I santi “da calendario”
In questi giorni di festa, in cui abbiamo ricordato i santi “da calendario”, per così dire, cioè quelli che la Chiesa ha ufficialmente dichiarato tali, quelli che sono entrati in classifica, per le loro opere, quelli di cui abbiamo immagini, dipinti, statue nelle nostre case e nelle nostre chiese, quelli dei santini nel portafoglio e delle medagliette al collo, in questi giorni, appunto, abbiamo sì ricordato queste celebrità del cristianesimo, che a volte ci sembrano irraggiungibili, ma abbiamo fatto memoria anche di altri santi, che sono giustamente definiti “defunti”, più che morti.
I defunti
Padre David Maria Turoldo, a tal riguardo, diceva di non amare la distinzione tra vivi e morti, perché quelli che definiamo come “morti” in realtà sono più vivi di noi. Per questo preferiva “defunti”, perché avevano smesso di servire in questa vita. Non a caso qualche scalino prima della santità ufficiale troviamo i “servi di Dio”.
La sana crescita del mondo
Queste persone che abbiamo ricordato il due novembre sono uomini e donne, bambini e bambine, che non sono ancora entrati nel martirologio e la maggior parte di loro non ci entrerà mai. Sono quelli di cui George Eliot, poetessa e scrittrice inglese dell’Ottocento, nella sua opera Middlemarch, descrive così:
La sana crescita del mondo dipende in parte da atti ignorati dalla storia; e se le cose tra me e te non vanno così male come sarebbero potute andare, è dovuto per metà al numero di coloro che hanno vissuto con fede una vita nascosta.
Preghiere viventi
Si tratta di tutti quelli che abbiamo incontrato nelle nostre vite, che ci sono passati accanto, che ci hanno salutato, che ci sono stati maestri, con cui abbiamo fatto una parte di cammino assieme. Sono i nostri vecchi, che, ad un certo punto della loro vita, diventano preghiere viventi. Ma sono anche quelli che non conosciamo, le vite nascoste, grazie alle quali, senza che ce ne rendiamo conto, senza che lo sappiamo per certo, silenziosamente, nascostamente, ma con fede immensa, lievita il bene nel mondo.
Santità come lievito
Ed è questa santità quotidiana, nascosta, che permette al mondo di non soccombere, al male di non prevalere. È grazie a questo lievito che le cose tra di noi non vanno così male.
Ci sono santi che non fanno troppo clamore, che nel silenzio delle loro vite continuano a seminare tra la gente, lasciando cadere il seme dalla tasca, quasi di nascosto, senza gettarlo allargando il braccio vistosamente.
Nascosto come un seme
Il seme poi cresce, porta frutto, e molti, a vedere quel frutto non si chiedono chi abbia piantato quell’albero, ma esclamano, piuttosto: quanto è grande l’amore di Dio!
Un santo, infatti, non fa proprio questo? Non è colui che punta il dito sempre verso il buon Dio, per indicarci la strada?
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