Alba è un articolato romanzo sulle contraddizioni ma anche sulle speranze della vita giovanile.
Andrea, il protagonista, sopravvive ad un incidente stradale nel quale periscono tre suoi amici, ma viene ricoverato in coma. Il racconto si sofferma, così, sui diversi stili di vita dei quattro ragazzi, mentre Andrea, dal suo stato ripercorre alcune vicende del passato recente ed è nell’incertezza tra risvegliarsi o seguire la sorte dei suoi amici. Eventi normali, quelli descritti da Giuseppe Bertolini, ma che pongono una serie di interrogativi.
Cosa spinge certi ragazzi alla ricerca di realtà non conformate? Cosa spinge certi ragazzi a combattere una realtà di cui sono parte e, in ultima analisi, a combattere se stessi? Qual’è il ruolo di genitori capaci in passato di distruggere ideali, senza poi essere in grado di proporre alternative diverse da obiettivi di vita basati sull’ottenimento dell’effimero?
(Giuseppe Bertolini, Alba, SBC Edizioni, 2010)
Andrea e la maturità. Andrea e una giovinezza cresciuta all’ombra di un quartiere padovano. Andrea, Mattia, Giovanni e Kevin: quattro ragazzi e le loro famiglie dimezzate, orfane, un pizzico disinteressate. Quattro storie e un drammatico incidente autostradale: solo Andrea si salverà dopo un lungo periodo trascorso nella zona grigia del coma. La dentro – in quella terra che solo la forza di vivere t’aiuta ad abbandonare – dovrà decidersi tra due possibilità: seguire le voci degli amici scomparsi o ritornare nel mondo che l’aveva deluso. Alla fine ci tornerà, orfano di amici e di una famiglia.
Una storia normale, ambientata nella Padova dei quartieri e delle carriere impazzite, delle giovani esistenze parcheggiate nei muretti del Duomo e dei piccoli amori di liceo. Di sabati sera vissuti ad imbucarsi nei locali, a scegliere tra la pizza e il kebab con un po’ di struscio come colonna sonora. E sullo sfondo l’immagine di un mondo adulto che ha distrutto vecchi ideali senza essere in grado di costruirne di nuovi: sicchè la morte assurda di tre ragazzi fa parte del quotidiano abitudinario. Complice una chiesa di funzionari che, nel mentre s’appresta alle loro esequie, non saprà dire altro che frasi di circostanza: “Il Signore ha richiamato a sé gli angeli migliori”. Dimenticando la condanna lanciata dal pulpito quando quei giovani se ne stavano lungi dai confini dell’oratorio, mostrando come la parrocchia non avesse nulla a che spartire con il mondo circostante.
E’ un romanzo toccante, asciutto e in certi passaggi tragicomico – che solo gente che non ama i giovani oserebbe definire volgare e dissacratorio – quello uscito dalla penna creativa di Giuseppe Bertolini, un medico-papà di Padova con la passione e il talento della scrittura, arricchiti dall’anelito mai nascosto di cercare di scoprire l’alfabeto che regola i desideri nascosti dei ragazzi. S’intitola provocatoriamente “Alba”, la zona che nella natura segna il passaggio dalla notte al giorno. Ma anche il limitare di due mondi: quello della vita reale dove “bisogna fare finta, è la vita che impone di farlo” e la vita dello sballo notturno che molto spesso è l’anticipo di un rifiuto di se stessi.
Non è mai facile parlare dei giovani senza cadere nella trappola dei luoghi comuni. Perchè dietro quello che l’adulto ama definire come “cazzeggio” c’è nascosta tutta la forza-trappola di un gruppo che ti difende dai pericoli facendo quadrato. E chiedendoti di osservare da spettatore. Come non è mai facile per un adulto leggere la sconfitta del suo mondo senza divenire vittima e carnefice di una lettura distorta della realtà. A questo autore va reso il merito d’aver saputo tessere un intreccio che parla di strada, di vita vissuta, di giovinezze conosciute (è padre di tre ragazzi), di attese da “sabato sera” dove una mezz’ora sembra valere giorni. Di una chiesa che sovente sembra farsi perdonare per la dimenticanza riservata con elogi funebri falsati.
A scatenare questa fatica letteraria è stato un po’ di ritardo inatteso di uno dei tre figli dell’autore: a volte basta una fessura per inabissarsi dentro un mondo di sentimenti, di disapprovazione e di interrogativi che c’interrogano spietati. Non avvertendo l’eco di una risposta degna della loro gravità. Eppure, a lettura avvenuta, ciò che inquieta è quella siepe alta dentro il quartiere-dormitorio, una siepe che nasconde ville con dentro storie che impariamo ad amare quando, nel buio della notte, squilla un telefono.
E’ la vita che chiama.
(cap. 25)
“Il Signore ha richiamato a sè gli angeli migliori. Coloro che dopo aver terminato il loro compito terreno, serviranno lassù tra i cieli” mentiva don Lino all’omelia. Doveva farlo.
Eppure era lui che li condannava fin dai giorni della loro infanzia, quando preferivano il ritrovo del bar od il vagabondare per il quartiere, in luogo della più educativa e stimolante realtà parrocchiale.
La parrocchia, un mondo che nulla ha da spartire con il mondo nel quale è inserita.
“Non dobbiamo piangere. Dobbiamo rallegrarci della grazia che hanno ricevuto. Del privilegio che è stato loro concesso nel giungere alla casa del Padre prima di tutti noi”.
“Che cazzo sta dicendo” pensava Gianni “tra poco ci invita a festeggiare!”.
“In cielo è giorno di festa. La già folta schiera di angeli è da oggi arricchita di nuovi elementi. Forze fresche e giovani nella schiera dei soldati di Dio!”.
Giuseppe Bertolini è medico che si diletta di scrittura e fotografia. Vive a Padova e lavora a Rovigo come specialista ambulatoriale in odontoiatria.
Fissare con l’immagine momenti della vita, della natura.
Fissare con la penna stati d’animo e sensazioni che sono di tutti. Anche se talora celati per la necessità di comportamenti ed aspetti conformi.