Certamente, scorrere i notiziari diventa giorno dopo giorno più complesso, tra suicidi di imprenditori che si moltiplicano, orrori che si perpetrano e processi infiniti incapaci di svolgere la matassa per arrivare ad una sentenza giusta: è roba per stomaci forti e spalle corazzate. Specie quando capita che gli occhi incrocino notizie come questa.
Lui guardia giurata, lei infermiera. Un matrimonio alle spalle, due figlie da crescere. Potrebbe essere una storia ma tante, che costellano le nostre metropoli, brulicanti di persone alla ricerca di un posto nel mondo, nel tentativo di creare il proprio mondo (di affetti, di pensieri, di interessi, di passioni). Un piccolo mondo dal sapore antico che non sempre è una ciambella che riesce col buco: alle volte, le tante pressioni, il dolore, la solitudine, le vicissitudini della vita lo fanno crollare come un castello di carte, lasciandoci attoniti, sbigottiti e incapaci di risollevaci di fronte a tanto smarrimento senza un’apparente e plausibile spiegazione.
Sì, perché non è possibile e sarebbe assai superficiale bollare tutte queste stragi familiari semplicemente come “omicidi efferati”, “follia di un momento”: specialmente in storie come questa, in cui è evidente la premeditazione e tutto fa pensare ad un meccanismo di “troppo pieno”. All’accumularsi, cioè, di rammarico, frustrazione, incapacità di accettare il cambiamento, annichilimento di fronte allo spezzarsi di sogni, certezze e al vedere un progetto costruito insieme lungo anno ormai irrimediabilmente compromesso e frantumato. La brutta copia di sogni d’infanzia, stropicciato e accartocciato in un angolo, come un rifiuto: questo resta di un impegno preso tempo fa, con l’intenzione di rimanervi fedele. Poi, la vita ha allontanato due persone che si erano congiunte per giurarsi amore eterno e ogni dettaglio di quel giorno magico è sfumato piano piano, divenendo sempre più uno sbiadito ricordo.
Fredda la moglie dal finestrino dell’auto, all’altezza del viadotto Nuttal, che collega Acilia a Dragona (Roma), poi tenta il suicidio. Non sembra che l’ennesima strage in famiglia, di cui i notiziari sono sempre più pieni e a cui dovremmo quindi ormai essere assuefatti a sufficienza. Ma tutto questo non basta: c’è un’efferatezza che aggrava in modo indescrivibile un atto come questo, che diventa un atto d’accusa ben più ampio.
Ogni cosa pianificata nei minimi dettagli, senza dimenticare alcun particolare: compreso il coinvolgimento forzoso della figlia undicenne, resa inconsapevole complice del delitto con cui suo padre ha ucciso sua madre. Vittima senza colpa, si trova a combattere coi sensi di colpa per essere diventata complice di quest’orrore.
Stupisce e colpisce leggere un dettaglio come questo, tra le notizie di cronaca che inondano gli schermi dei telegiornali, le videate dei tablet e le pagine dei quotidiani.
Si moltiplicano episodi come questi, nei quali si perde la vita in famiglia: per un litigio, per un rientro attardato, per la gelosia scatenata da un sms, per antichi rancori mai sopiti tra fidanzati e coniugi che non sanno rassegnarsi alla parola “ex”. Ma fa ancora più scalpore e lascia atterriti notare come non ci accontentiamo più di distruggere la serenità familiare tra adulti: sempre più sono i bambini a pagare le conseguenze più tremende e catastrofiche.
Contesi tra i genitori separati o in via di separazione, diventano l’alibi per nuovi contrasti, rivendicazioni e ricatti nei confronti dell’ex coniuge; alle volte, si trasformano in pedine di scambio, in trofei da esibire, nel bene o nel male, nella gara che ormai si è scatenata per ottenerne la “conquista” e, successivamente, l’affidamento. Sballottati da un luogo all’altro, da un posto all’altro, spesso dopo aver perso i luoghi degli affetti e dei ricordi, zingari dei nostri nostri giorni, con uno zainetto da preparare ogni week end per vedere “l’altro genitore”, quello distante, lontano, quello che abita nell’altra casa: questo è il ritratto che emerge dei bambini dei nostri giorni, figli part-time di sposi ai ferri corti, che ormai mal si sopportano e che, spesso, non riescono a trovare un accordo neppure per un’educazione congiunta dei figli.
Sicuramente c’è tanto da fare. Difficile stabilire se sia la crisi economica ad esasperare le famiglie, aggravando le situazioni problematiche già in atto oppure se sia vero il contrario, oppure se sia una crisi generale dei valori la causa scatenante di ogni conflitto. Certamente, una situazione economica di insicurezza non potrà mai essere un aiuto alla serenità della famiglia, tuttavia è pur vero che in situazioni politico-economiche forse più complesse, come quelle della Guerra o dell’immediato Dopoguerra, le famiglie italiane hanno sempre saputo reggere all’onda d’urto delle più grandi tribolazioni.
È solo una questione di visibilità dovuta ai media, ma episodi di questo tipo hanno sempre avuto questa rilevanza, oppure sono in atto cambiamenti così forti da mettere in crisi anche un caposaldo come la famiglia, che è sempre stato il baluardo e il punto d’appoggio di fronte a ogni difficoltà?
In entrambi i casi, tragedie come queste, placato l’orrore e posto fine all’indignazione, dovrebbero essere motivo per riflettere sulle nostre di famiglie.
Troppo spesso, infatti, si sente dire, solo a disgrazia consumata che “era nell’aria”. Se è così, se c’è qualcosa nell’aria, cerchiamo di coglierlo: prima, perché dopo è difficile rimediare. Restano solo i cocci da raccattare. Raccogliamo piuttosto l’invito di Papa Francesco a prenderci cura gli uni degli altri, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. Perché forse è proprio nell’«aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori» e nel «vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene»1 che risiede la prima e vera prevenzione dei fin troppo numerosi massacri che hanno luogo all’interno della cerchia familiare.
Alcune Fonti:
NOTE
1) Omelia della Santa Messa nell’inizio del Ministero Petrino, nella Solennità di san Giuseppe (19 marzo 2013)