La teologia cattolica, prendendo spunto dal suo grande apostolo Paolo, lo chiama “Mysterium iniquitatis” (il mistero dell’iniquità). Guerre, soprusi, malattie fame, povertà: perchè Dio permette tutto questo? Il suo contrario è il “Mysterium salutis” (il mistero della salvezza). Un mistero, quello del male, impenetrabile da comprendere per la nostra intelligenza. Nel grembo della storia quotidiana c’è una «luce accessibile» (1Tm 6,16) dove Dio abita; c’è anche la presenza di una tenebra inaccessibile che la luce di Dio non illumina: Dio, pur non volendola, ne permette l’esistenza. Dirà Agostino, altro gigante che ha sperimentato sulla sua pelle la battaglia tra bene e male: Dio non cancella il male ma certe volte lo usa per purificare il cuore dell’uomo che lo compie. È il riciclaggio del male sporco.

L’Abbè Pierre, ai miei occhi di bambino, era un santo ancora da vivo: i suoi testi, la sua biografia, la sua storia ci veniva raccontata ai tempi del seminario. Il suo sorriso dolce, mansueto, scevro di male m’ha accompagato negli anni. Non venne scalfita, la mia stima nei suoi confronti – a quest’uomo la Francia tributò la Legione d’Onore, ch’è il suo massimo riconoscimento – nemmeno da quella sua intervista nella quale, in punto di morte, fece felici i detrattori che ebbero in mano la chance di cestinare il suo fascivol odi beatificazione aperto dalla gente: «Mi è capitato di cedere al desiderio sessuale in modo passeggero (…) Ho conosciuto l’esperienza del desiderio sessuale, del suo raro soddisfacimento che è stato sorgente di insoddisfazione» disse. Ammirai la sua umanità ferita, la sincerità di un uomo che non nascose i suoi errori ma li raccontò per rendere a Dio il giusto merito: “Nonostante me, ammirate cos’è riuscito a fare Dio di me” è il non detto di questa confessione: ogni santo ha, comunque, un suo passato.

In questi giorni la memoria dell’Abbè Pierre è offuscata dalla possibilità del crimine: si parla di violenze perpetrate ai danni di donne (anonime, ancora da ascoltare) dall’uomo che la Francia, per 16 volte, ha dichiarato “personaggio dell’anno”. E’ stato il suo mondo, il mondo che a lui si rifà come un ramo alle radici, a volere chiarezza, a prendere le distanze, come già si fece con un altro “gigante” francese: Jean Vanier. La violenza non è un cedimento al desiderio sessuale, è violenza, abuso, sopruso: non ha nessuna giustificazione. Resta un fatto, però: che nella storia di quaggiù Bene e Male – l’amore spassionato del prossimo e la mortificazione somma del prossimo – affittino, spesse volte, il medesimo cuore come loro numero civico. Come nel caso dell’Abbè Pierre: il “santo mancato” nella cui storia, c’è da crederci, la lotta tra il bene e il male sarà rimasta, fino all’ultimo, una spina nella coscienza. Il suo tormento inconfessato.

(da “Specchio” de “La Stampa”, 21 luglio 2024)

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