Solennità dell’Epifania del Signore (Anno A)

befana2Forse non bastavano proprio i pastori del campo di Betlemme, gli splendidi discendenti della tribù di Giuda poveri e ignari come gli armenti che portavano al pascolo. Questi ricchi magi sorti nel lontano Oriente non si chinerebbero a raccattare una perla, custodi di quella sapienza che non si lascia inarcare le ciglia da nulla. La loro lingua è così straniera che la semplicità di Maria non riuscirà a comprendere, i loro mantelli di diaspro e di seta spaventeranno di vergogna la nudità di quella stalla improvvisatasi tempio dell’Altissimo. Eppure si sono scomodati dalle loro alcove opulenti, impregnate di resina e riscaldate di tappeti, han sentito i cuori vibrare come nessun’altra situazione aveva provocato in loro. Le loro menti rimembravano quell’antica citazione: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscira infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele” .
Hanno fatto bramire i loro cammelli coccolati nelle stalle dell’Oltregiordano, nei covili di Persia e di Mesopotamia, li hanno fatti rizzare sui ginocchi ai gridi rauchi dei cammellieri e hanno incastrato nei loro fianchi lo sperone di quella stella che galoppava verso Occidente. “Alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato?” (Mt 2,1-2).
Scomodati dal loro letargo di sapiente intelletto, son stati disturbati. Proprio ora, che magari erano riusciti a numerare le stelle del cielo e i granelli che sono sulla sabbia del mare. Allora non è vero che a quel bambino il ricco è odioso, anche se dirà che è più difficile al ricco di salvarsi che al cammello di incunearsi per la cruna di un ago. Allora non è vero che il sapiente lo infastidisce, sebbene un giorno dirà che dei semplici è il regno dei cieli. Eppure quel Bambino ripugna la ricchezza, ma solo la ricchezza di chi non sa alzarsi di notte, aprire i suoi forzieri per portare doni ad un bambino sconosciuto. Ripugna la dottrina di chi si crede stolto perché aggancia i suoi sandali alle orme di una stella che compare e sparisce, di chi ha cancellato la parola “adorare”. Eccoli i magi! Gente che, per un miracolo rarissimo sussurrato di notte da angeli indaffarati, s’erano santificati trafficando la ricchezza e inseguendo la dottrina. Le loro guance profumate di mirra e odorose di nardo erano degne di premere guance innocenti, di accarezzarlo senza l’onere di togliere quell’anello luccicante di dignità regali.
Solo una stella come guida: “Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finchè giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino” (Mt2,9). Pensa te. Questi vegliardi, sul limitare estremo della loro vita, hanno firmato un baratto: hanno barattato settant’anni di filosofie e di abitudini con l’ingenuità e il rischio di questo viaggio insensato. Hanno compromesso la rendita dei loro forzieri con questa dilapidazione nell’ignoto, la dignità e l’ossequio delle loro aule disturbate di inchini con questa sgambata ridicola sulla groppa di un dromedario. Ma era la gioia che faceva la differenza: “Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia” (Mt 2,10)
Ma nella cucina di Maria e di Giuseppe, fra i pannolini stesi ad asciugarsi, hanno riscosso con l’interesse il rischio di quella scelta. A Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, in cambio dell’oro, dell’incenso e della mirra quel bambino ha restituito loro la dolcezza dell’infanzia, la soavità sepolta sotto i calcoli astrusi di Zoroastro e i compassi gelidi dei caldei. Quel bambino, che magari per un’ingenuità d’infanzia, avrà giocato con le loro barbe solenni, con i loro bracciali d’oro o con i grani d’incenso… ha trasformato la loro sapienza in incantevole poesia. “Entrati nella casa – puntualizza l’evangelista Matteo – videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono”. Addio vecchia sapienza, calcoli smaliziati, rimbecillite certezze! Ecco l’oro: per ricordare lo splendore che circonda il re. Ecco l’incenso: profumo che sale al cielo per aprire gli orizzonti sulla terra. Ecco la mirra: la nostalgia di un cielo sentito come nostra casa.
Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.
Ma anche Ychai. E forse pure te.

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