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Non sarà mai sufficientemente ripetuto quanto il web sia, potenzialmente, una risorsa senza pari, nel tempo e nello spazio, rispetto ai tanti strumenti precedenti. Consente di comunicare in tempo reale con chiunque, anche dall’altra parte del globo; ha un bacino di informazioni pressoché sconfinato, a cui poter attingere (equivale, più o meno, ad avere una biblioteca ben fornita, direttamente in casa, che non necessita neppure tempo d’attesa per procurare i volumi non in repertorio); potenzialmente, si tratta di potersi aggiornare, informare ed ampliare la propria cultura con costi vicino alla gratuità assoluta. È evidente, quindi, come le note positive legate all’accesso ad Internet siano molteplici e di valore.
Ogni medaglia, tuttavia, ha sempre il proprio rovescio. Poter chiacchiere con chiunque in ogni parte del globo comporta anche che non siamo sempre a conoscenza di chi potrebbe entrare in contatto con noi o con i nostri figli; qualcuno, con una metafora forse un po’ forte ma che rende l’idea, ebbe modo di dire che dare al figlio l’accesso alla rete equivale a lasciare spalancata la porta di casa: senz’altro può incoraggiare la socializzazione e probabilmente tante relazioni virtuali sono anche reali, ma significa anche rendere concreti rischi che non tutti gli adolescenti sono pronti ad affrontare. Le informazioni a cui poter attingere sono innumerevoli:  in primo luogo, ciò comporta la necessità di fare discrimine, selezionando in modo consapevole e razionale; in secondo luogo, nonostante sia possibile utilizzare la rete per i fini più nobili, è notorio che essa abbia rappresentato soprattutto un’occasione d’oro per i siti pornografici ed abbia facilitato il reperimento di immagini spinte (tanto che, addirittura, capita di trovarne, tramite motori di ricerca, persino effettuando insospettabili  e banali ricerche scolastiche). È teoricamente possibile arricchire la propria cultura tramite siti di informazione scientifica, giornalistica, archeologica e persino teologica; tuttavia, è indubbio che, statistiche alla mano, non siano quelli i numeri che ingrossano il business della rete.

