Lui Giuseppe, lei Anita. Forse il primo pensiero va a Garibaldi. Di cognome fanno invece Signorin, vivono ad Arzignano, il loro nome d’arte è Mienmiuaif e, dopo aver scoperto la fede, con la loro simpatia contagiosa vivono l’amore indissolubile del matrimonio come un dono, ma anche come la vera “trasgressione” del nostro secolo.
1. Raccontate entrambi di essere passati da essere critici contro la Chiesa a cristiani: in che modo è possibile un cambiamento così radicale?
Giuseppe: Nel 2012, io ho avuto una crisi spirituale, in cui ho sperimentato momenti di buio: questo mi ha permesso di far spazio all’incontro con Cristo e, solo allora, ho iniziato a rinascere. In quel frangente, anche Anita si è posta delle domande.
Anita: I genitori di Giuseppe, in quell’epoca, avevano in programma un viaggio a Medjugorje e anche lui voleva andare con loro. Io, invece ero un po’ restia (in parte, perché io e la mia famiglia eravamo piuttosto lontani dalla fede, in parte perché non conoscevo bene cosa fosse quel luogo) e sono andata quasi per fargli un favore, senz’aspettarmi nulla. E la prima cosa che mi ha colpito è stato vedere così tanti giovani raccolti in preghiera: un’esperienza che mi ha, in un certo senso, “scandalizzata”, dal momento che, nel mio immaginario, il cristiano – tipo erano le vecchiette che vanno sempre in chiesa, non certo dei giovani, che preferiscono altri divertimenti. Non capivo, ma ho fatto una sorta di preghiera quasi inconsapevole: “Gesù, se esisti, dammi un segno!”. E questo segno è arrivato. Un momento particolare è stato, infatti, quando, di fronte al Cristo Risorto (una statua, presente in quel luogo), ho avuto una sensazione d’amore mai provata prima. Poi, naturalmente, la fede è un cammino e quindi non si esaurisce tutto lì, ma questo mio chiedere un cambiamento è stata la mia prima apertura verso la fede, che mi ha cambiato il cuore e la mente.
2. Nell’intervista rilasciata a Credere (luglio 2016), avete detto di aver provato sia un “anno da pagani”, sia un “anno da cristiani”, prima del matrimonio. Visto che vi siete sposati in modo cristiano, è palese su cosa sia ricaduta la preferenza. Cosa vi ha dato “di più”?
G: Noi eravamo insieme da poco (circa un anno), quindi dovrebbe essere anche il momento più intenso, caratterizzato dall’emotività dell’innamoramento. Eppure, la preghiera insieme ci ha fatto sperimentare un amore più intenso (mentre prima era più superficiale), proiettato verso il futuro. Anche la scelta della castità, ci ha consentito di conoscerci meglio, confermando che la Chiesa non toglie nulla, anche quando propone scelte impegnative.
A: Il cambiamento è motivato innanzitutto dalla delusione: non riuscivo a ricevere l’amore che cercavo (né da Giuseppe, né da altri fidanzati avuti prima di lui). In tutta la mia vita, ho cercato un amore come quello di Dio, nelle persone: invece, ho sperimentato che è il contrario, cioè prima si arriva a Dio, poi posso avere, con gli altri una relazione più “sana” e serena (cioè senza avere aspettative non realistiche). Prima ero angosciata, ora non più: ho la consapevolezza di essere amata.
3. Che significa, nel quotidiano, “sposarsi in Cristo”?
G: Di due, diventare una sola carne: questo dovrebbe essere l’obiettivo. E questa “fusione”, piano piano, avviene. Siamo appena all’inizio ma già intravediamo come il Signore lavora su di noi. Sposarsi in Cristo significa essere segno del Suo amore per noi: è qualcosa di più grande di noi! Da soli non ce la facciamo, con Lui, invece, possono stare uniti soggetti tanto diversi come maschi e femmine. Prima, entrambi vedevamo il matrimonio come il fumo negli occhi, ora abbiamo completamente cambiato prospettiva.
A: Nei momenti difficili, fermarci a pregare (soprattutto, il Rosario): da lì viene aiuto, anche per le cose quotidiane (ad esempio, le caratteristiche di Giuseppe che mi piacciono di meno). Nei momenti più tranquilli, significa innanzitutto, gratitudine, perché senza la fede non sarei mai a questo punto. Io ho sempre pensato che il matrimonio sarebbe finito nella noia, invece è una promessa di bene, che si realizza ogni giorno, in un crescendo.
4. Perché è “da rockstar” il matrimonio cristiano?
G: Non senza ironia ci definiamo “punk”, in quanto sposi, più che altro perché in un mondo capovolto come quello di oggi, rispetto ad appena qualche decennio fa, dà più scandalo decidersi di sposarsi “come Dio comanda”, secondo le indicazioni della Chiesa, piuttosto che vivere all’insegna dell’ormai vecchio adagio “sesso, droga e rock’n’roll”. Nella società attuale è considerato più bizzarro un amore indissolubile, piuttosto che passare da una relazione all’altra.
A: Gli sposi sono le vere rockstar, se si sposano in maniera convinta, perché la scelta di una vocazione che realizza pienamente, al contrario di quello che tanti pensano, figurandoselo come “la tomba dell’amore”. Che posto ha l’umorismo, nel vostro matrimonio?
