Irrigare - lavoro agricolo

La necessità di fare squadra

Quando si lavora nei campi, fare squadra, cioè avere una buona collaborazione e – soprattutto – una buona organizzazione consente di ottimizzare il lavoro e riuscire ad ottenere il risultato ricercato nel minor tempo possibile e – se i lavoranti sono appassionati e in gamba – anche svolto a regola d’arte. Ogni campo, qualunque sia la modalità con cui è coltivato – alberi da frutto, ortaggi, legumi, richiede una cura continua e complessa. Un’attenzione che varia con il variare delle stagioni e tiene conto delle temperature, delle condizioni meteorologiche, della crescita della pianta. L’agricoltura è un’attività che pare semplice solo a chi non la conosce. Al contrario, solo con un lavoro meticoloso ed incessante, frutto di un sapere antico e tramandato di generazione in generazione, è possibile ottenere i risultati migliori dal terreno coltivato.

La scelta della compagnia giusta

Non solo in agricoltura. Chiunque abbia avuto modo di lavorare in collaborazione con altre persone, può testimoniare quanto importante sia che la compagnia sia giusta. Che nessuno sopravanzi, opprima oppure metta in cattiva luce gli altri che egualmente collaborano per un medesimo fine. È, forse, ancora più vero, nell’educazione. Non a caso, un proverbio africano dice che “per crescere un bambino, serve un villaggio”. Solo il nostro mondo occidentale s’illude che si possa fare tutto da soli. Allo stesso tempo, però, chiunque può testimoniare come le forze che compongono la compagine educativa è necessario siano ben amalgamate tra di loro, affinché il risultato ottenuto possa essere armonioso e gli educandi possano ricevere istruzioni coerenti tra loro.

Partnership con Dio

«Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere» (1Cor 3, 6)

Non solo la collaborazione è insieme con altre persone, mosse dal medesimo intento dell’apostolo Saulo. Nella sua prima lettera ai Corinzi, si sottolinea come, oltre alle diverse funzioni svolte dalle persone che lavorano insieme con Paolo, l’ultima parola – quindi, anche quella veramente decisiva – spetta a Dio. Se è Paolo che ha piantato e Apollo che ha irrigato –entrambi aspetti importanti nella crescita di una pianta – chi ha reso possibile è stato Dio stesso: ricordo che, pur essendo necessario il lavoro di ciascuno, è la grazia di Dio che rende effettiva la crescita di ciascun membro della comunità e della comunità tutta intera, nel suo complesso, che, nella teologia cattolica, è vista come parte stessa di Cristo (a questo allude l’immagine della Chiesa come Corpo di Cristo).

Il fondamento giusto

Lavorando insieme, il rischio è perdere di vista proprio l’aspetto centrale, per il quale si lavora tutti assieme: l’obiettivo comune. Per spiegarlo, la metafora è, questa volta, attinta dall’edilizia: «nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo»[1]. Quante volte, ciascuno di noi, come parte di una comunità piccola o grande rischia di dimenticare per Chi s’affatica, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, nel volontariato.

Mai perdere di vista l’essenziale

C’è una storiella divertente che evidenzia questo aspetto. Si racconta di un parroco molto meticoloso nella preparazione della processione del Corpus Domini, che celebrava con molta solennità. Una volta predisposto tutto, si accingeva ormai ad uscire, con l’ostensorio ed il baldacchino, quando si avvicina uno dei suoi collaboratori, che, con la massima discrezione, gli fa notare che manca l’ostia. Scocciato, sovrappensiero, il parroco risponde, frettolosamente: “Non posso mica pensare a tutti i dettagli!”.

Una collaborazione che regala pace

Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere sembra una sentenza lapidaria, un apoftegma dei Padri del deserto, ma racchiude una sapienza preziosa, che ci invita a ridimensionarci. Ciascuno ha il proprio ruolo e la propria preziosità. Eppure, tra i mille impegni e i mille ruoli, la parte che facciamo fatica ad accogliere è proprio la “migliore” che ci mostra Maria di Betania[2]: saper ascoltare, per riuscire a percepire un Dio che opera sempre, ma come un bisbiglio appena udibile[3].

Rif. II lettura nella VII domenica dopo la decollazione di Giovanni Battista

Fonte immagine: Pexels


[1] 1Cor 3, 11
[2] Cfr. Lc 10, 42
[3] Cfr. 1Re 19,12

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