Fa un esperimento. Mettiti sull’altare e prova a
dire: "Per Cristo con…". Dopo tre
parole la gente subito t’insegue: "con
Cristo e in Cristo. A te Dio Padre onnipotente…"
. Se dici: "Per
Cristo nostro Signore"
rispondono "Amen".
Se dici "Per Cristo Signore nostro"
tacciono. All’Agnello di Dio si
raggiunge il top: partono alti e finiscono impoltriti. "O Signore (vol.9) non son
degno
(vol.6) di partecipare alla tua
mensa
(vol.3)….sarò salvato (non
lo pronunciano)". E quasi ti chiedono
uno strappo per giungere alla fine. La predica il più delle volte sostituisce
il pisolino pomeridiano accompagnato dal karaoke che sostituisce l’organo:
l’unico movimento concesso è la spallata al vicino perché russa un po’ troppo.
E t’impedisce di programmare il pomeriggio. Poi ci si alza e si va alla
comunione. Non vorrai mica essere l’unico che non ci va, vero…?

fare"Ricordati!" Non tiene mezze misure o leggeri sinonimi il vecchio
condottiero di Dio di nome Mosè. Dice semplicemente: "Ricordati!" E mentre lo senti risuonare nelle pagine dei rotoli
sacri, quasi avverti l’eco di quel verbo conosciuto sin da bambino: "ricordati
di allacciare le scarpe, di guardare a destra – sinistra prima di attraversare
la strada, di salutare prima di uscire dall’aula, di farti il segno della croce
prima dei pasti. E poi ricordati di aiutare la nonna, di stendere la
biancheria, di lavare le posate, di fare uno squillo appena arrivi a
destinazione". Ricordare: il verbo
della memoria, del cuore, del pensiero. Lo dice la mamma al bambino, lo dice la
nonna alla mamma, lo dice il bambino alla mamma e al papà. Se lo fanno
rimbalzare tra di loro i fidanzati. Lo dice Mosè al suo popolo: "Ricordati di tutto il cammino che il
Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto"

(Dt 8,2) Cioè: non dimenticare mai che i tuoi passi percorrono orme divine,
traiettorie celesti, pensieri colorati di cielo. Ricorda per poter crescere,
per non abbassarti, per non far inciampare i tuoi passi. Ricorda…che eri un
popolo di straccioni, un’orda di beduini e Dio t’ha preso per mano verso la libertà.

A scuola s’imparavano a memoria le poesie di Leopardi,
i canti di Dante e gli Inni Sacri del Manzoni. Cioè si ripetevano in
continuazione vecchie parole, sogni sbiaditi, concetti stra-usati. I docenti
della Scrittura Sacra invitano ad una memoria strana: non una ripetizione del
passato. A cosa servirebbe? La memoria
nella Bibbia diventa memoriale, cioè
il passato non viene snocciolato a vanvera ma è come se capitasse per la prima
volta. Cioè tu sei partecipe in presa
diretta
di un Cristo che cerca nascondiglio nel tuo petto, che s’insinua
nei tuoi pensieri, che sveglia il tuo torpore. L’eucaristia! L’emozione di un
Dio che ti raggiunge come sei: peccatore e schiavo, menefreghista, codardo e
marcio. Sporco, splendido e irriverente. Stupito, stupido o ignavo. Non
importa: Cristo entra! A volte sento le mani tremare nell’atto della
consacrazione: il gesto massimo del sacerdote. Senti sulle spalle incurvate il
peso del divino, la tenerezza della tua debolezza di uomo, la potenza di un
mistero inafferrabile. Che ti rapisce liberandoti. Nelle tue mani sporche, il Corpus Domini. A volte mi smarrisco
negli occhi di chi s’accosta alla comunione: lo stupore e l’abitudine,
l’emozione e l’attesa. La noia, la malinconia e la svogliatezza. "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se
uno mangia di questo pane vivrà in eterno"
(Gv 6,51). Peccato che a questo
pane ci siamo abituati: cioè non ci dice più nulla. Qualcuno balbetta un amen "in calare", qualcun altro si
scoccia del disturbo, qualcuno lo imbocca come una caramella. Qualcuno ci crede
davvero e, quasi, lo vedi piangere. Singhiozzare. Vedi una lacrima
attraversargli lo sguardo ridente e fuggitivo. Perché questa è l’Eucaristia:
lasciarsi andare, afferrare e strapazzare dall’onda di  Gesù Cristo. Percorrere sentieri inediti,
tracciare percorsi di fantasia, capovolgere i tuoi programmi. Chi celebra l’eucaristia
si sente più libero, sa di essere uomo ma non più uomo. Sa di non meritare
l’eucaristia – "O Signore, non son degno
di partecipare alla tua mensa…"
– ma conosce quell’abbraccio che ti fa
ripartire, che ti rimette in cammino, che traduce la debolezza in potenza
inaudita. Chi crede nell’Eucaristia non sta con le mani giunte, ma tiene le
maniche rimboccate. Se la testa è leggermente inclinata non è per deviante
misticismo, ma per intraveder nelle fessure strade nuove in cui lanciarsi.
Perché nel profumo di quel pane spezzato annusa la forza del sogno. Diventa un
insoddisfatto. Un insofferente delle mezze misure. Uno deciso a perdere tutto
pur di tentare l’avventura della nudità più povera di fronte a Dio. E quando
c’è di mezzo Dio sognare è un dovere. Perché il sogno ti permette di immaginare
una realtà diversa, perché impedisce di dormire. Il sogno ti sveglia, ti mette
in piedi. Quando nel mondo è accaduto qualcosa di nuovo, è avvenuto grazie a
dei sognatori terribili, inguaribili, che si ostinavano ad immaginare una
realtà diversa. Nuova. Fuori dalla banalità.

