Nella lunga fila di nove fratelli, il mio posto era il quinto. A casa mia la religione non aveva nessun carattere solenne: ci limitavamo a recitare quotidianamente le preghiere della sera tutti insieme: Le orazioni erano intonate da mia sorella Elena e poiché per noi bambini erano troppo lunghe (duravano circa un quarto d’ora), capitava spesso che la nostra… diaconessa a poco a poco accelerasse il ritmo, saltando le parole, finché mio padre interveniva intimandole ‘Ricomincia da capo’.
Mi rimane vivamente scolpita nella memoria anche la posizione che prendeva mio padre in quei momenti di preghiera. Egli tornava stanco dal lavoro dei campi, con un gran fascio di legna sulle spalle. Dopo cena si inginocchiava per terra, appoggiava i gomiti su una sedia e la testa fra le mani, senza guardarci, senza fare un movimento, né dare il minimo segno d’impazienza.
E io pensavo ‘Mio padre, che è così forte, che governa la casa, che sa guidare i buoi, che non si piega davanti al sindaco, ai ricchi, ai malvagi!… mio padre davanti a Dio diventa come un bambino’.
Al contrario non vidi mai mia madre inginocchiarsi. Era troppo stanca la sera per farlo. Si sedeva in mezzo a noi, tenendo in braccio il più piccolo. Recitava anche lei le orazioni dal principio alla fine, senza perdere una sillaba, ma sempre a voce sommessa. E intanto non smetteva un attimo di guardarci, l’uno dopo l’altro, soffermando più a lungo lo sguardo sui piccoli. Ci guardava, ma non diceva niente. Non fiatava nemmeno se i più piccoli la molestavano, nemmeno se infuriava la tempesta sulla casa o il gatto combinava qualche guaio.
E io pensavo: ‘Dev’essere molto semplice Dio, se gli si può parlare tenendo un bambino in braccio e vestendo il grembiule. E dev’essere anche una persona molto importante se mia madre, quando gli parla, non fa caso né al gatto, né al temporale…’.
Le mani di mio padre e le labbra di mia madre m’insegnarono di Dio molto più che il catechismo.
(Père Aimè Duval)
Buongiorno!