51 Prudenza e Stoltezza

Il cervello è l’arma più potente che sia mai stata fornita in dotazione all’uomo: può essere, però, che qualcuno si dichiari pacifista. “Prudenza, ragazzo. Ci vuole prudenza in tutte le cose. Massima prudenza!” mi diceva un prete con il quale, ovviamente, non sono mai andato d’accordo. Non potevo andare d’accordo. Sospetto, con rispetto, non fosse affatto concorde col buon Manzoni. Il quale, da qualche parte, scrisse e dis(d)egnò «que’ prudenti che s’adombrano delle virtù come de’ vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo; e il mezzo lo fissano giusto in quel punto dov’essi sono arrivati, e ci stanno comodi». Ho sempre dato più retta al nonno quando, senza la teologia addosso, mi raccomandava di non abbattere mai uno steccato fino a quando non avessi conosciuto la ragione per la quale qualcuno l’aveva costruito. Lui, ch’era uno degli scampati alla matta mattanza di Hitler e dei suoi ingegneri, portava le cicatrici della sofferenza addosso: guardandole, senza che lui me lo dicesse, mi pareva che fossero delle lezioni sulla prudenza. In viva voce, scritte sulla pelle.
È vero, a casa nostra ci hanno insegnato a comperare le cose fuori stagione per risparmiare. E, così, essere prudenti con gli investimenti: il cappotto d’estate, le magliette d’inverno, “Mai prenotare all’ultimo”, cose così. Ho sempre letto come indice di prudenza il comprare la pelliccia dell’inverno nel pieno dell’estate: si risparmia, è segno d’avvedutezza, la filosofia della formichina. Il fatto, poi, che la prudenza sia una virtù è un dato evidente: il mondo è stato portato avanti da chi ha fatto cose folli, ma le ha fatte con il massimo della prudenza. È la logica del topolino, l’ha insegnata Plauto ai tempi del liceo: è un animale sagace il topo, non affida mai la sua vita ad un solo buco. Mai una sola idea in tasca! Prudenza, dunque, è sinonimo di previdenza: non quella sociale dell’INPS, ma la lungimiranza di chi sa che se non esce mai dai cerchi della cautela non sarà mai stato uno stolto, ma nemmeno un vero saggio. Conosco certi che, ossessionati da dosi eccessive di prudenza, a furia di volere evitare ogni più piccolo errore, fanno della loro vita un unico immenso errore. Evviva Cristo, dunque: «Vi mando come pecore in mezzo ai lupi – disse un giorno a dei discepoli incartapecoriti dalla paura del mondo -; siate dunque prudenti come i serpenti, semplici come le colombe». La prudenza e la diffidenza, in breve: ci vuole prudenza e diffidenza anche con loro!
Di tutti i miracoli del Cristo, poi, a stupirmi per davvero è l’unico miracolo a cui Cristo non ha mai dato una forma: nemmeno uno, tra le sue decine, si riferisce alla guarigione di uno stupido. D’altronde nessuno è così intelligente da dimostrare ad uno stupido ch’è stupido. “Dev’essere proprio incurabile la stupidità!” vien da pensare a proposito. È essere ciechi, con tanto di certificato medico alla mano, e pretendere di guardare, tenendo pure chiuse le saracinesche degli occhi. Non succede la stessa cosa quando uno muore? Quando muori non sei cosciente di essere morto, non soffri tu ma altri faticano ad accettare la tua morte. Lo stesso accade quando sei stolto. Forse fu per questo che non ebbe mezze misure il Cristo quando graffiò l’agricoltore che bramava che la sua pancia si facesse sempre più lardosa: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita – gli disse parlando alla suocera perché capisse la nuora -. E quello che hai preparato di chi sarà?» (cfr Lc 12,16-21). Mai paura, comunque: la bilancia è sempre squilibrata. I saggi, le persone che più si avvicinano ai prudenti della virtù, sono sempre in minoranza. Saranno sempre in minoranza. La cosa curiosa, però, è che sono proprio loro ad accorgersi delle cose che non vanno. I restanti – quelli “Prudenza, ragazzo. Ci vuole prudenza in tutte le cose. Massima prudenza!” – se la spassano, pensando che tutto vada bene. O, al massimo, che le cose debbano cambiare ma, per non mancare di prudenza, meglio che il rischio lo corrano altri. Il peccato originale è in corso di riaggiornamento: non è più solo quella storia della mela morsicata, ma anche la cattiva abitudine di digerire meglio ciò che è stupido piuttosto che il dolore. Anche la stupidità, spesso, è intelligentissima.


La Quaresima con Giotto
I^ giovedì, L’ingiustizia e la giustizia, 18 febbraio 2021
II^ giovedì, L’incostanza e la fortezza25 febbraio 2021
III^ giovedì, L’ira e la temperanza4 marzo 2021

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Dal 2 marzo, in tutte le librerie, Dei vizi e delle virtù (Rizzoli 2021), il nuovo libro di Papa Francesco e Marco Pozza

A Padova, nella Cappella degli Scrovegni, uno dei massimi capolavori dell’arte occidentale, Giotto racconta il percorso della salvezza umana attraverso le storie di Gesù e di Maria sulle pareti e il Giudizio Universale sulla controfacciata. Nel registro inferiore, in bianco e nero quasi fossero formelle in bassorilievo, Giotto dipinge le quattro virtù cardinali e le tre teologali alla destra del Cristo giudice, e alla sinistra sette vizi che delle virtù rappresentano il contraltare. Proprio a queste coppie di opposti – ingiustizia-giustizia, incostanza-fortezza, ira-temperanza, stoltezza-prudenza, infedeltà-fede, gelosia-carità, disperazione-speranza – è dedicata la nuova conversazione tra Papa Francesco e don Marco Pozza. Le virtù sono le strade che conducono alla salvezza, i vizi quelle che finiscono nella perdizione: “Le virtù ti fanno forte, ti spingono avanti, ti aiutano a lottare, a capire gli altri, a essere giusto, equanime. I vizi invece ti abbattono. La virtù è come la vitamina: ti fa crescere, vai avanti. Il vizio è essenzialmente parassitario”. Riflettere su questi temi serve a “capire bene in quale direzione dobbiamo andare, perché sia i vizi sia le virtù entrano nel nostro modo di agire, di pensare, di sentire”. Per questo, ogni capitolo è arricchito da un testo di Papa Francesco che approfondisce un tema del dialogo e da una storia di vita che don Marco Pozza ha ricavato dalla sua esperienza di cappellano del carcere di Padova. Perché nella vita quotidiana vizi e virtù procedono sempre intrecciati, e questo libro è un percorso che ci consente di ripensare insieme il compito, difficile e necessario, del discernimento tra il bene e il male.

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