vendemmia1

S’inizia sempre al tempo della vendemmia. Ed è uno splendido incrocio di percorsi: da una parte il contadino che rincasa col carro pieno di grappoli d’uva, dall’altra il ragazzo che se ne esce con lo zaino pesante di libri e sigillato di sogni. E’ il settembre dell’uva che matura e della campanella che torna a strillare. Cosicchè in quel grappolo d’uva – maturatosi nel sole dell’estate – abita l’augurio più bello da lasciare sul davanzale di chi, stamattina, s’appresta e s’affatica nel ritornare tra i banchi di scuola: “un giorno si vendemmierà!” – sembra dire quel grappolo ad uno studente. Che è un augurio ma anche una splendida lezione di vita: nessun grappolo d’uva nasce improvvisamente ma dentro e dietro ogni singolo acino è nascosta una lenta e difficoltosa avventura. E’ la cerimonia delle vigne, alla quale anche il Vangelo un giorno s’ispirò per raccontare una delle sue pagine più eccelse: il mistero doloroso della potatura e del riposo invernale, quel lento germogliare in tempo di primavera, il benvenuto al verde delle prime foglie dai lineamenti segmentati. Eppoi il tempo dell’attesa e della cura: i parassiti da combattere e la minaccia delle nuvole tempestose, il lento apparire dei primi accenni d’acino e il primo rossore sulle gote silenziose di quello che un giorno diverrà grappolo. Finanche agli ultimi giorni d’agosto, quando anche l’ultima minaccia dal cielo è stata schivata: il lento avvicinarsi del contadino alla vite, il profumo d’uva sparso tra i filari, quei grappoli che quasi ti dicono “prendimi!”, quell’invereconda bellezza e copiosa abbondanza di mosto racchiusa in quel miracolo della natura. Da vendemmia a vendemmia: il mistero di un anno racchiuso nel breve spazio di un grappolo d’uva. Ancora qualche settimana e i calici tintinneranno, le labbra brilleranno e la tavola profumerà di vino novello: eppure pochi sapranno che dentro quel bicchiere c’è tutta una storia nascosta. Iniziata nel più doloroso dei gesti: quello della potatura.
Un grappolo d’uva come augurio a chi oggi s’appresta a varcare la porta di quell’aula: a imperitura memoria che anche il sapere viaggia sulla stesse frequenze grammaticali dell’uva. Tra le viti o tra i banchi inizialmente nessuna correzione sarà fonte di gaudio e di piacere: né quella del contadino che pota, né tanto meno quella del prof che corregge col lapis rosso/blu quel tema d’italiano che sembra un cimitero. Chiedetelo al grappolo d’uva com’è iniziato: tutto ebbe inizio con una ferita, con una potatura, con una sofferenza. Forse sarà così anche a scuola: arriverà il tempo della vendemmia ma prima c’è tutta una liturgia da celebrare. E sarà una celebrazione che avrà il sapore semplice dei misteri della natura: non per nulla nell’albero genealogico della grammatica il sapere ha come antenato il sapore (sapere deriva dal latino sàpere, che significa “provare gusto”). Chissà se viene prima il sapere o il sapore: imparo per assaporare o assaporo imparando? Ma chi se ne importa: è bello pensare che la pagella di giugno inizia a nascere a settembre dell’anno prima, come l’uva nasce al tempo della potatura, il bambino nove mesi prima dell’annuncio. Come l’uomo inizia a nascere nel momento in cui s’accendono i suoi sogni.
Al mio paese stamattina rincasano i carri traboccanti d’uva: sulle soglie delle case il sorriso delle donne profuma di festa. Là in fondo un piccolo bambino sta varcando per la prima volta la soglia della scuola elementare: ha sei anni e questo è il suo primo giorno di scuola. Chissà se stamane qualcuno, appena dietro la cattedra, saprà dargli l’annuncio più bello: “oggi s’inizia a fare il vino!” Non è una bugia e nemmeno un’illusione ma la verità più bella: c’è una possibile vendemmia all’orizzonte, dobbiamo aiutarla a maturare. Quel bambino oggi sentirà profumo di vino: basterebbe così poco per innamorarsi.
Per raccontare l’amore.

(da L’Altopiano, 14 settembre 2013)

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