Il ruggito possente del leone: orgoglio, padronanza, maestà, bellezza, magnificenza, fierezza e nobiltà. Nella vastità della savana troneggia, domina e conquista. Simbolo di forza e regalità. Il belato mansueto della pecora: timidezza, fedeltà, semplicità. Passi che seguono l’andatura di chi la precede. E dettano il ritmo a coloro che la seguono: annusando l’odore degli escrementi. Il leone e la pecora: opposti che tentano una coalizione sotto il cielo d’Italia e d’Europa. Ma bisogna scegliere chi mettere alla guida: il leone o la pecora. Napoleone Bonaparte – condottiero cantato dal Manzanarre al Reno – aveva le idee chiare: “Ho più paura di un gregge di pecore guidate da un leone che di un branco di leoni comandati da una pecora”. Perchè non è indifferente chi siede al posto di guida: ne va della direzione, del percorso scelto, dei rischi intrapresi. Se ci va una pecora il traguardo sarà a misura di pecora: ma dietro i leoni staranno volentieri a ruota? Se ci va un leone il traguardo sarà a misura di leone: e difficilmente le pecore oseranno intimidirlo. Mica insignificante la scelta del condottiero: ai tempi di Napoleone ma anche in periodo di elezioni.
I cartelli pubblicitari, i dibattiti televisivi e i consigli per gli acquisti si sbizzarriscono ogni qual volta si profilano le tornate elettorali: sbizzarriti fino allo stordimento. Mutano gli slogan, s’ingigantiscono i poster, cambia qualche logo ma le scritte restano quelle. Assieme alle facce già troppo note per far sbocciare simpatia. Con l’aggiunta di un pizzico di gossip – simile al grappino che favorisce la digestione – stavolta non è certo tradito l’appuntamento. Tanto che ce n’è per entrambi i gusti: per chi vuole il leone a capo di un branco di pecore. Ma anche per chi vuole una pecora a capo di un branco di leoni. Chissà qual’è il male minore. Perchè a tali calcoli siam costretti a ricorrere in tempi in cui la crisi investe non solo l’economia: almeno lì c’è sempre la scappatoia della “cassa integrazione” prima della frantumazione completa. Grossi rischi – tra l’altro attestati dalla storia dell’uomo – quando in capo alla comitiva c’è un leone. E a seguirlo un branco di pecore: perchè basta un solo uomo per condurre un’intera carovana sull’orlo di un precipizio. A maggior ragione se è noto a tutti come faccia una pecora a imboccare il sentiero giusto: la direzione è indicata dall’odore prodotto da chi la precede. E lei, mansueta e docile, renderà lo stesso servigio a quella che la segue: una solidarietà attestata in natura. Non fa paura un branco di leoni comandati da una pecora. Ma un gregge di pecore comandate da un leone sì.
Proviamo a sovrapporre questo bozzetto tanto caro al Napoleone condottiero sopra qualche slogan o qualche volto che campeggia sorridente – sopratutto in tempo di crisi – tra i quartieri e le piazze della nostra città e dei nostri paesi. E’ un gioco da bambini: dove sta il gregge e dove sta il leone? Dove sta il branco e dove sta la pecora? Tanto vale il divertimento ludico del gioco se i poster tutti incitano al divertimento. Coronato di bellezza, di perfezione, d’impeccabile compostezza a scapito di chi è nato pecora e pecora morirà. Almeno in tempo di transumanza i bambini si divertono vedendo le pecore disobbedire al pastore, addentrarsi tra le vigne, farsi rincorrere dai cani, scompaginare il gregge. Nella foto di Napoleone, invece, non sembra neppure concessa questa sana creatività di “scappare”: pena l’onore infranto del leader.
Chissà quando un branco di leoni – nobili e fieri – sarà capitanato da quel contadino che, portando appresso un lupo e dovendo guadare un fiume, doveva salvare capra e cavoli. Con scaltrezza egli risolse un problema difficile senza danno per nessuno.
Ieri era un proverbio. Oggi somiglia tanto ad un inavvicinabile sogno.