5. Come coniugate umorismo, vita di coppia e Dio?
Giuseppe: È lo sgabello che sostiene i nostri progetti, che sono tutti rivolti alla famiglia, ispirati a Dio, ma in chiave umoristica, anche sulla scia di alcuni autori che mi piacciono (G.K. Chesterton o G. Guareschi). Questi scrittori testimoniano come sia perfettamente possibile, al contrario del luogo comune, conciliare l’umorismo con l’integrità, e financo la radicalità del cristianesimo.
Anita: Ci possono essere i momenti di sofferenza, di dolore, ma la tristezza c’è quando manca la speranza. Gesù Cristo è risorto: se sei triste questa notizia non ti è arrivata, oppure non si è incarnata nella tua vita. Del resto, i monaci di Norcia ritengono che l’ottavo vizio sia proprio la tristezza.
6. Da cosa è nata l’idea del blog?
Giuseppe: L’idea è stata di Anita.
Anita: Nasce quasi per caso: Giuseppe scriveva delle note su Facebook ed io gli feci notare che non c’era molto spazio; inoltre, chi non era sul social network non poteva leggere; quindi gli suggerii di scrivere un blog, così avrebbero raggiunto più persone. All’inizio lui era scettico, quindi l’idea era rimasta lì. Poi, qualche tempo dopo, se ne uscì con un “Moglie, ho avuto un’idea!”, perché non ricordava assolutamente che gliel’avessi suggerito io, tempo prima.
7. Chi ha convinto chi a scrivere canzoni?
G: Anita ha il dono della musica ed una voce incredibile, oltre ad aver anche fatto un anno di conservatorio. Io suono un po’ il basso e la chitarra, ma, soprattutto, mi piace comporre dei testi. Lei all’inizio non voleva, ma alla fine l’ho coinvolta ed ora è una convinta sostenitrice della band. I testi sono a volte demenziali ed aiutano a sdrammatizzare, innanzitutto noi; ma abbiamo avuto riscontro positivo di questo effetto anche in altre coppie.
8. Su cosa si basa, invece, l’idea di “Pompelmo rosa”?
A: Parlando di moda con un’amica sarta, lei mi consigliò di provare a cucire: dopo averci provato, ho scoperto che mi piace molto. quindi, ho pensato di provare a fare vestiti, anche se l’idea è ancora un po’ nebulosa, ma si tratta di pensare una moda che non “stressi” la donna, ma la valorizzi veramente, invece di considerarla come un oggetto o “sfidarla” ad essere sempre più magra, con taglie da donna giovane che sono sempre più strette.
9. Ogni tanto, vi sentirete un po’ delle “mosche bianche”. La domanda che sorge spontanea è “Chi ve lo fa fare?”, ma, soprattutto, cosa vi fa proseguire, quando questa domanda viene a galla?
G: Innanzitutto, perché non è stata mia una cosa imposta. L’incontro con Cristo è stata una decisione nostra, personale. Addirittura i genitori di Anita, lontani dalla fede, le domandavano perché andasse a Messa. Questo, paradossalmente, ci ha spronato ancora di più. Adesso, il primo sprone è ricordare il 2012, quando tutto è iniziato, per ritrovare nuovo slancio nei momenti più impegnativi, che ci sono sempre.
A: La fatica c’è, naturalmente, come in tutte le situazioni (ogni esperienza ha le proprie difficoltà). Ciò che è differente è la mancanza di angoscia ed una grinta che prima mi era sconosciuta.
10. Progetti per il futuro?
Speriamo che arrivino dei bambini; nel frattempo, continuiamo con questi progetti, nel tentativo di coinvolgere altre persone, all’insegna di queste due triadi: libri, vestiti e musica e umorismo, vita di coppia e Dio.
Pagina Facebook della Band
Blog WordPress
ANITA BALDISSEROTTO
Anita Baldisserotto, 1990, Arzignano (VI). Impara a cantare guardando i cartoni della Disney. Nel 2012 si laurea a Ca’ Foscari con una tesi sul canto Gospel. Alla fine, suo marito l’ha fregata e oltre all’anello da mettere al dito l’ha costretta a finire in un gruppo sia per chitarra (suonata male) e voce, sia per chitarra, basso (suonato male), batteria e voce. Oltre a tenere la rubrica “Donne dududu”, nella sezione del blog chiamata “Pompelmo Rosa”, il progetto di moda femminile a cui sta lavorando…
GIUSEPPE SIGNORIN
Giuseppe Signorin, 1982, Arzignano (VI). Ha preso qualche lezione di chitarra durante l’adolescenza e attualmente suona il basso nel gruppo “Mienmiuaif”. Ha pubblicato diverse opere, tra il 2006 e il 2014. Si è laureato e ha fatto da assistente per qualche anno allo Iulm di Milano e dal 2012 lavora per Berica Editrice, per il magazine Corriere Vicentino e fa l’operaio della scrittura nel mondo della comunicazione per Hassel. Alla fine, sua moglie l’ha fregato e, oltre all’anello da mettere al dito, l’ha costretto ad aprire un blog.
[Biografie estratte dal loro blog]