fallimento b opt

“Caro studente, cara studentessa,
ancora una manciata di giorni e poi una tarda mattina ti avvierai ancora una volta verso i cancelli della tua scuola, magari con il cuore un po’ in tumulto. Niente zaini colmi di libri e quaderni, l’anno scolastico sarà finalmente finito. Ti fermerai là, dove ci sono le porte a vetri, sulle quali spiccano i tabelloni dei risultati. Un verdetto che fa respirare ansia a pieni polmoni, scongiurare tutto lo scongiurabile, pregare divinità passate, presenti e future.
“Ammesso”… “Ammessa”…
“Non ammesso.”
Due parole, anziché una. Dieci lettere, anziché sette.
Fa male. Il colpo è più forte quando gli altri intorno a te si esprimono in gridolini e salti di gioia, mentre tu stai ancora lì, a fissare quelle dieci lettere, sperando che forse ad un certo battito di ciglia tutto si sistemi, che forse c’è un errore, hai letto la riga sbagliata.
E adesso che succede? Che figura si fa con i compagni? Cosa si dice agli amici, alla famiglia?
Primo passo: non disperare.
Sembra una frase insulsa, ma invece è necessaria come l’aria da respirare.
Il mondo intorno a te continua a scorrere – guarda bene, vedi? – non si ferma a puntarti il dito contro, non si premurerà di deriderti o di farti sentire una nullità. Va e andrà avanti, perché vittorie e fallimenti, gioie e dolori sono da sempre la sua composizione chimica, sono come i mattoni che fanno parte di una costruzione. Solo gli uni, o solo gli altri, e tutto crolla. Insieme si sostengono a vicenda, tenuti insieme da un collante che si chiama esperienza.
Ripeto, non disperare.
Ti sembra una situazione gigantesca, dalla quale non sai come uscire. Un grosso cartello di Stop che sbarra ogni strada. Fidati, è un gran bugiardo quel cartello, messo lì dalla delusione che senti nascere dentro. Non sei improvvisamente diventato peggiore di qualche attimo fa, sei sempre la stessa persona – unica nel suo genere – con i tuoi sogni, le tue aspettative, le tue incertezze e speranze.
Nel mondo di oggi, del tutto e subito, della connessione super-veloce, il fallimento di una bocciatura viene visto quasi come un ostacolo insormontabile, una grossa perdita di tempo che ti fa perdere il passo con i tuoi amici, o con la tua famiglia. Come se attardarsi lungo la strada della vita fosse un divieto assoluto, perché se resti indietro non sai cosa ti perdi, se resti indietro vali meno degli altri.
Bugie e ancora bugie.
“Il fallimento, il più grande dei maestri esso è.” Recita un noto personaggio della saga di Star Wars, Guerre Stellari per i lettori più datati.
Non è una corsa al ribasso, un far scendere l’asticella sempre più giù in modo da non deludere nessuno e accontentare tutti. E’ invece una lezione di vita, che tende la mano e chiede di guardare al proprio fallimento come qualcosa da cui poter imparare per diventare migliori.
Dirigi i tuoi passi verso casa, o verso gli amici più cari.
La vita che ti aspetta è molto più di quella che pensi ed un anno scolastico perso, alla fine dei giorni, sarà solo un piccolo dosso sul manto stradale.”

Maggio-giugno. Tempo di consuntivi, tempo di bilanci sulla scuola. Tempo in cui spuntano come funghi, puntualissime, analisi delle più svariate con al centro sempre lo stesso tema: bocciare sì o no?
Intervengono esperti psicologi, educatori, docenti e genitori. Sui social si legge tutto ed il contrario di tutto. I toni talvolta diventano accesi, roventi, accuse reciproche tra insegnanti e genitori, non è raro che si giunga a veri e propri insulti.
Chi non interviene mai, in discussioni del genere, sono proprio i diretti interessati. I ragazzi. Quelli che si vedono piombare addosso la bocciatura. Alcuni di loro la prendono con qualche attimo di sconforto e poi una scrollata di spalle, altri con totale disinteresse.
Altri ancora, invece, per una serie di molteplici ragioni, avranno invece la sfortuna di vederla come una condanna senza via d’uscita. Sono quelli più fragili, meno preparati emotivamente a gestire i contraccolpi di un percorso che non va come sperato e che non sanno come chiedere aiuto per superare lo scoglio. E i loro nomi li ritroviamo nei notiziari, la loro età talmente giovane che il cuore si stritola in una morsa di dolore immane, perché hanno deciso di non voler arrivare al prossimo compleanno.
Adulti, insegnate ai vostri ragazzi che si può inciampare e rialzarsi, essere bocciati e risalire la china più brillanti che mai. Insegnate a rimboccarsi le maniche, senza sminuire chi arranca, ma anche senza falsi elogi che sballano le aspettative e fanno perdere la bussola.
Ragazzi, la vita è una sola. Difficile, incasinata, divertente da matti, faticosa o con soddisfazioni inaspettate, colma di sonno arretrato e di tuffi in piscina, di pagine da memorizzare, di camminate per i boschi e di cioccolate calde. È questo e anche di più, se avete il coraggio di chiedere aiuto quando l’ago della bussola impazzisce, se non smettete di ricordarvi che dopo ogni fallimento c’è sempre qualche appiglio per rimettersi in piedi. Se non smettete di ricordare che successi e insuccessi fanno normalmente parte della strada di ciascuno e talvolta i secondi possono diventare delle deviazioni inaspettate, che vi faranno conoscere nuovi orizzonti e panorami insperati.

 

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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