Bambino_svogliato270Vicenza (Elena Martino) – A Milano si dice ofelè fa el to mestè (pasticciere, fai il tuo mestiere) per suggerire a qualcuno di non sentenziare in campi che non gli competono. Il problema è quando ad uno il campo gli compete: non rimane che lasciarlo correre e, forse, invidiarne i talenti con la speranza di non essere destinatari delle sue frecciate pungenti. A questo giovane autore il correre piace assai, così tanto ch’è diventato un suo modo d’essere prete oggi. Correre, scrivere e pregare: magari domani aggiungeremo un altro verbo perchè la sua è un’esistenza “work in progress”: limiti e pregi di chi nasce fuoriclasse. Il romanzo ha un titolo che incuriosisce, come il suo sacerdozio: Penultima lucertola a destra (sott. La sconfitta è l’arma segreta dei vincitori, Marietti Scuola 2011). Parla di lucertole e di ragazzi, di una chiesa stanca e di una politica infamante. Di tatuaggi, baby gang di paese e di tanta speranza. La prefazione – che sfiora la beatificazione, ma è davvero tutta meritata – è di un certo Magdi Cristiano Allam: mica l’ultimo arrivato in materia di cultura e di pensiero.

Partiamo dal titolo: “Penultima lucertola a destra”. Un titolo che è fantasia allo stato puro. E non poteva essere altrimenti. Che significa?
La lucertola è un animale che m’incuriosiva sin da bambino: il suo guizzo, la pelle squamata e quella coda che t’inganna. La lucertola scatta quando dentro le s’accende qualcosa che ne produca quel guizzo che l’ha resa celebre. In caso contrario se ne sta sorniona a prendere il sole. La lucertola è una metafora per parlare dei ragazzi di oggi: apparentemente sornioni e disaffezionati, in realtà s’ingegnano scatti meravigliosi se trovano qualcosa o qualcuno che li accenda: proprio come delle lucertole.
Il resto del titolo è una memoria scolastica. In classe sui primi banchi si siedono i secchioni (nel romanzo è Antonello a impersonificare questa genìa), in ultimo banco si siede chi a scuola è costretto ad andarci. Ma l’ultima fila è una postazione pericolosa: il prof, per difetto professionale, ci butta sempre lo sguardo e non ti lascia in pace. Il posto più rassicurante è la penultima fila: lì, addosso al termosifone, puoi trascorrere intere mattinate ad aspettare qualcosa che accenda in te un guizzo, una passione, un tocco di vita. Ho scelto la posizione “a destra” perché il penultimo banco a destra era il banco che mi assegnò la maestra il primo giorno di prima elementare nella scuola di Calvene. Forse un presagio, un bellissimo presagio.

Il sottotitolo ha il linguaggio dello sport: “la sconfitta è l’arma segreta dei vincitori”. Nel romanzo alla fine diventa il segreto del successo dei protagonisti.
Luca, il protagonista di quest’avventura, è un ragazzo complicato, introverso e dalla difficile interpretazione: le traversie della vita l’hanno reso tale. Conosce la gloria della passione e il baratro della follia, dal podio della vittoria passa alla cella di una galera (la penultima a destra, ndr), dal fondo dell’abisso riemerge vincitore. Con una sua convinzione: meglio partire penultimi e arrivare primi piuttosto che partire primi e arrivare penultimi. In questo senso il vincitore vero nella vita è colui che sa capitalizzare le sue sconfitte fino a tradurle in una vittoria e a farne la sua arma segreta.

Un autore che è anche un sacerdote. Eppure, a romanzo terminato, la sua Chiesa non ne esce con i complimenti. Ha bisogno di più di una stampella per non soccombere sotto l’incalzare dei suoi personaggi.
Forse necessita di una carrozzina. Come nella realtà, d’altronde. I passaggi più duri li ho scritti seduto sui gradini di una chiesa in centro a Roma. Dentro tredici vecchiette e un cardinale, fuori sui gradini un popolo di giovani straripante. Avessi trovato una situazione opposta, avrei dipinto una chiesa diversa. Scrivere è avere la possibilità di immaginare; immaginare è avere la possibilità di abitare un mondo al quale tenti di dare voce. Nel romanzo c’è la chiesa del Monsignore (che sul sagrato calcia le bottiglie vuote lasciate dai ragazzi) e la chiesa di don Ernesto che, apparentemente dimentico dei doveri imposti dai Sacri Canoni, gioca la faccia alla ricerca delle giovinezze che si stanno perdendo. C’è un capitolo che è pesante pur nella sua ironia: ne sono convinto. Ma mistificare la realtà presentandola per quello che non è rimane la forma migliore per perdere definitivamente la credibilità. Però mi sono divertito a dipingere il Monsignore: è il capitolo che più amo. Sopratutto per come finisce.

Quella descritta è la lotta immaginaria tra i dinosauri e le farfalle. Ma chi rappresentano nella realtà.
Quell’immagine è un insegnamento che mi porto dietro dalle scuole elementari quando la mia maestra, per spiegare la scomparsa dei dinosauri, scrisse alla lavagna: “scomparsi per troppa forza”. Non so se è corretto scientificamente, sta di fatto che fino ad allora mai avrei pensato che per troppa forza si potesse morire. Sono sopravvissute le farfalle, invece: e pochi l’avrebbero scommesso. I dinosauri rappresentano l’immobilità al potere (sia nella chiesa che nella politica), le farfalle sono il simbolo della freschezza che spiazza, scompiglia e disturba. Oggi nella società chi è al potere ha perso l’immaginazione, chi ha l’immaginazione non ha l’accesso al potere. Quello che conta è che alla fine del romanzo i dinosauri vengano sconfitti. Per sempre. Si salveranno solo i dinosauri che accetteranno di diventare farfalle.

