tentazione
Non tira le orecchie al Padre nostro, Papa Francesco. Neanche a Gesù che l’ha scritto. Rimprovera la traduzione: «non è buona» dice. Il verbo “indurre-a” è di procedura penale: più che alla premura di un padre, addita all’istigazione di un avversario. E’ in gioco, dunque, l’immagine stessa di Dio: un Dio felice per la nostra gioia o un Dio geloso della nostra gioia e, dunque, istigatore? Francesco non dubita: istigare è la specialità di Satana. E’ meglio: “Non abbandonarci alla tentazione». E’ già scritto nell’ultima versione scelta dalla CEI: non è Francesco a cambiare, dunque. E’ Satana che, farabutto, si diverte a partorire confusione!
“Tentare” è un verbo che richiama il tatto: si esplora anche con le mani. A Dio chiediamo di non sbagliare strada, di non sbagliare Padre, in questo viaggio di scoperta. «Non abbandonarci» è richiesta di aiuto, non-indurci è ammissione di paura. A governare con la paura sono capaci tutti: l’allegrezza di Cristo è d’insegnare a governare con la libertà, condizione-prima della gioia. E’ di questo che parla il Papa. Da qualche giorno in Francia si prega ufficialmente così: «E non lasciarci entrare in tentazione». Francesco, dunque, ha bucato-lo-schermo senza dire nulla di nuovo: è che certi giorni – come scriveva Léon Bloy – l’uomo è così stanco di sentir parlare gli uomini, che basta parlargli di Dio per vederlo piangere. O, tutt’al più, interrogarsi sul suo vero volto di Padre. Che mai tenta.

“Ancora una volta, soltanto. E’ l’ultima” 
(da M. Pozza, Il contrario di mio, San Paolo, 2018)

Furono tre: le prime tre, quelle celebrate nella cattedrale del deserto. Il Cristo le accettò tutte d’un fiato, smontandole una per una. Se le accettò non fu per un favore da concedere a Satana, ma perchè l’uomo fosse certo della sensibilità di Dio alle malefatte del menzognero. Che Dio non è per nulla insensibile a tutto ciò che addolora quaggiù, come tenta di far sospettare Satana. Ne beccò tre, ma fu la quarta a mostrare quanto forte fosse l’umanità del Cristo terreno, anche la caparbietà di Lucifero: «Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato» (Mt 27,46) Quel Dio verso il quale urlava era il medesimo per rivolgersi al quale aveva insegnato a dare-del-tu, chiamandolo padre: “Padre mio, padre mio, perchè mi hai abbandonato?” Di tutte le tentazioni possibili, quella di esser rimasti soli è la più fetente: “Non c’è più nessuno a ricordarsi di te” bisbiglia la canaglia di Lucifero alle creature. “Hai visto com’è andata a finire? Sei stato presenza insignificante – è stata la quarta tentazione di Satana a Cristo, appollaiato lassù sulla croce – . Mentre tu muori, fanno tutti festa!” Ne ha per tutti Lucifero: soli e insignificanti, è questa la sua vecchia chincaglieria per svilire la speranza. Col trucco d’essere pure raffinato. Mica è inesperto quell’essere lurido: «Non ci invita a compiere il male, sarebbe troppo rozzo. Fa finta di indicarci il meglio» (J. Ratzinger). Propone il realismo – il pane e il potere – come controproposta alla salvezza di Cristo: “Mica vorrai credere ad un Dio così astratto, vero?” Per lui astratto è l’esatto opposto di utile: utile è solamente ciò che si tocca-mangia-scarta. “Mordi-e-fuggi” è slogan pubblicitario di Satana: siccome è cosciente di poter promettere molto meno di Cristo – cos’è una piccola goduria in confronto all’l’Eterno? -, gioca sui tempi: tutto-subito. Per poi, nel caso di incidente, tradire la sua vera identità di truffatore: “In caso di incidenti, la mia assicurazione non risponde”. Lasciati per strada, sedotti e abbandonati. Mordi-e-fuggi è la proposta di Lucifero: “Siediti a tavola e mangia” è la riposta di Cristo. “Mordere” non è mangiare: è un verbo ladro, gesto di sfuggita, mano nella marmellata. Neanche “fuggire” è verbo a colori: è vergogna, nebbia-fitta, zig-zag dell’anima. Inutile il fuggire: «Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza. Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti» (Sal 138,7-8). Pare duro il fuggire per sempre dallo sguardo di Cristo. “Usa meglio le tue forze, non perdere tempo con queste idiozie”: Satana non molla. Andarsene da casa, da Cristo, costa assai poco: per Satana l’affronto è vedere gente che rimane nella casa del padre. Appresso al Dio delle piccole-cose: «E’ sperare la cosa più difficile. La cosa facile è disperare, ed è la grande tentazione» (Ch. Péguy). “Andarsene” è manovra di sostituzione, gesto di sfida, mossa da banditi. E’ consiglio di Satana: “Mettiti tu davanti a Dio, portatelo dove vuoi”. Da parte avversaria, è dichiarazione di guerra a Satana: «Lungi da me, satana! Perchè tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Imporgli Vade-retro è dichiarare che si era messo davanti. Furto-di-posizione: ancora una volta ladro e farabutto. L’inossidabile tentatore, per l’appunto.