Eucaristia
M’affascina
da sempre la gente che, celebrando l’eucaristia, ha immaginato un modo diverso
d’essere uomini. D’essere preti! D’essere liberi: di innalzarsi e abbassarsi,
di costruire, distruggere e ripartire. D’essere pazzi per Dio! Può darsi che
anche a te, come a me, ti consegnino dei fogli già scritti. E t’invitano a
ripeterli all’infinito. Ti fanno capire che la pagina è già stata scritta, che
è tutta piena, che non ci stanno più parole. Che è tutto in ordine. Ma tu, se se
sei uomo eucaristico, butti subito l’occhio sui margini, su quello spazio tutto
bianco, vergine, in-usato. Cioè avverti la possibilità di annotare intuizioni,
tentare imprese, dissociarsi dallo scritto. I margini sono gli spazi prospettici
che ti regala l’Eucaristia: si vive ai margini. Ma si scrive anche ai margini.
I poeti annotavano ai margini le loro correzioni. Che perfezionavano e
abbellivano i loro testi!
I famosi
padri del deserto egiziano ci hanno lasciato una serie di detti e di apologhi
spirituali di grande suggestione. In uno di questi si ricorda il gesto
stravagante compiuto da uno di loro nei confronti di un discepolo che gli
chiedeva quanto intensa dovesse essere l’unione con Dio. Il maestro l’aveva
fatto scendere nel Nilo e gli aveva schiacciato la testa sott’acqua. Quando,
ormai disperato, il discepolo era riuscito ad emergere si era sentito
apostrofare così: "Che cosa hai
desiderato di più in questi istanti terribili?
". "L’aria" – rispose naturalmente il discepolo. "Ebbene – concluse il maestro – devi
desiderare la comunione con Dio con la stessa intensità con cui hai bisogno
dell’aria che respiri".

L’eucaristia.
La celebro all’alba, appena i sogni cedono il posto ai primi passi. E’
un’esigenza, una passione, un’emozione. Salutiamo il sorgere del sole assieme. Io
e Lui: il Gigante e il bambino. La perfezione e il peccato. L’orgoglio e la
misericordia. Inginocchiato, con le mani tese a consacrare, i piedi tremanti…
avverto il profumo del Pane entrare nella pelle. Il sapore del rischio.
L’avventura della libertà.
Quando esco
mi sembra di volare. O di correre. O di camminare.

Che voglia matta
d’accendere il mondo!

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