L’immagine finale – qualora fosse stato approvato il progetto – sarebbe potuta valere come “premio oscar per la migliore rappresentazione dell’Italia d’oggi”: una sala scommesse vicino alle cucine economiche popolari di Padova. Eggià: perchè mentre una nave sta affondando nulla è più naturale di tentare il colpo di fortuna per salvarsi la pellaccia. D’altronde è proprio questa la lezione che sta passando l’informazione in questi ultimi mesi (forse anni) di campagna di dis-informazione totale: tentare non nuoce. Perchè qualora il colpo andasse, la vita sarebbe sistemata. Si tenta la fortuna all’Enalotto, si punta su scommesse più o meno clandestine, si gioca al casinò. Qualcuno ci rimette qualcosa, qualcun’altro ci rimette parecchio, qualcuno pesca il jolly da capogiro: perso un patrimonio, persa la faccia, disintegrata una famiglia. Maledetta fortuna: sarebbe proprio il caso di dirlo!
Questa volta le uova nel paniere ha contribuito a romperle una donna di Dio, una di quelle rompiscatole ispirate che è sempre meglio trovare in squadra che fronteggiarla come avversaria. Suor Lia è da una vita che ha piantato la sua tenda in quella strada, fino a fare delle cucine popolari un incrocio di perfetto ecumenismo: il musulmano che pranza vicino al cristiano, il buddista che saluta l’induista, il cristiano che stringe la mano all’ultimo libico arrivato. Anche loro hanno tentato la fortuna, hanno versato mazzette ai trafficanti di clandestini, hanno conosciuto l’altra faccia della sorte. Per loro tentare la fortuna significava l’ultima possibilità per scappare dalla morte. Le cucine popolari sono quasi l’opposto delle sale scommesse, forse addirittura la terapia ultima di chi con le scommesse perde la testa e il cibo. In questo senso – qualora fosse passato il progetto – sarebbe stato facile incappare in qualcuno che, autoderubatosi nelle scommesse, avrebbe poi bussato alle porte delle cucine popolari per un tozzo di pane. Il sindaco ha detto no, ma rimane bella la lettura che si poteva dare di quella proposta: c’è un’Italia che nasconde volutamente nel divertimento una situazione allarmante e c’è un’Italia – silenziosa e troppe volte nascosta – che cerca di tamponare i drammi di una vita giocata sul divertimento. In questo senso l’abbinamento dei due locali sarebbe valso almeno una menzione d’onore: per aver saputo leggere la situazione odierna nella quale versa il popolo italiano. Il grano e la zizzania nella stessa piantagione.
In ogni città c’è un cuore che a pranzo e a cena distribuisce del pane agli affamati e dell’acqua agli assetati: nel più genuino spirito evangelico. E se un tempo il fratello indigente teneva un colore diverso, un accento straniero o un volto foresto oggi capita che a quella porta ci bussi proprio il nostro vicino di casa, quello che abita nel palazzo di fronte: pelle bianca, portamento signorile, nessun cenno di miseria. Eppure ci va lui con tutta la sua famiglia: ma questo spot nelle vie del centro non lo troveremo mai reclamizzato. Sarebbe un invito ad aprire gli occhi e a maledire una società che incita al divertimento e alla fortuna in situazione di emergenza. Ma questo è severamente vietato dirlo.
Che il popolo chieda pane e chi di dovere risponda con il gioco è un monito che affonda le origini nell’antichità dei secoli. Non sono bastate le grosse crisi mondiali, lo sperpero del debito pubblico e lo sputtanamento in mondovisione di un certo stile di vita. C’è ancora chi – orgoglioso paladino dei vizi, oltrechè delle virtù della propria nazione – ai drammi della società risponde proponendo l’ennesimo colpo di fortuna. E se ti va male è perchè sei sfigato: la fortuna aiuta solo gli audaci. Con una postilla: aiuta gli audaci e finanzia gli imbecilli.