6714227-ritratto-di-bambino-pensieroso-su-sfondo-biancoNon si siede nello sgabello come tutti gli altri compagni, ma mi viene vicino e, sedendosi in braccio, mi dice: “Sai don Marco, domani papà non viene alla mia Prima Comunione perché deve fare una gara in moto”. Lo guardo con tenerezza e compassione e gli chiedo: “Ti dispiace, vero? Cosa gli hai detto?”. E lui, con la semplicità e la tenerezza di un bambino, mi risponde:”Gli ho detto che mi basta saperlo felice piuttosto che venga per litigare con la mamma”. E mentre gli occhi luccicano, conclude: “Tanto domani io trovo Gesù: Lui sì che m’importa ci sia!”
Mi son vergognato di essere dalla parte dei grandi: di fronte agli occhi trasparenti di quel bambino mi son sentito piccolo. E mi son convinto che il mondo, guardato dall’alto della loro età, profuma ancora di verità antiche.
Com’è diverso il mondo quando lo si guarda dall’alto di un aereo! Quante volte anche voi avrete provato le stesse emozioni! Vedere la vostra città dall’alto: all’interno di quella grande macchia colorata c’è il quartiere dove abito, all’interno di quel quartiere c’è il condominio, in quel condominio c’è la mia casa, in quella casa c’è la mia stanza, in quella stanza c’è il mio letto, in quel letto c’è il mio cuscino sul quale magari ho pianto per un incidente di percorso nel quale mi sono imbattuto. D’alto ci viene da sorridere: possibile che io mi sia intristito per tanto poco? L’unica cattedra che t’allena a diventare scrutatore del cielo per intuire l’irrompere di quell’arco di luce che parla di alleanza, allude a tempi migliori e introduce nell’animo la voglia di ricominciare.
“Rimanete in me e io in voi” – sussurra Gesù sul cuore dei suoi discepoli (liturgia della IV^ domenica di Pasqua) -. Quanta tenerezza, quanta dolcezza, quanta maternità in quest’espressione. “Rimanere”: ovverosia poggiare il nostro capo sulle sue spalle, stringere forte una mano su un precipizio, agganciare lo sguardo nell’oscurità. Ma perché rimanere in Lui quando tutti ti regalano dubbi sulla sua esistenza? Perché “senza di me non potete far nulla”. Ma verrebbe da chiederti: sei sicuro, Signore? Qui sembra di respirare solo caligine. Fondi segreti. Aste truccate. Tangenti sottobanco. Corruttele di potere. Giochi di palazzo. Falsità nelle dichiarazioni dei redditi. Terremoti di scandali. Scandali di terremoti. Ambiguità bancarie. Rapporto predatorio col denaro pubblico. Processi che si insabbiano. Prove che si depistano. Concorsi pubblici che si pilotano. Anfetamine che abbattono gli atleti che abbattono i record! “Rimanete in me e io in voi”: ma chi sei Tu per chiederci questo?
Viene in mente la battuta di quel missionario il quale, mentre parlava ai negretti seduti sotto un albero della foresta, essendogli capitato di usare nel discorso la parola computer, si sentì chiedere da un bambino cosa fosse il computer. E lui, imbarazzato, gli rispose mostrandogli la matita che aveva in mano: “Te lo spiego subito: vedi questa matita? Il computer è tutta un’altra cosa!”.
Appunto, Dio è tutta un’altra cosa. Per fortuna. Non possiamo rivestirlo sul modello dei nostri abiti, sia pure di stoffa pregiata, dandogli magari la taglia più alta. Non è comprimibile sotto l’arco del nostro cielo. Dobbiamo ripeterlo con le labbra danzanti quel versetto del salmo: “Sopra i cieli s’innalza la tua magnificenza”. Solo così saremo afferrati dall’imprevedibilità di Dio. Solo così capiremo le sue inedite trovate. Solo così ci sedurranno le sue sorprese e ci accorgeremo che sono veramente inesauribili le sue risorse sulla novità.
“Rimanete in me e io in voi” – per riacquistare lo stupore negli occhi! Gente, non ci sono più stupori nella nostra vita. Non ci accorgiamo più quando il primo acino d’uva rosseggia tra i pampini in autunno. Non c’è più attesa. La nostra vita scorre come sabbia nella clessidra, senza brividi. È come se si fossero disseccate le sorgenti della meraviglia, come se le falde dello stupore si fossero d’improvviso rinsecchite. C’è un deficit generale di passione, di entusiasmo. Recuperiamo la vita perché questa non è vita! Senza uno scatto, senza più impennate, senza capacità di ribaltare le cose con guizzo profetico non capiremmo mai che l’età più bella della vita è quella che hai! In questa testolina che funziona ad intermittenza c’è una convinzione: che quanto più spericolati saranno i nostri abbandoni in Dio, tanto più teneri saranno i suoi abbracci! L’ha promesso: “chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.
Hai proprio bisogno di un fac–simile di comportamenti o di un prontuario di sfasature in linea con l’imprevedibilità di Dio? Non ci vuole molto. Guardati attorno e vedrai che, grazie al cielo, ci sono tantissime “succursali” di questa follia del Signore. Perché Filippo e Federica hanno lasciato il posto in ospedale e son partiti volontari in Etiopia con la loro bambina? Perché Giulia, la seduzione fatta carne, dopo l’Isef è entrata come novizia in un monastero di clausura? Perché quella coppia, come se non bastassero i figli e i problemi, si è avventurata in una rischiosa operazione di affidamento? Perché Rita perdona gli uccisori di suo fratello Paolo? Perché Luca da tredici anni continua ad accarezzare la sua giovane moglie ridotta allo stato vegetale? Valla a trovare la logica.

Santa Maria, donna di maggio, siediti qui e insegnaci a diventare illogici come quel Figlio del quale fosti figlia e madre. Tu hai predetto che tutte le generazioni ti chiameranno beata. Ebbene, tra queste generazioni, c’è anche la nostra. Fa che possiamo sentirti vicina ai nostri problemi. Non come signora che viene da lontano a sbrogliarceli con la potenza della sua grazia o con i soliti moduli stampati una volta per sempre. Ma come una che gli stessi problemi li vive anche lei sulla sua pelle, ne conosce l’inedita drammaticità, ne percepisce le sfumature del mutamento, ne coglie l’alta quota delle tribolazioni.
Mettiti, allora, accanto a noi, e ascoltaci mentre ti confidiamo le ansie quotidiane che assillano la nostra vita moderna: lo stipendio che non basta, la stanchezza da stress, l’incertezza del futuro, la paura di non farcela, la solitudine interiore, l’usura dei rapporti, l’instabilità degli affetti, l’educazione difficile dei figli, l’incomunicabilità persino con le persone più care, la frammentazione assurda del tempo, il capogiro delle tentazioni, la tristezza delle cadute, la noia del peccato.
Mi piacerebbe un sacco, Maria, che, quando al mattino l’aurora fa l’appello dei presenti, appena dopo il mio nome venisse il tuo e sentirti rispondere: “Presente”.
Come un’antica compagna di scuola.

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