C’era un tempo in cui il popolo chiedeva panem et circenses. Ma s’accorse in breve d’esigere troppo. Tirò giù il prezzo e s’accontentò del "politicamente corretto": ma qualcuno lo sconvolse volentieri in un "islamicamente corretto". E iniziarono le prime scaramucce. Oggi c’accontenteremmo della correzione. Non reclamiamo più il pane, i giochi, la benzina, il politicamente, l’islamicamente. Ci basterebbe la correzione. Cioè l’educazione, la finezza, l’eleganza.
Passando per Piazza della Colonna s’annusa sempre più profumo di tartine e di vino. Schiamazzi, insulti e sputi. Gogliardia, fischi alle donne, impunità statali. Aspettavamo l’ammissione di responsabilità. La firmò il Bonaiuti portavoce: "C’è un clima da osteria". Meno male se ne sono accorti pure loro: perché quando si è al banco con l’oste non s’avverte facilmente d’essere alticci. Se ne accorgono prima i paesani che abitano vicino. Che – incantati da cotanta concentrazione – s’innamorano sempre più al rovescio di quell’arte nobile, antica e prestigiosa che i greci chiamavano politica e che oggi denuncia lo smarrimento della faccia.

Se A è uguale a B e B è uguale a C, allora A è uguale a C. Se la politica è un’osteria e nell’osteria non ti puoi fidare… la conseguenza è netta e disaffezionante. Ci fosse Fra Cristoforo non esiterebbe ad alzare un ditino!
Scrisse Pasternak: "La politica non mi dice niente. Non amo le persone che sono insensibili alla verità".
La Verità? L’oste dice di non vederla più da anni!