Un giorno potrai anche dimenticare la persona con la quale hai riso, ma è difficilissimo dimenticarsi la persona con la quale hai pianto. Per la quale tu, un giorno, hai pianto: «Gesù scoppiò in pianto». Non capisco se, tra tutte le parole che popolano il paese dei Vangeli, ce ne sia una capace di battere il rumore del pianto di Cristo, in morte dell’amico Lazzaro. Non so nemmeno se, al mondo, ci sian parole altrettanto eloquenti delle lacrime. Questo marchingegno del nostro sguardo che è più facile da vedere versare che cercare di spiegare. Chissà le risposte che s’attendevano gli amici vedendo il Cristo amico varcare la porta di quella famigliola che, appena all’infuori di Gerusalemme, aveva messo a sua disposizione il fare di Marta, il trastullarsi di Maria, l’operosità di Lazzaro. Dentro quelle mura, spesse volte, il Cristo viandante andò in vacanza: la loro amicizia è stata la più lunga vacanza segreta che i Vangeli raccontino, proteggendola dai riflettori della curiosità. Con questi tre fratelli – «Guarda come lo amava» dissero i Giudei vedendolo lacrimare -, il cuore di Cristo era nella pace. Era la loro pace. Con loro, ancor più che con la ciurma dei suoi apostoli, diede il meglio di sé: si mostrò uomo tutto tondo, di forti sentimenti, affezioni, stupori e confidenze. Nel paese di Betania Cristo si riposava dalle fatiche quotidiane, facendo riposare il quotidiano di quei fratelli divenuti in un battibaleno la sua vacanza segreta.

Fu per questo che, in morte di Lazzaro, tutti s’attendevano il miracolo della risurrezione: “Se non lo fa per lui che gli è amico, per chi lo farà?” borbottava la gente per la via. Scambiavano i miracoli per scorciatoie, confondevano la grazia con l’amicizia, barattavano spesso e volentieri i loro sacrifici con l’attesa di una ricompensa da parte del Cielo. Cristo, invece, come prima risposta al dolore del suo amico, rispose loro che non bisogna avere paura di piangere, di mettere un freno alle lacrime quando han voglia di uscire fuori. Piangendo, senza alcun tipo di vergogna, testimoniò loro che un uomo deve imparare a piangere: “Trattener per lungo tempo le lacrime, come si trattiene per gioco lo starnuto tappandosi il naso – disse a modo suo – provoca calcare agli occhi, incrosta la lavatrice dello sguardo”. In pochi s’accorsero, stupiti come erano che dal suo bel volto uscisse il rigagnolo della lacrime, ch’era quello il vero miracolo (in)atteso: che il Potente tradisse una certa impotenza, che il divino lasciasse il posto all’umano, che una risposta impacchettata cedesse il posto ad un silenzio durato la bellezza di due giorni: «Quando sentì che era malato – piccolo particolare d’immane portata -, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava» (cfr Gv 11,1-45). Rimase a caricare la cisterna di lacrime, per poi versarle al capezzale dell’amico morto: altri, nel frattempo, si diedero alla pazza disperazione, la conclusione alla quale arrivano gli stolti.

L’uomo, col senno di poi, di fronte al dolore s’ingegnerà aforismi e frasi dal grande spessore. S’inventerà addirittura la morale, insegnando ai suoi simili ciò per cui vale la pena piangere, ciò per cui vale la pena bestemmiare: «La morale è stata inventata dai deboli – scrisse Charles Péguy -. La vita cristiana è stata inventata da Gesù Cristo (…) L’incarnazione: l’unica storia interessante che sia mai accaduta». L’incarnazione, ovverosia non la risposta data da Dio al mondo inquieto, dolorante, ma la sua scelta di campo: sedersi accanto al mondo pieno di dolore e, invece che spiegargli il dolore, soffrire assieme a lui. Rispondendo con le lacrime alla richiesta di un perchè che rende insofferente anche il Cristo. Pianse in maniera così umana d’apparire divina, facendo del pianto uno sfottò alla morte: quand’era incerto tra il piangere e il ridere, Cristo sceglieva di ridere fino alle lacrime. Per liberare la sua parte umana senza perdere quella divina.

Risorgerà, alla fine, Lazzaro: ma quella è la seconda parte della faccenda: la prima restano le lacrime. Il miracolo, di fronte al male, di attraversarlo senza l’aiuto fraudolento di nessuna frase fatta. Semplicemente piangendo, come tutti.

(da Il Sussidiario, 25 marzo 2023)

In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui (Vangelo di Giovanni 11,1-45).

Editoriali della Quaresima e della Pasqua 2023
Mercoledì delle Ceneri, La quaresima della scimmia, 22 febbraio 2023
I^ Domenica di Quaresima, Tentazioni per colazione, 26 febbraio 2023
II^ Domenica di Quaresima, (non) spegnere la luce, 4 marzo 2023
III^ Domenica di Quaresima, Mezzogiorno di fuoco, 11 marzo 2023
IV^ Domenica di Quaresima, I macellai e l’oculista, 18 marzo 2023

2 risposte

  1. Grazie Don Marco,credo che ognuno di noi debba riflettere sul pianto di Gesù, infatti a me colpiscono moltissimo quelle lacrime piene di dolore e amore,lacrime che fanno male al cuore ma che rendono il Figlio
    dell’Uomo ancora più umano e vicino a noi. Gesù non si vergogna di piangere e mostrare le sue emozioni UMANE!!!CATERIN

  2. Giovedì 23 marzo é morto mio papà. Si pensa di essere preparati alla morte al dolore. Di essere immuni alle lacrime ma non è così purtroppo o per fortuna non è così, le lacrime scorrono come l’acqua in questo tempo arido e siccitoso

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