Mario Rigoni Stern"Ora, giorno dopo giorno, si sta avvicinando l’inverno e avrò tante memorie. Sarà come ritornare bambini, come ascoltare tante voci. Rivedere lumi nella steppa, amici, cari volti femminili. Oggi nell’acqua piovana raccolta sotto le gronde che scendono dal tetto vedo anche tante nevi lontane che il sole ha sciolto e portato qui" (M. R. Stern, Inverni lontani, 1999).
Dedicando il suo romanzo Le petite prince all’amico Leone Werth quand’era bambino, lo scrittore d’oltralpe Antoine de Saint-Exupery si raccomandava di serbare memoria che tutti i grandi sono stati bambini una volta. Anche se molti di loro se ne vergognano. Lo stesso rimaner bambini che ha firmato il successo editoriale ed esistenziale di Mario Rigoni Stern. Accompagnato da storie di persone apparentemente piccole e anonime e scortato dal grido doloroso di soldati epici s’è presentato al suo pubblico in punta di piedi. Con la discrezione tipica di chi non avverte nelle sue gesta il sapore del pane appena sfornato. Profumo di pane e odore di fucili, tristi partenze e inaspettati ritorni, merli, gufi e pernici. Trovatelli di strada, caprioli innamorati e recuperanti di frammenti bellici. Personaggi partoriti sul limitar del bosco, pennellati al chiaror di luna, diventati famosi senza mai far carriera. Nei suoi romanzi partono al mattino e rincasano la sera, lesti nell’intraprendere discussioni infinite. Perché il tempo, nella vita di un uomo, non si misura con il calendario ma con i fatti che accadono. Un po’ come la strada che si percorre: non sono i chilometri a segnarla ma la difficoltà del percorso e l’inedito di incontri inaspettati.
Testimone appassionato e appassionate di un Novecento ricco e struggente, teneva la grandezza dei solitari, la semplicità della gente geniale, la poesia delle radici montanare. Nelle sue pagine la vita nelle sue mille sfaccettature: la lentezza e la fugacità, il dramma e la speranza, la caduta e la ri-partenza. L’accento, la spigolosità, l’attimo. L’inaspettato. Ai faraglioni del Verga siciliano ha risposto con i boschi abitati dai suoi urogalli. Per celebrare dal Nord al Sud la vita semplice e fraterna della gente nata, cresciuta e sepolta dove la fortuna l’ha gettata. Siano ostriche marine o pernici di montagna, la lezione non cambia!
E ora, Lassù, sarà una rimpatriata tra vecchi amici di scuola. Lo metteranno al centro come il petalo di un ramo infinito e il suo cuore immenso sarà una cometa luminosa che unisce tutti gli sguardi. Pioveranno stille di commozione, le guance scintilleranno come diamanti. I suoi lettori lo circonderanno come gli arcieri della guardia persiana, gli immortali con le lance dal pomo d’oro. Oggi saranno tutti lì per lui: le spigolatrici di Milet rialzeranno la testa, le stiratrici di Degas smetteranno di sbadigliare, si schiuderanno le ninfee di Monet e i girasoli di Van Gogh si gireranno verso di lui come se fosse il sole.
Appresa dall’Ansa la notizia della sua morte, me lo immaginai la sera antecedente rispecchiare la sua canuta bellezza nelle sembianze di Tonle Bintarn, uno dei personaggi che l’ha reso nascostamente celebre. Nell’attimo esatto nel quale la sera scende e la pianura si rasserena regalando al cielo il colore dell’acqua marina. Me lo son vagheggiato sotto un ulivo, con la schiena poggiata al tronco e una mano veloce ad accendere la pipa, mentre ripeteva tra sé e sé: "Sembra una sera di primavera"! Guardingo come un animale selvatico che aspetta l’imbrunire per uscire allo scoperto. In silenzio, accompagnato da quelle storie anonime che di certo non hanno fatto annoiare o appisolarsi sulle sue pagine chi, un giorno orgoglioso, s’annovera tra i suoi fedeli lettori-alunni.

Sapendo – parole sue – "che è difficile convivere con gli imbecilli".

Foto di Mario Rigoni Stern tratta da http://www.discoveryalps.it/

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