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Nello sguardo dell’altro, che non mi giudica, ma mi ama e mi accoglie integralmente nel mio essere diversa, posso scoprire sfaccettature che mi rivelano la mia identità, che da sola non riuscirei mai a scoprire né a valorizzare.
Dall’occhio di chi mi sa guardare il cuore arriva uno spicchio di verità che va ad illuminare una fetta del mistero, svelandomi a me stessa.
Niente quanto noi stessi ci pone dinanzi al mistero dell’abisso dell’animo umano.

È – tutto sommato – facile, o – quanto meno – comprensibile, accettare di non comprendere in modo integrale qualcuno o anche tante persone, è già più problematico accogliere la realtà di non poter penetrare in modo completo la conoscenza neppure delle persone che ci stanno più vicine, ma è drammaticamente annichilente constatare che la persona da cui prendiamo le distanze per ignoranza, talvolta, siamo noi stessi.
Ci conosciamo da quando siamo nati, abbiamo imparato a sopportare i nostri difetti, eppure ci troviamo a poi a scoprire qualche caratteristica che ci riguarda solo grazie a qualche intervento esterno, capace di “fare luce” su elementi e dettagli che ci sono effettivamente: non solo, ci sono sempre stati, ma non vi avevamo mai prestato la debita attenzione. Dunque, li avevamo lasciati al di là del nostro campo visivo. e per noi non esistevano proprio.
Ecco quindi arrivare, provvidenziale e spesso del tutto inaspettata, la luce: come il fascio di una torcia che abbraccia qualcosa di noi che ritrova il proprio valore, o il proprio deprezzamento. E solo grazie a quest’annotazione, riusciamo a vedere una parte che costituisce il nostro essere e che era rimasto, fino a quel momento, nascosto ai nostri occhi.
Maggiore è la purezza dello sguardo maggiore è la vicinanza alla verità sugli enti che esso contra.
Tutto, o quasi, parte dagli occhi, come organo di contatto con il mondo. Dopo, naturalmente, la fase in cui il bimbo privilegia l’esperienza tattile, afferrando ogni cosa che gli capiti a tiro, per poi portarla alla bocca, tastandone la consistenza e il sapore.
In un mondo in cui virtuale e reale rischiano di sovrapporsi e confondersi, diventa ancora più irrinunciabile l’allenamento ad uno sguardo profondo, che inizi una lettura della realtà capace di ‘vedere oltre il visibile’ per comprendere non solo quanto raggiunge la vista ma essere in grado di interpretare intenzioni, moto dell’animo e sentimenti, comunicati dall’altro tramite i propri gesti e le proprie azioni.
Talvolta, abbiamo la netta sensazione di non comprendere l’altro. Ogni conoscenza nei riguardi dell’altro ha infatti un certo grado di complessità: raggiungere l’empatia e, magari, la comprensione di chi ci sta vicino. Ogni atto esteriore è rivelatore di qualcosa del vissuto interiore e della storia personale; ma le possibilità innumerevoli che di nascondono dietro un gesto fanno sì che l’interpretazione non sia mai così immediata.
La cosa più strabiliante è però constatare l’arricchimento che viene dallo sguardo di un altro su di noi.
Che l’osservazione e l’attenzione siano i primi passi per conoscere un’altra persona è più che logico.
Tuttavia, lo sguardo altrui è in grado addirittura di essere più utile a noi stessi che all’altro, dimostrando l’abilità stupefacente (proprio nel significato stesso di ‘causa di sorpresa’) di rivelare dettagli apparentemente nascosti molto bene del nostro carattere.
Trovo che non sia scontato ottenere questo; al contrario, un allenamento in questo senso, in persone probabilmente predisposte in modo particolare per sensibilità ed attenzione, consente di ottenere di più.
Ci sono caratteri della personalità che emergono con maggior prepotenza, diversi per ciascuno (timidezza, simpatia, creatività, esuberanza…), che ci connotano in modo più evidente e che ci sono riconosciuti già dal primo incontro, alimentando il rischio dei pregiudizi.
Alcune altre caratteristiche sono invece più tenui, più sfumate e richiedono un occhio attento ed allenato per essere colte: la timidezza di una persona s’attenua di fronte all’argomento che predilige, nel quale dimostra impensata competenza, l’esuberanza di quell’altra si rivela essere guscio protettivo per un’inenarrabile fragilità di carattere, o, ancora, l’intemperanza di un terzo è in realtà un segnale di richiesta d’aiuto e necessità di essere ascoltato.
Insomma, molto spesso, le cose sono assai diverse da come sembrano nel momento di una prima osservazione, spesso superficiale o svogliata.
In genere, ce ne accorgiamo prima nei confronti di noi stessi, appunto perché, attraverso quello, capiamo come porci con le persone e decidiamo se convenga stare in guardia, oppure fidarci senza remore; ma è sorprendentemente bello quando succede l’opposto. Quando, cioè, lo sguardo ricevuto è motivo di nuova luce su ciò che di bello è in noi.
È la riprova che, nell’infinito espresso in ciascuno di noi, c’è sempre una sfumatura di bellezza, che grazie ad uno sguardo esterno, può essere portata alla luce come un reperto prezioso di cui riscoprire il valore.
Non dimenticandoci che quello sguardo d’amore, rivelatore di verità, è auspicabile che ci veda protagonisti!

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