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Sono conti che non tornano nella casa di Elisabetta. Ne vedono due – lei, la cugina anziana, e l’altra, la Nazarena dai piedi di fretta – ma sentono d’essere in quattro. Fuori di quella casetta ad Ain Karim gli uomini curiosi e pettegoli fanno i conti: “uno più uno uguale due”. Dentro quella casetta, due donne fanno i conti: “uno più uno uguale quattro”. I conti degli uomini dividono e non tornano. I conti delle donne moltiplicano e, quindi, tornano. C’è un’unica operazione ammessa e concessa nei Vangeli: la moltiplicazione che, a ben pensarci, è sempre una divisione. Nella Scrittura si moltiplica solo ciò che si ha il coraggio di dividere. Tutti gli altri segni – l’addizione e la sottrazione – non hanno diritto di cittadinanza: se ce l’hanno è solo perchè decidono di fare pace con la divisione. Uno più uno uguale quattro: “Appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”. Per due donne che si danno la benedizione a vicenda, s’annunciano due bambini che si salutano a vicenda: nel nome delle donne. Che è il nome della vita.

Due pancioni che quasi si lambiscono a vicenda: è la piccola storia d’Israele che s’ingrassa e s’ingrossa. Che, finalmente, s’ingravida: l’eterna promessa sta diventando un’inaudita Presenza. Quei due grembi – di una “detta” sterile e di una giovane ragazza di periferia – sono la cerniera della Salvezza: finalmente, dopo tanto tempo, attesi a lungo. Nell’attimo in cui la storia è matura: “davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo”. Le due cugine si salutano: è come tirare su la cerniera di una felpa. Si chiude, racchiude, protegge: in quella segreta protezione due bambini si rallegrano tra loro. Nel religioso silenzio di quei due ventri femminili, il Battista e il Nazareno per la prima volta incrociano i loro sguardi, le loro strade, i loro destini. Nessuno li vede, qualcuno li avverte saltellare nelle membra già provate dalla maternità di quelle due cugine, nessuno ne immagina il destino folle e alquanto ardito. Al primo dei due che nascerà taglieranno la testa: Erode è un uomo di cartapesta e per saziare i vizi delle donne che l’adulano farà togliere la testa del Precursore. Un monito per l’Altro: come i gatti morti che fanno trovare appesi ai cancelli, le scritte scarabocchiate sui muri delle case, le parole farfugliate dietro telefonate anonime. Intimidazioni di cartapesta che l’Altro, quello che nascerà appena dopo, nemmeno degnerà di un minimo cenno d’interesse: a Lui, il Nazareno della Salvezza, spetterà la Croce dei maledetti, il segno infamante, l’odore della vergogna. Nulla li fermerà: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri”. Con quell’umile distacco di chi annuncia di non essere lui l’Atteso: “dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali” (liturgia della II^ domenica d’Avvento). Un giorno il Battista lo scambieranno quasi per Dio, tant’è la sua credibilità. E poi sempre col dito distante da se stesso: “Ecco l’Agnello di Dio”. Come a dire: “Seguite lui, dimenticatevi di me”. E l’Altro, accerchiato come un divo della storia, a ricambiare l’afflato d’amicizia: “tra i nati di donna, nessuno è stato più grande di lui (del Battista)”. Gli amici veri non sono gelosi: la vera gloria è riuscire a far agganciare/combaciare i vagoni della storia. Tutto il resto è preparazione, sguardi e fedeltà. Io e te: amici per la pelle. Sin dalla nascita.
Le donne sono una cerniera. Ne vedevano due dentro casa – Maria ed Elisabetta – loro sapevano d’essere in quattro. S’erano cercate in fretta tra le colline di Giuda, e oggi l’arcano è svelato: c’erano due bambini che volevano incontrarsi, sentirsi, mettersi d’accordo. Questi bambini prima manderanno le madri nel mondo: essere madre è metterci la faccia. Poi, dopo le madri, usciranno loro: prima uno, il Battista, poi l’Altro, Gesù di Nazareth. Tutto in ordine, senz’alcuna acrimonia: Elisabetta, il Battista, Maria di Nazareth e – è proprio il caso di dire “dulcis in fundo” – Gesù di Nazareth. Guardali: non è il codazzo che s’organizzano gli uomini e le donne di cartapesta. E’ la processione della Salvezza: prima l’uno, poi l’altro. Con rispetto, senz’invidia, per amicizia. In barba a coloro che li vorrebbero nemici per la pelle, gelosi l’uno dell’altro: semplicemente uomini. Felici di stare ciascuno al posto suo: «Il marchio della perfetta amicizia non è il fatto di essere pronti a prestare aiuto nel momento del bisogno, ma il fatto che, una volta dato questo aiuto, nulla cambia» (C.S. Lewis). Prima l’uno poi l’Altro: nell’amicizia la felicità è esserci.
Tutto il resto è diavoleria.


Avviso parrocchiale per i naviganti

E’ cominciato ieri sera il percorso d’Avvento dal titolo “Quattro conti in Palestina” presso la parrocchia di Cogollo del Cengio (VI). Il titolo della serata era: “Ain-Karim. I conti che non tornano”. I prossimi due appuntamenti sono:
Giovedì 11 dicembre 2014 (ore 20.30): “I Magi. I conti che tornano a metà”
Mercoledì 17 dicembre 2014 (ore 20.30): “Betlemme. I conti che tornano”

Un grazie grande alla passione nascosta di chi lavora dietro le quinte di questi incontri e a chi, sempre sorprendendo, di settimana in settimana si da appuntamento attorno alla Parola di Dio, la Parola che sazia. Dio è sempre esagerato quando sa di essere Lui al centro.

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