Gabriele la sorprese quando lei nemmeno se l’aspettava: «Un momento di gioia – scriveva A. Montagu – ci coglie sempre di sorpresa. Non siamo noi ad afferrarlo, ma è lui ad afferrare noi». A Nazareth capitò quello che succede nella stagione della scuola: nulla è più fastidioso di un prof che annunci un compito a sorpresa. Sguardi chini, aria bovina, rabbia che vince sulla concentrazione. Da studenti è furbizia programmarsi un’interrogazione – “Posso offrirmi volontario oggi, prof?”, prepararsi per una verifica, ingegnarsi con i bigliettini. Per misurare la preparazione di uno studente, però, non c’è modo più affidabile che coglierlo di sorpresa, facendogli una sorta di agguato. “Lasciatevi sorprendere per essere veri”: così ragiona Dio, non svelando mai i suoi segreti percorsi. Il compito-a-sorpresa, poi, è il gemello della prima-volta: “La prima volta non si scorda mai!”, dicono quaggiù per raccontare un fatto che ha segnato un prima e un dopo nella vita di qualcuno.
E’ la vita, «il trionfo dell’improbabile e il miracolo dell’imprevisto» (H. de Lubac).
Accadde a Nazareth una prima-volta da batticuore, che rimase scritta nella storia, che contribuì a scrivere la grande storia. Un arcangelo annunciò a Maria, in diretta, la traccia di un compito-a-sorpresa: «Non temere (…) concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». Nessuna avvisaglia le giunse nei giorni precedenti, nessun messaggero a sussurrarle “Fatti trovare pronta!”, nulla che le avesse fatto presagire qualcosa d’inaspettato. Iddio la colse impreparata: tale voleva trovarla, per misurarne i riflessi del cuore. Impreparata, ignorante. E’ della prima-volta l’ignoranza: non avendo mai fatto quella cosa, sei tutto agitato nell’apprestarti a farla. Nell’agitazione della prima-volta, però, è contenuta la massima percentuale di stupore. A scuola ti dicono: “Esercitati: più ti eserciti e più diventerai bravo. E nessuno ti coglierà impreparato”. Il Cielo ragiona tutto al contrario: “Meno ti eserciti più grande sarà il tuo grado di stupore. E’ necessario farsi beccare impreparati per andare a bersaglio”, il grande segreto della donna nazarena: non sentirsi all’altezza della sfida – «Com’è possibile questo? Non conosco uomo» -, esserne coscienti, decidere di rimanerci lo stesso. Per giocarsi il tutto: «Eccomi, sono la serva del Signore. Che accada di me quello che hai detto». L’arcangelo, ripartendo, sorride al sorriso di Maria: Lei è tutta stupita per quell’insolito invito a nozze, lui è tutto stupito che una creatura sfidi a tal punto l’illogico da far nascere Iddio. Sorrisero entrambi, fecero sorridere i tre, la Trinità-sorridente: sorrisero come facciamo tutti quando veniamo colti di sorpresa dalla felicità.
Felicità, per Dio, non è suggerire alle persone come fare le cose. Felicità è dire loro che cosa fare, per poi lasciarsi sorprendere dal loro ingegno. “Maria è una raccomandata, non fa testo!” dice il maiale di Lucifero. Mente, sapendo di mentire: la Donna poteva dire di no, era nella condizione per farlo. Invece disse sì: per questo il suo sì appare ancor oggi gigantesco. Fu (ma)donna dal coraggio inaudito: incassò il complimento, ma prima d’accettare guardò in faccia il Cielo, gli disse “siediti che ne parliamo”, chiese lumi – «Com’è possibile questo?» -. Poi si aggrappò a delle parole di compagnia – «Lo Spirito scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» – per accettare che il suo grembo divenisse la pista d’atterraggio dell’Eterno nel tempo.
La prima-volta di Maria fu la sua prima comunione: Dio si accasò dentro di Lei. In parrocchia, la settimana che precede la prima-comunione, è un valzer di prove: per i bambini, padrini e madrine, nonni, bisnonni. Il giorno della prima-comunione, poi, sono tutti a corto di sorpresa: le prove generali hanno tolto loro lo stupore della prima-volta. L’unico stupore rimasto sarà quello dei regali a fine cerimonia. A Nazareth, invece, il Padre fece le cose in grande: agì di sorpresa. A Gerusalemme il Figlio farà lo stesso, nell’ultima cena: coglierà a sorpresa gli amici con un tozzo di pane. La prima-volta, quand’è truccata, non è più la prima.
(da Il Sussidiario, 7 dicembre 2019)
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio» (Luca 1,26-38).
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
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