Che
emozione imbattersi in qualcuno che ti dice: "Sei bellissimo". Lo dirà per i tuoi lineamenti giovani, gli occhi
vispi, il fisico scattante. Lo diranno perché ti vedono, s’imbattono nel tuo
sguardo, nell’armonia del tuo essere. E’ brivido tutto divino, però, che
qualcuno ti dica "sei bellissimo"
senz’averti mai visto, ignaro dei tuoi capelli e dell’andamento dei tuoi passi.
Incrociando la bellezza nelle tue parole che accendono vecchi ricordi,
fantasmagorie lontane, bellezze nascoste.
Imperativo
celeste la fedeltà alla Parola. Che non è chiacchiera d’uomo, ma Parola di Dio.
"Porrete nel cuore e nell’animo queste
mie parole… le insegnerete ai vostri figli" (Dt 11) è l’infuocata
esortazione del Mosè pastore oggi. Non si tratta di incasellare le parole
giuste, di giocare con i sinonimi o di scegliere apposta i contrari. Di destreggiare
sinestesie, risonanze e inclusioni. Si tratta di vivere della Parola. Nutrirsi
della parola. Una Parola che soffre di claustrofobia sin dalla nascita: "quando camminerai per via". Forse Mosè
ha intuito che le chiese stanno diventando il magazzino delle parole
dimenticate. Usurate. Ammassi di parole che non parlano. Alle quali sono state
tolte la voce, la potenza, il fuoco. L’accusa è pesantissima: omicidio premeditato
e volontario. Sembra che la
Parola non debba uscire perché creerebbe fastidio. Calerebbero
le entrate economiche sotto Natale. Il mibtel di Pasqua soffrirebbe. Il Nasdaq
farebbe tremare il conto corrente. Parole stampate in faccia – raccomanda il
vecchio condottiero di Dio -. Cioè predicatori nudi di una Parola che veste,
appassionati di urlare una Parola che li tormenta, che li infastidisce, che li
logora nell’animo. Che facciano passare la sorpresa, la voglia, la provocazione.
E’ negli occhi di chi parla che la gente va cercando la potenza della Parola. Certe
espressioni da "pesce lesso", fredde e glaciali oscurano la potente bellezza
celeste. Gli occhi non parlano e lo sguardo non illumina il buio dell’esistenza.
Non è questione di microfoni, ma di poesia dell’anima. Conosco predicatori che
hanno un potere unico: quello di raggelare l’uditorio perché la pelle non è
luminosa come quella di Mosè sul Sinai. E’ un parto sudato condividere la Parola di Dio: la sua
estrazione è dolorosissima, sudata, snervante (nulla a che spartire con le
omelie preparate tra il suono della campana e il canto iniziale). Appassionante!
Sono le doglie del parto che annunciano i vagiti di una vita che urla la voglia
d’esserci.
Ho sentito
da un pulpito dopo la comunione (in "zona chiacchiere"): "E’ stata dimenticata una borsa della Gucci tra i banchi. L’interessata
venga a ritirarla in canonica. In orario ufficio". Magari lasciando il 10%
del valore.
Mai sentito annunciare che è stata dimenticata la Parola!