L’emozione di quel giorno fece presto a tramutarsi in uno shock. Lui, Cristo di Nazareth, ritorna al suo paese, come il più riconoscente dei figli diventati qualcuno lungo i sentieri della vita. Ritorna ch’è diventato ormai uomo: “S’è fatto proprio bello questo figliolo di Maria!” avrà pure detto qualche donna ai crocicchi di Nazareth, il paese che vide il Dio arrivare bambino e andarsene per la sua via all’indomani dei trent’anni. Nel frattempo, ha già cominciato a bazzicare per le sinagoghe – che, però, non saranno mai a lui gradite quanto le strade malmesse, i crocicchi arsi di polvere, le storie drogate di peccato -, certuni già si sono accorti che la sua Parola punge, accarezza, graffia: «Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti gli rendevano lode». Poi, però, perchè nessuno dicesse ch’era andato dappertutto eccetto che al suo paese natìo, «venne a Nazareth, dov’era cresciuto e, secondo il suo solito, di sabato entrò nella sinagoga e si alzò a leggere». L’evangelista Luca, dunque, non lo fotografa in un luogo qualsiasi, alla mercè di qualsiasi orecchio: lo pizzica nel suo paese, a casa sua, tra la sua gente. Qui, se solo stessimo a sentirli cinque minuti, ognuno di Lui ti racconterebbe un episodio che l’ha visto protagonista: “Io l’ho visto saltare il fosso quella notte. Io, invece, lo vedevo spesso a spasso con sua Madre. E’ stato lui, quella volta, a consegnarmi lo sgabello riparato in bottega. Lo conosciamo da quando ancora non aveva i peli della barba. Noi, invece, possiamo dire d’essere andati a Gerusalemme assieme ai suoi una Pasqua. La mia figliola – povera la mia figliola – s’era invaghita dello sguardo di quel bel Figliolo che già prometteva”. E via dicendo: ognuno a fare di conti coi ricordi che quella bellissima persona riaccendeva. Vedendolo adulto, erano in tanti a ricordarsi della sua giovinezza.
Com’è bello ritornare al proprio paese.
Com’è astruso, anche, fare ritorno al proprio paese quando, per trent’anni, hai spartito muco e sorrisi, lacrime e sangue, sudore e calli. Quando Cristo ritorna, però, porta addosso i crismi dell’uomo maturo: non è più il bel figlio che prometteva bene, è la promessa diventata storia. Improvvisa, è sotto gli occhi di tutti: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che avete ascoltato». La medesima Scrittura che aveva appena finito di proclamare, prima di arrotolare il volume e consegnarlo all’inserviente: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; mi ha consacrato con l’unzione, mi ha mandato a portar ai poveri il lieto annunzio». E poi ragioni di speranza per i prigionieri, i ciechi, gli oppressi. “Che colpo di fortuna ha avuto quella gente a sentire proclamare queste parole dalla voce di Colui del quale parlavano le parole stesse” penserà più di qualcuno, a proposito di chi c’era in sinagoga. Non andò proprio così, invece. Certo: ci fu la meraviglia di chi si vide disorientare da quell’annuncio ma anche l’impaccio di chi, di fronte a quell’annuncio, non avrebbe più avuto scuse da giocarsi. Perchè un conto è accodarsi a chi spera in un qualcosa che dovrà arrivare, un conto è fare i conti con quel qualcosa quando ti arriva appresso all’improvviso. E, piazzandosi di fronte, sembra dirti: “Eccomi qua. Adesso, come la mettiamo? Per anni hai detto: “Da domani cambio vita!” e non l’hai mai cambiata. Oggi è il giorno giusto”. Nei Vangeli questo è l’aspetto della speranza: quando s’avvera, lo fa in maniera imprevedibile. Coglie di sorpresa: non sei tu ad afferrarla, ma è lei ad afferrare te. Eccola: «Gli occhi di tutti erano fissi su di lui». Non basterà.
Andrà a finire male quel giorno ch’era nato avendo tutti i presupposti per finire nel migliore dei modi possibili: a Nazareth, i suoi paesani, gli rideranno in faccia sentendolo dire quella cosa tipo che «oggi si è adempiuta quella Scrittura che avete ascoltato». Ritornare nei luoghi che t’hanno visto bambino è sempre un rischio colossale: il rischio che tutti dicano che “sanno già tutto di te”, e non ti lascino la possibilità di mostrare il prodigio che sei diventato. Anche Cristo, dunque, deve fare i conti con i pregiudizi paesani: “Sappiamo già tutto di lui, cos’altro potrà dirci che già non sappiamo”. Potrebbe dirci, ad esempio, che «il dolore altro non è che la sorpresa di non conoscerci» (A. Merini). Di non conoscerci pienamente, ma solo per sentito dire.
(da Il Sussidiario, 25 gennaio 2025)
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Vangelo di Luca 1,1-4;4,14-21)
Una risposta
Sempre la parola di Gesù è attuale in ogni tempo . grazie don Marco..