sotto: gli ha rubato il nome – “il giovane ricco” -, il mondo lo riconosce per il lusso che gestisce, non per ciò che è. Il tintinnìo delle monete è per lui come una canzone, di quelle che ti danno sensazioni opposte: quando sei felice ti piace la musica, ma quando sei triste capisci i testi. Il testo, stavolta, a quel tale è così chiaro d’apparire sconcertante: “Cos’altro mi manca se, con tutto quello che ho, non sono felice?” È ricco, ma in materia d’onestà è pure già mezzo-santo: saper interrogare il proprio cuore è avere a cuore gli interrogativi di ciò che più ti sta a cuore, la felicità. «Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che ad un tratto ne sei pieno?» (M. Luzi). Avverte una mancanza, c’è un non-so-che di fallace nel suo vivere: il cuore ha una crepa. Spande acqua. E il catechismo l’ha pure fregato: “Bambini, ascoltate bene – sibila la catechista -: per ricevere la Prima Comunione è obbligatorio conoscere i dieci comandamenti (tutti) a memoria. Capito?” A memoria: basta.
Certo che ha capito, anzi: ha battuto la maestrina dieci-a-zero. Non solo li ha imparati a memoria (ch’è facilissimo) ma li ha vissuti sulla pelle: «Maestro – pare d’immaginarselo qui, coi suoi capelli tutti pettinati – tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Gli sta dicendo la verità, ma è ciò che Iddio capisce dietro quelle parole ch’è la vera confessione: “Ho fatto tutto quello che mi è stato detto di fare, ma non basta: perchè sono avvilito? Mi hanno fregato!” Esistesse il “soddisfatto o rimborsato”, alla (sua) catechista verrebbero pignorati i beni per risarcire i danni procurati: basta davvero conoscere i comandamenti a memoria per essere felici? Cristoddio, da parte sua, risarcisce lui il macello che si è consumato nelle aule di catechismo: «Fissò lo sguardo su di lui, lo amò!» A Cristo non è ancora chiaro se quel tale accetterà o meno la sua risposta (non la accetterà), ma la prima cosa che fa è regalargli uno sguardo. Sì, forse quel tale ha un sorriso cucito sul volto: son sempre le persone più tristi quelle che fanno i sorrisi più belli, sorrisi che invocano speranza. Quel sorriso, però, guadagna lo sguardo di Dio: affilato come una lama, pungente come il cactus, pitturato come l’arcobaleno. Chi l’ha acceso possiede la mira di un cecchino, la velocità rapace del ghepardo, la fame di un bisonte. Il cuore di un’amante. Chissà a quanti altri “maestri” quel tale ha rivolto la domanda e la risposta è sempre stata la stessa: “Va bene così, allora. Non ti preoccupare”. Si accorgeva, però, che dopo averlo detto, avevano gli occhi tristi. Lo sguardo di Cristo, invece, è bollente: «Una sola cosa ti manca». Quella che aveva lì davanti, a portata d’occhio: “Ti manco io!”.
È andata com’è andata – «Si fece scuro in volto e se ne andò rattristato» (cfr Mc 10,17-30) – ma non importa affatto com’è andata a finire. Ciò che conta, a conti fatti, è che per lo spazio d’un istante sia stato concesso, al suo giovane volto, di illuminarsi d’immenso: per un battibaleno, insomma, ha avuto piena percezione di dov’era arrivato nella sua personale scalata verso la felicità. Era ad un passo, ha deciso di fermarsi lì. Avesse voluto stagnare nella sua ricchezza, non avrebbe rischiato la domanda: se sai che colui al quale porgi una domanda potrebbe risponderti inversamente a quello che tu speri, evita di domandare. Rischi d’incasinarti. Lui, invece, chiese. E Cristo rispose. Quando sgattaiolò via, Cristo non volle che gli restituisse lo sguardo: glielo lasciò cucito addosso. Come ricordo del suo incontro più bollente.
(da Il Sussidiario, 9 ottobre 2021)
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà» (Marco 10,17-30).