Per chi la conosce forse non è una novità, ma uno che lo legge per la prima volta rimane colpito dalla presenza del verbo “cambiare”. E’ un romanzo che incita al cambiamento fino a renderlo quasi un diktat.
Cambiare non significa rinnegare il passato. Significa ringiovanirlo, ridargli slancio, passione e inventiva. Regalargli un futuro. Nella storia il coraggio di cambiare ce l’hanno avuto solo coloro che avevano veramente a cuore il loro passato; così a cuore che, cambiandolo, gli hanno assicurato un futuro. Come scrisse il filosofo Adorno “non si tratta di conservare il passato, ma di mantenere le sue promesse”. I dinosauri hanno paura del cambiamento, le farfalle con il loro leggero danzare sono l’emblema del cambiamento.

Scorrendo la parte centrale del romanzo non sarà difficile leggere la vita politica ed ecclesiale della nostra terra. Quella che lei descrive è la storia di un paese prossimo alle elezioni. Dopo le quali nulla sarà più come prima.
Per un semplice motivo: la gente si è svegliata e ha reagito. Oggi i ragazzi sono stanchi di un certo modo di fare politica e di essere chiesa. Se non reagiscono è perché stanno preparando una rivoluzione silenziosa che non prevede avvisaglie. Preparatevi perché il giorno in cui questi scatteranno, sarà difficile reggere il loro ritmo. Anche a Fossa delle Lucertole (il paese nel quale è ambientato il romanzo) tutti sembravano sottostare alla dittatura del sindaco Nerone Panegioco e del Monsignore. Peccato che un giorno siano stati proprio quegli stessi cittadini – attraverso delle elezioni che si volevano manipolare – a decretare la fine di una tirannia di pensiero che aveva spento loro la voglia di sognare e di reagire.

Manca una dedica al libro. Se potesse farla, a chi la indirizzerebbe?
A tutti coloro che in maniera appassionata e indomita s’intestardiscono nel cercare di non mollare la sfida di educare i giovani oggi. La loro passione è motivo di speranza in una società migliore. Nonostante la politica e la chiesa molto spesso promettano ai giovani il futuro rubando loro la possibilità di giocarsi il presente: mica sono stupidi i ragazzi!

La miccia che ha fatto scattare tutto questo viaggio immaginario.
Che poi tanto immaginario non è: togliete i nomi di fantasia e il romanzo parla da solo. Il Monsignore è quel prete lì, il sindaco-dinosauro è quello che abita lì dietro, la maestra è proprio lei, i giovani sono esattamente quelli là. Perché le parole non sono mai di chi le scrive ma di chi le sente proprie. La miccia c’è ed è evidente: ma la lascio scoprire al lettore.

La protagonista indiscussa del romanzo è una vecchia maestra: è lei che muove le fila e che risolve una situazione intricata e pericolosissima. Perché lei ci riesce e tutti gli altri no?
Perché quella maestra – che porta l’unico nome vero dentro ad un romanzo dai nomi immaginari – conosce e applica un segreto: ai fuoriclasse genetici bisogna saperci parlare. Luca a scuola è un somaro della peggiore specie: fuori della scuola è un capolavoro. E lui glielo dimostrerà alla maestra una mattina a scuola, prendendosi il riscatto di una vita intera addossato al termosifone dell’aula. Quella donna conosce l’animo degli studenti perché la sua è “l’educazione del cuore”. Prima li ama e poi si sforza di capirli. Nel perfetto spirito di San Giovanni Bosco quando scrisse: “l’educazione è cosa del cuore. Amando quello che i giovani amano, essi ameranno quello che noi amiamo”. Non ci può essere grandezza dove non c’è passione. Infatti il romanzo finisce in maniera inaspettata.

Cioè?
Non mi permetterei mai di spegnere la curiosità dei miei lettori. Dico solo che Luca se l’è scelta proprio bella la sua Valentina. Alla faccia di Antonello, il classico secchione di turno, che lo pensava un somaro.

(intervista apparsa su L’Altopiano, 16 aprile 2011)


La trama del romanzo
Luca, un ragazzo orfano cresciuto dal nonno, ha un grande sogno: diventare un campione di ciclismo. A un passo dalla gloria, però, la passione s’infrange e il giovane si rifugia nella “compagnia della lucertola”: è l’inizio del dramma. Vinto nell’anima, privo di sogni e di desideri, Luca aggredisce in modo violento un suo compaesano e subisce una pesante condanna. Ma proprio dalla comunità di paese, che chiedeva giustizia per il tentato omicidio, giunge una possibilità di riscatto. Chi sbaglia deve scontare la pena, ma ha il diritto d’essere riabilitato.
Un viaggio di emozioni e pensieri dentro il mondo giovanile: una storia di ribellione e di riscatto nei confronti del conformismo che divide il mondo in “geni e somari”, “credenti e apostati”. Un appello alla forza interiore di ognuno perché alla fine la penultima posizione è il punto di partenza ideale per chi sogna la rimonta.
(M. Pozza, Penultima lucertola a destra, Marietti Scuola, 2011, p. 256, € 9,50)

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