Ogni nostra giornata è fatta di tempo. La vita è tempo che scorre, lieve, impalpabile, tra le dita. È tempo anche il tempo che neghiamo di avere, ed è tempo anche quello che non sfruttiamo, che perdiamo, che sprechiamo, che non valorizziamo.
E, in tutto questo, molto spesso, il nostro ruolo è lontano dall’essere principale.
Siamo noi che abbiamo il tempo o è il tempo che ha noi?
A casa, a scuola, al lavoro, a fare sport, a divertirci. Sempre di fretta, sempre con l’obiettivo predefinito in partenza: qui per divertirsi, qui per studiare, in un altro posto per dovere, in un altro ancora per piacere. Alle volte, penso sia necessario farci sorprendere dalla vita: intraprendere una via non prevista, ascoltare le cicale frinire, decidere di ascoltare il cuore per scegliere a chi concedere la propria fiducia, assaporare intensamente quegli attimi imprevedibili di Bellezza che, anche nella vita quotidiana, è possibile ritagliarci. Quegli attimi che ci fanno stare bene, che ci riempiono, che sanno dare sapore alla vita.
Quelle gioie semplici e genuine che, forse, per non saperle apprezzare, non riusciamo più a gustare davvero.
Rincorriamo l’autobus, anche se non ci evita un ritardo, anche se non abbiamo bisogno di rincorrerlo, anche se stiamo andando a divertirci e non abbiamo cartellini da timbrare…
Rincorriamo gli attimi che, come sabbia, scorrono via dalle nostre mani mentre c’illudiamo di catturarne uno, di poterlo fermare, di poterlo possedere, di esserne pienamente padroni. Invece, così, non è.
Non possiamo possedere il tempo. Ma possiamo abitarlo, valorizzarlo, prendercene cura, farlo fruttare. Ce ne accorgiamo quando ci capita di riscoprire gesti semplici, che paiono appartenere ad una tradizione ormai lontana: ascoltare un amico senza guardare l’orologio; fermarsi su una terrazza a chiacchierare, ridere, scherzare; andare a cena con amici, magari condividendo la preparazione del cibo…
Sono gesti concreti, genuini, quotidiani, veri, che fanno rima con la disponibilità a prenderci cura dell’altro (ma anche di noi stessi), nella consapevolezza che anche la nostra umanità ha bisogno di abbeverarsi alle fonti della tenerezza, della gratuità, della condivisione, della spontaneità.
E tutto ciò non è possibile, se viviamo guardando l’orologio, domandandoci, tanto per fare un esempio, quanti minuti di coccole abbiano bisogno i nostri figli, quanta attenzione prestare ai loro compiti, quante parole scambiare con loro… è sbagliata l’unità di misura! Più del quanto, conta il come, perché l’unica misura dell’amore accettabile dal cristiano e capace di sfamare la fame d’amore che c’è è quella di amare senza misura! E come è possibile, se centelliniamo anche il numero di sguardi da dedicare a chi amiamo?
Urge riprenderci il nostro tempo… urge riprendere a contare il tempo sul ritmo dei nostri passi, urge dimenticarci l’orologio quando regaliamo un sorriso a chi non ne ha un secondo o quando stiamo asciugando una lacrima a chi ha sempre badato a quelle degli altri, senza pensare a sé. Urge… non avere più urgenze e non sentirsi più in urgenza, se non quando è proprio strettamente necessario.
Urge fare qualcosa, se non vogliamo rimanere imprigionati dal nostro tempo, che non abbiamo saputo trasformare in “tempo favorevole”!
Riferimenti:
Tutto il tempo che vuoi!, don Luca Raimondi, Trecentosessantagradi, pag. 2, Anno 3, n. 13, 6 marzo 2005