Hanno capito tutto a puntino, pur non avendo capito un fico-secco di quelle parole, di quella Presenza così familiare e, al contempo, così foresta. Si sono resi conto – il giorno ch’è tornato tra la sua gente, la medesima che l’aveva visto nascere, crescere e abbeverarsi alla stessa fontana – ch’era diventato una star: «Erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca» (liturgia della IV^ domenica del tempo ordinario). Lo stupore è tanto, il bambino s’è ingigantito, Nazareth non è più una borgata anonima: è diventata la terra più citata, s’è eccitata, è tutta nel nome di quel Rabbì che, solcando le terre di Palestina, porta a spasso il buon nome di casa sua. Hanno capito tutto, dunque, della profezia del loro paesano: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato»? Mica tanto, a quanto scrivono i Vangeli, se i suoi paesani si son subito premuniti di ridimensionare la vastità di quelle parole che creavano così grande turbolenza attorno. Di riportare alla loro portata la sua grandezza: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» Che era come dire: “Ditegli di abbassare le ali, sappiamo bene che lavoro fa suo padre. Pare che si sia montato la testa, ultimamente: cosa ne pensate?”
Non è mai cosa affatto semplice, nemmeno per un genio smisurato come Dio, rincasare al proprio paese con addosso una pretesa di verità da condividere. Senza, per questo, sentirsi dare del matto al punto tale da vedersi accompagnare dai suoi paesani fin sulla cima del monte; per poi tentare di gettarlo giù. Il profeta di Nazareth mica è uno zimbello, era profeta anche delle logiche elementari dell’esistenza: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria». Accipicchia, guarda perché s’infuriano con Lui fino a volerlo sfracellare giù dal dirupo: perché, cosa imperdonabile, nella piazzetta di Nazareth non faceva il giocoliere come a Cafarnao. Quattro salti, cosa sarà mai: forza! Ricomponi due ossa anche per noi, rimetti in sesto due malandati, rimetti in moto quel corpo dissestato. Forza, paesano: facci godere un po’ anche noi, come han goduto quelli di Cafarnao l’avanti-eri. Loro lo vedono, Lui li guarda; loro lo sentono, Lui li ascolta; loro lo spingono, Lui li tocca. Era Uomo di sfumature, per questo mise subito le cose in chiaro: «Nessun profeta è bene accetto nella sua patria». Come promemoria per una sfida che è solo agli inizi.
Infuriati come delle bestie cui viene tolta l’acqua, i suoi paesani. Disperati al punto tale da aizzarsi vicendevolmente, fin quasi a condursi verso il delitto di omicidio-premeditato sul monte. Da dove giunge questo loro infuriare così tempestoso da diventare smanioso di morte? Dall’attesa di Dio: roba da capottarsi dalle risate, se non fosse stato proprio così. Quell’Uomo, paesano, è colpevole d’aver portato a casa un’immagine di Dio diversa da quella che, in piazza, stavano aspettando tutti. A Nazareth, come a casa mia, dicevano tutti d’aspettare Dio. In realtà, però, erano tutti in attesa della loro immagine-di-Dio. Affacciatosi sulla piazza con il suo Vero volto – con parole di protesta, di stupore, di compimento – Gli han semplicemente detto: “Sta buono, sappiamo tutti di chi sei figlio”. Poteva dirsi Dio colui che, anni prima, maneggiava la pialla, giocherellava sulla piazza coi loro figli, saltava i fossi di primavera inseguendo i medesimi amori di tutti? Follia, anche solo a pensarsi: figurarsi a trovarselo di fronte un giorno, coi rotoli della Scrittura che si tramutavano in storia. Un Dio così umano spaventava, anche se era quello che tutti dicevano d’aspettare, di sognare. D’attendere fin quasi al delirio dei sensi. Giù dal monte, subito!
Lui: come si comporta in faccia ai suoi paesani turbolenti? Da signore, ovviamente: «Si mise in cammino». Mica si ritira dalla scena: prosegue tranquillo altrove, verso altri villaggi. Non fugge, tanto meno va a nascondersi: «Passando in mezzo a loro». Sotto i loro occhi, alla luce del sole, nella piazza di Nazareth. Da quel giorno tanti han smesso di cercare Cristo perché terrorizzati al solo pensiero, un giorno, di poterlo incontrare. Diverso dal Cristo sognato.