“Ti raccomandiamo: non ci lasciare soli”

E’ il pezzo che più amo di Paolo, il santo apostolo delle genti: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10). Pronunciato senza vergogna: se non pare assurdità, ci manca poco. Con quell’altra ammissione fatta ai Romani: «Infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (…) Sono uno sventurato» (Rm 7,19.24). E’ una confessione tra le più umane, che riesce solo ad un peccatore-perdonato: è la tentazione a renderci umani. Prima di Cristo le tentazioni esistevano, dopo-Cristo le tentazioni sono rimaste in circolo: ciò che Cristo ha tentato di mutare è stato l’approccio ad esse. Le avesse tolte di mezzo, ne avrebbe rimesso la libertà: è la tentazione a farci sentire liberi. La grande tentazione: “Non c’è più nessuno pensa a te!” Che è sempre fatta di mille piccole tentazioni, la cui somma-totale è il prodotto dell’azione di Lucifero moltiplicato al credito accordatogli. Il prodotto interno lordo del Maligno. Uscito dal deserto in-piedi, Cristo mise a disposizione il suo segreto per quelli che, tentati, non vogliono mollare la presa: «Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto ma la carne è debole» (Mc 14,38). Satana, il motore-immobile delle cadute a tonfo, lo si vince solo pregando. E, dopo averlo pregato, prendendolo per i fondelli: non c’è nulla che gli roda maggiormente del sentirsi irriso per le sue mille smancerie. «E non ci indurre in tentazione» è urlo di caverna: dice lo spavento, il terrore, l’angoscia. Artefice della tentazione è Satana, non Cristo! Anche l’oggetto della tentazione è Satana, nascostosi dietro le sue illusioni: “Desiderami! Concediti a me!” è la sua proposta d’amore all’uomo. L’intervento di Cristo è un’operazione-di-salvataggio, ancor meglio di tutela: nulla a che vedere con l’induzione. E’ più una richiesta di custodia: “Non permettere che siamo sedotti dalla tentazione”, traduce Tertulliano. “Preservaci, abbi cura, non abbandonarci nel momento in cui Satana si scatena”. E’ supplica di vicinanza nella prova. Invocato così, Dio non spaventa affatto: c’è fede, sacro-timore. E’ ammettere la sua competenza in materia, laurea strappata sul campo: «Infatti, proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,18) Il sospetto che Dio sia nemico della gioia, che si diletti ad istigarmi, è l’ultima storiella di Lucifero. Pace all’anima sua, non chiediamo a Dio che non-ci-tenti-più, ma lo supplichiamo di riuscire a tenergli testa. Nel più trasparente dei codici sportivi: più l’avversario è forte, più la vittoria è bella. E’ sotto il torchio della tentazione che si recita la più credibile professione di fede: “Credo nell’Agnello. Rinnego il Lupo, con tutte le sue opere, con tutte le sue seduzioni”. Tiè, Satana: beccati questa! Pure quest’altra, materia di soccorso-assicurato: «Poichè hai osservato con costanza la mia parola, anch’io ti preserverò nell’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra» (Ap 3,10). Tutto-chiaro: da avversario, però, riconosco a Lucifero un’arte sopraffine, la sua arma vincente: sa sedurre come pochi altri al mondo. Sta appena sotto-Cristo, assai sopra tutti. Quando lo dimentico, lui vince a man bassa. Sedurre è parte in causa della tentazione: scordarlo è farsi beffare a occhi-chiusi.

ilcontrariodimio

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