seduzione

D’insopportabile bellezza.
Così ti conobbe quel mondo di cui ero figlio:
malefica e dolcissima, spavalda e discreta,
tiepida e accaldata, beduina e zingara.
Bella ti decretò Madre Natura e
bellissima ti contemplarono i miei occhi sull’ansa del Fiume.

Col volto striato di seduzione e orgoglio,
le spalle appena incurvate di chi della bellezza tiene padronanza,
le dita lunghe come una pittrice all’opera e
i piedi leggeri di una danzatrice in volo.
Impossibile fu arrestare il cuore quel giorno.

Fu nella Città del Santo SenzaNome
che per l’ultima volta m’avvicinai a te:
i piedi stanchi e la faccia piena di schiaffi
nulla poterono contro l’arroganza spavalda di chi nacque bella.
Su quel ponte luminoso di sole
ti voltasti e mi desti il benservito:
“Riprova, la prossima volta sarai più fortunato”.

A nulla valsero i chilometri percorsi e le unghie annerite,
il profumo della polvere negli occhi e l’arsura della fatica in gola.
Irridesti la mia passione e feristi il mio lato seduttore:
steso su quei sanpietrini di città te lo giurai:
“mai più, strega malefica e cattiva”.
Beatrice con Dante, Laura con Petrarca,
Ester con Mardocheo, Penelope con Ulisse:
dietro ogni uomo c’è un cuore che l’attende.
Tu no, schiava della tua bellezza. Presuntuosa.

Mesi interi a rimuovere il pensiero di te.
Eppure tutto maledettamente mi ricordava te:
la neve e il suo candore, la primavere e i suoi rumori,
l’estate e i suoi campi di grano. Eppoi gli argini
e le radure, le pietre miliari e i casolari,
le fontanelle e i segni dei trattori nelle mulattiere.
“Non parlerò più di lei” – minacciavo a tutti:
mi risero in faccia e mi dissero: “ritornerai alla ricerca di Lei”.

Orgoglioso, l’ho dovuto ammettere:
è che certi amori non muoiono.
Fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Più splendenti. Più saporiti.

Benedetto dalla calura d’agosto.
Nascosto lassù, oltre il termine dell’antico stato austriaco,
ho ridisegnato la rotta. Per tentarti l’ennesima volta.
Umile, spettatore silenzioso di un quadro ancor più suadente,
perchè il tempo passa e tu ringiovanisci:
come il vino che tintinna nelle botti del nonno.

I primi passi, la fatica dei primi chilometri,
l’ansia della seduzione e il rispetto per le cose giganti.
Perchè stavolta tu sei davvero bella, sin quasi alla sublimità.
Ora siamo sul ciglio della sfida:
tu là, contornata di isole e vetri,
io qua, come uno zingaro sotto un passaggio di stelle.
A massacrarmi di chilometri, ripetute e tabelle.

Forse t’eri un po’ spaventata
e ti sei alleata con Donna Influenza per svuotarmi le gambe.
Ogni anno una soluzione nuova per escludermi dal novero dei pretendenti.
Se non fossi bella, t’avrei maledetta:
non si trattano così i cuori innamorati. E tu lo sai bene!

Ma anche stavolta la sfida è tutto oltrechè persa:
“tu non sai chi sono io” – t’avrei rinfacciato anni fa’.
Stavolta preferisco un più romantico:
“Ti adoro. A prescindere!”
Perchè dal fondo del letto, inzuppato di Tachipirina e banane,
ho scoperto che chi nasce bella rimane tale.
Anche se antipatica.

La tartaruga depone migliaia di uova
senza che lo sappia nessuno.
La gallina quando fa un uovo informa tutto il vicinato.
Temo che stavolta il vicinato ti riderà in faccia.

Perchè te lo prometto:
se ti pesco, ti spacco le uova nel paniere.
E poi ti stringerò forte.
Perchè anche stavolta il sogno è ambizioso:
vorrei diventare il tuo Doge.

Concedimelo, ti prego:
è troppa la polvere che mi hai fatto divorare ultimamente.

(Canto mattutino di un atleta errante in Prato della Valle)

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