Aggiungo un altro motivo di pericolo, più volte segnalato da Meter e don Fortunato Di Noto, oltre che dalla Polizia: pubblicare foto di minori, nella rete, è potenzialmente pericoloso. Chi le pubblica (magari, i genitori stessi), non ci vedono altro che una foto da “album di famiglia”, ma, una volta finita in una rete di pedofili, la fine che può fare è di tutt’altro genere. E, come può confermare qualunque informatico, una volta entrate nella rete, è pressoché impossibile tenere traccia di quelle immagini, dal momento che esse possono essere copiate, scaricate, stampate senza che vi si possa esercitare un effettivo controllo. Il tutto, nel giro di pochi minuti, se non secondi.
La scoperta della sessualità, nell’adolescenza, è spesso qualcosa di affascinante e disarmante al tempo stesso. Dopo il periodo dell’infanzia, in cui, tendenzialmente, maschi e femmine tendono a rimanere separati, perché si divertono in modo diverso, con l’adolescenza si riavvicinano, proprio in un momento in cui sia il corpo che la psiche sono in fervida evoluzione.
L’adolescenza, con la sua tempesta ormonale ed il suo desiderio di sentirsi valorizzati nel gruppo, unita all’immediatezza del web, ha composto un mix diabolicamente deleterio, per una sessantina di adolescenti della zona di Modena. In realtà, pare proprio che non sia altro che la punta dell’iceberg e che sia piuttosto diffusa, tra gli adolescenti, l’abitudine di scambiarsi foto spinte (sexting): per molti di loro, non è che un modo come un altro di farsi notare e, probabilmente, non si rendono conto della portata del loro gesto, nel futuro più o meno immediato, per sé e per gli altri.
Se pensiamo al contesto in cui viviamo, non è che ci sia troppo da stupirsi. A scuola, l’ora di educazione sessuale si riduce, quasi sempre, a nozionismo tecnico – scientifico, con l’unico, dichiarato obiettivo di instillare paura verso la gravidanza quanto per le malattie sessualmente trasmissibili, con l’illusione che l’uso del preservativo possa essere panacea ad entrambi. Per anni, nella Chiesa, abbiamo tentato di “moralizzare” l’affettività adolescente. Ora, pare abbiamo del tutto gettato la spugna. Ma rinunciare alla bellezza spirituale contenuta nella corporeità non è la soluzione. Perché  anche questo è distante dalla realtà. Sostenere un’idea unicamente materiale del corpo non è – ad esempio – in grado di spiegare in modo convincente perché quello compiuto da alcuni adolescenti, pubblicando nel web foto spinte di coetanee, sia un reato. Se sono solo dei corpi, perché preoccuparsene? Giustamente, la polizia spiega come gesti del genere possano segnare delle vite. Appunto perché è fattuale (cioè esperibile) la realtà che noi non abbiamo un corpo, ma siamo (anche) un corpo. Lo sperimentiamo perché nulla di quello che riguarda il nostro corpo rimane unicamente ascritto ad esso: se riceviamo una carezza, non abbiamo solo una sensazione tattile, ma è un gesto d’affetto ed è gradevole per questo, anche se la mano che ce la dona è ruvida per i calli del lavoro manuale!
In una società dell’immagine, dove la condivisione della propria immagine crea “followers”, i ragazzi sono portati a pensare che sia questo l’unico modo per ottenere attenzione e popolarità. I loro modelli diventano gli youtubers “che ce l’hanno fatta”: la loro riuscita li porta a pensare che la sovraesposizione della propria immagine possa portare al successo (nonostante chi trova il successo in questo modo sia un numero infinitamente inferiore rispetto a chi vorrebbe trovarlo, ma non vi arriva).
D’altro canto, chi, per i motivi più svariati, ritiene il proprio corpo inadatto ad essere mostrato, si isola completamente. Questi rappresentano l’altra faccia della medaglia, i cosiddetti “hikikomori”. Un modo di vivere nato in Giappone, che sta prendendo piede anche in Europa, che consiste nel vivere volutamente barricati in casa: in realtà, non è direttamente legato ad Internet (avendo avuto origine in Asia tempo prima della sua diffusione), tuttavia il web, mitigando la solitudine e l’isolamento, sta contribuendo ad aumentare il numero dei fautori di questa scelta.
La realtà è che nessuno dei due estremi porta a nulla di buono, perché in entrambi i casi ci troviamo di fronte ad un distacco dalla realtà. Da una parte, l’idolatria dell’immagine conduce alla dimenticanza di ciò che c’è oltre essa (l’interiorità), dall’altra il rifiuto di ogni socialità manifesta la paura del giudizio altrui su di sé, che conferma, indirettamente, l’importanza dell’immagine nella nostra società.
Una volta constatata la complessità del nostro tempo (complici i nuovi strumenti tecnologici, che possono penetrare visceralmente, influenzandola, la mente dei più giovani), la vera sfida non è quella di un’occlusione totale al web, bensì un uso sapiente e ragionato, rendendo consapevoli anche i ragazzi dei rischi a cui vanno incontro: nonostante siano abili a maneggiare gli smartphone, infatti, sono spesso all’oscuro delle conseguenze di atti che spesso commettono con quella leggerezza ed intraprendenza che, pur essendo normali nell’adolescenza, sono infinitamente rischiosi in un’epoca in cui una semplice condivisione può diventare esponenziale in un battito di ciglia.  

 

Fonte immagine: L’Espresso


Per approfondire:

Le statistiche della pornografia online

Repubblica sul caso di sexting finito nel web a Modena

Adnkronos sul fenomeno del “sexting”

Aleteia parla degli “hikikomori”

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