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I primi giorni di maggio sono uno spettacolo della natura, la regina indiscussa: la Rosa.
«Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo». (Shakespeare)
Lungo le ringhiere, nei piccoli orti casalinghi, una piccola pianta, «Rose ai pilastri, rose lungo i muri e dentro i vasi, da per tutto rose che sbocciano fiammanti e sanguinose come ferite sopra i seni impuri» (Zanzotto). Il sigillo tangibile di due innamorati, la dichiarazione silenziosa di passione e fedeltà. Segno rosso di un amore che è massima bellezza, delicatezza, sboccia, profuma, si diffonde…punge. Punge come il filo spinato deposto sul capo di Gesù, una regalità che penetra, che fa sanguinare, che chiede la vita o forse di donarla. Re capaci di aprire le braccia e di amare col proprio sangue. Il colore dei petali così fragili dell’Amato per la propria Amata.
I primi giorni di maggio in visita in luoghi di sterminio, di bestialità. In un crocevia dell’ala est italiana esistono ancora i segni del passaggio della morte crudele, folle, atroce, devastante. È così buffo che nell’ala ovest dell’Italia sia sorto poi un Arsenale della Pace. La morte ha avuto il suo contraltare! Un filo spinato per un secolo di guerre, la più grande follia umana. Una corona di spine sul capo del globo terrestre. La dignità uccisa così barbaramente, anime divise e consegnate a prezzo di saldo al male. Mani che si sono macchiate della più bassa grettezza mai raggiunta nella storia, spade conficcate così in profondità da anestetizzare le coscienze, complici di gesti di odio che oscurano ogni stella del cielo. «Finché le stelle saranno in cielo» (K. Harmel), uno squarcio di speranza in una volta celeste mitragliata. Il peso sul cuore di chi ha convissuto intere decadi assieme alla complicità in sterminio. Con quale faccia ogni mattina guardare la propria anima riflessa provando a lavarsi via uno strato di sofferenza tatuato sulla pelle? La consapevolezza forse è arrivata dopo essersi fermati ed aver sgranato gli occhi gettandoli su fosse di cadaveri senza più un’identità o una dignità. Immagini che provocano, che chiudono lo stomaco per il terrore che tutto questo sia senza fine e che l’uomo abbia dimenticato troppo facilmente. Un’umanità malata di Alzheimer. “È il mondo che sorride e io vorrei volare. Ma dove? Un filo spinato impedisce che qui dentro sboccino fiori. Non posso volare. Non voglio morire”. (Peter, bambino ebreo ucciso dai nazisti nel ghetto di Terezin)
Un giovane adolescente col suo fare sfidante a muso duro, in faccia al proprio professore, urla il suo non capire! Non comprende, dimentica questa atrocità e vorrebbe inconsapevolmente reiterarla. Frasi che trafiggono come lance direttamente al costato. L’ultimo affondo sul corpo indifeso di Gesù. Indifeso era pure quel professore capace solo di lasciar contorcere le viscere per l’assurdità di quelle affermazioni di guerra, di sentenze di rabbia, di tremenda e fottutissima paura di chi non è come me. «Non è solo un’esigenza di giustizia, ma anche un problema educativo. Tutti devono sapere che delitti come questi non cadono sul fondo della memoria, non vengono prescritti. Chiunque pensasse ad un nuovo fascismo deve sapere, che alla fine, sarà sempre la giustizia a vincere. Anche se i mulini della giustizia macinano lentamente».(Simon Wiessenthal)
Granate lanciate in giorni in cui sgranare rosari è di stagione. L’usanza tramanda che alle statue della Vergine, dell’unica Rosa mistica, venissero affidate corone di rose, simbolo delle preghiere “belle” e “profumate”. Fu resa ancor più Donna con appesa al collo una collana di grani, la femminilità, l’eleganza, la preziosità, un rosario concentrato di Bellezza celestiale. Schegge di un massacro, intrecci di spine per non dimenticare, rose che sbocciano e con la loro fragranza risvegliano nel cuore un desiderio di vita che a gomitate si fa strada tra le vie dell’odio, della religione, della conquista di nuove terre e di nuove identità.
Maggio, la stagione dei fioretti ai crocicchi della vita per continuare una lenta litania verso il Cielo. Ogni uomo non diventi terra di conquista dell’odio ma volga sempre lo sguardo verso l’unica Stella Maris capace di far fiorire boccioli profumati dalle spine della vita.


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