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Come testamento lasciò una brocca d’acqua e un asciugatoio, fragilissimo alfabeto di un Maestro paradossale. Venne ricambiato con un pugno di chiodi e un vecchio tronco di legno: il bacio di Giuda Gli fece allargare le braccia sul legno, il fuggi fuggi dei discepoli funse da martello per piantare i chiodi dritti nel mezzo delle mani. Lassù, nella fredda solitudine di un Golgota quasi deserto, venne crocifisso il Figlio di Maria e il cantore della speranza. Rimase quel grido strozzato, pesantissimo perchè uscito dalle labbra di un Uomo che si diceva Dio: “Dio mio, Dio mio: perchè mi hai abbandonato?” Ci sono giorni in cui anche Dio sembra lontano e sulla terra dell’uomo cala l’oscuro presagio di una notte dura da abitare: la notte dell’angoscia. La terra è nuda, il rantolo dei discepoli disturba il silenzio delle esequie, la Morte sbatte in faccia alla Vita la sua illusa vittoria. Tre giorni di silenzio, poi il grido: il testamento/promessa è stato rispettato! A loro, splendide donne del Sabato Santo: il sonno vinto dall’attesa, l’angoscia sanata di speranza, i passi lesti e appassionati. L’uomo dà sicurezza, le donne infondono speranza: la sicurezza senza speranza è una cassaforte blindata senza un tesoro da custodire. Le donne raccontano l’inedito: “è risorto, l’abbiamo visto. Era bellissimo!” Prima loro, poi gli altri: giù giù fino a noi, piccoli discendenti della tribolatissima famiglia del popolo cristiano. Loro, stupite, si riappacificano con la Vita: “Raccontaci Maria, che cosa hai visto sulla via?” Per gli altri, seppur discepoli, la notifica della mantenuta promessa giunge solo a sera: il chiaror dell’alba è lo spazio delle donne, il calar del sole è lo spazio degli uomini. Per tutti l’annuncio che quel testamento è stato dichiarato originale: “Pace a voi!” Pace anche a Tommaso: otto giorni per vincere la sua incredulità. Eppure Dio anche da Risorto mai si stanca di sedurre l’uomo distratto. (liturgia della II^ domenica di Pasqua).

Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.

Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

Le strade della Palestina raccontano la fatica di quei mille giorni che andarono dal lago di Genesaret al Golgota della Croce. Il Golgota racconta l’imperdonabile confusione della menzogna; il sepolcro di Pasqua attesta l’inaudita sorpresa della Risurrezione. Nulla cambia, però, sul conto del Nazareno: ciò che prima raccontava, ora lo scrive sui davanzali della storia. A imperitura memoria di quale sia la grammatica dell’amore. E’ il senso di questa domenica – un tempo chiamata la domenica in albis – che la chiesa ricorda come la domenica della Divina Misericordia, ovvero l’altro nome che s’è scelto l’Uomo della Croce per sedurre il mondo. Come fosse l’intelaiatura del mondo: senza di essa, probabilmente, ci saremmo già uccisi. Una parola ruvida e dolcissima, amabile e pungente, dissetante o sterile: dipende se la si riceve o se si è chiamati a scriverla. E’ una parola ma ne contiene due: miseria e cuore. Oppure cuore e miseria. Di sicuro c’è questo strano connubio di errore e perdono, cuore e fallimento, desolazione e consolazione. Una domenica faticosa: meglio sorvolare nelle prediche, salvarci la pelle prendendo in giro Tommaso, sgattaiolare via per la scorciatoia. Poco importa: l’appuntamento non è annullato, è semplicemente spostato. Perchè per giudicare basta un pugno di chiodi e un legno: arnesi semplicissimi di un mestiere vecchio come il mondo. Per perdonare, invece, c’è tutto quell’armamentario di brocche, asciugatoi e flutti d’acqua: e dietro loro l’acerrima fatica del potere come servizio.
Predicò la misericordia e lo crocifissero. Giusto il tempo di risorgere e rilanciò la sfida sui sentieri caotici della Palestina: che nessuna casa sia senza la festa del cuore. Mai come in questa domenica il caos dell’esistenza trova la sua forma più bella: in qualunque confusione l’uomo abiti, quello sarà il punto di partenza per ogni viaggio di ritorno verso Lui. Che, appena Risorto, s’è messo davanti: per guidarci. S’è messo dietro: per difenderci. S’è accasato dentro: per benedirci. Per benedire (“dire-bene”) noi e la nostra strana incredulità, quella che ci accomuna con Tommaso. E che oggi ci fa fare esperienza di misericordia: quella di Chi ci perdona per non averci creduto davvero!

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