L Innominato

La notte dell’Innominato, di Giuda e di Pietro, la notte dei tradimenti. Nelle stanze di un castello, nel Getzemani, nel cortile della casa di Caifa. Luoghi in cui va in scena ciò che l’evangelista Luca nella sua versione della Passione definisce uno “spettacolo”. Tradire, consegnare, mettere in mano al nemico; pugnalare alle spalle la verità di sé. Il peccato dell’umanità. Non saper più scegliere il Bene, consegnare le azioni e i pensieri al Divisore, essere così anestetizzati dal dolore da lasciarsi manipolare e da rifiutare ogni possibilità di riscatto per la propria Salvezza. Non saper tornare indietro, al Centro.
La notte raccontata dal Manzoni è una parabola ascendente di terrore, disperazione, tristezza e tremore: l’incapacità di chiedere perdono per sé annullando anche l’altro. “Posso veder quel viso cambiarsi, le posso anche dire: perdonatemi… Perdonatemi? io domandar perdono? a una donna? io…!” (A. Manzoni)

È questo il baratro in cui ogni uomo rischia di cadere quando si spengono le luci della speranza, del futuro e delle possibilità: la paura che il perdono renda meno uomini. L’umano ogni giorno combatte la battaglia tra le tenebre e la Luce che coabitano dentro di lui, tra l’orgoglio e l’accoglienza di un dono. Quando il male racconta fandonie e prende il sopravvento, inizia la discesa agli inferi. Nulla è più desiderabile, “le memorie intollerabili” (A. Manzoni), è come uno stillicidio lento e inesorabile, una goccia che scava la roccia fino a crearsi varchi sempre più difficili da colmare e da cui tornare indietro. L’uomo antico si assuefa al buio, ne diventa compagno di giochi, “ubbidiente a sentimenti antichi, abituali” (A. Manzoni), per lui vende anche l’anima di un amico. Solo “trenta denari”. Il buio diventa abitudine, un quotidiano trantran che ammazza la creatività dell’Amore. La scelta più audace che ogni cuore è chiamato a compiere é quella di accettare e accogliere l’Amore. Lasciarsi investire e rivestire, risanare e trasformare. L’orgoglio deve abdicare. Uno sguardo salva Pietro. Una sola frase di Lucia dà scacco al cuore dell’Innominato. A Giuda non basta, invece, il boccone dell’intimità e con un ultimo bacio sceglierà la strada del non ritorno.
L’Amore non ci molla, coriaceo fino alla fine, non smette di venirci a cercare fin dentro le nostre tombe, nei nostri sepolcri sigillati da anni. È incontenibile, testardo, ostinato.
Albeggia. La luce si riaffaccia sul mondo senza chiedere il permesso, in modo gentile e silenzioso. Fedele. La notte è il limite del giorno, ma anche l’alba lo è. È proprio in questo limite che può farsi spazio la vittoria della Vita sulla morte. La Vita “aspettava ansiosamente il giorno per correre a liberarla”; Pietro lo sa. Anche l’Innominato nello “scampanare a festa”intuisce il passaggio di Qualcuno che ridona gioia, festa e ritmo al proprio cuore.
Ancora una volta, ad ogni celebrazione eucaristica, lo proclameremo: “dì soltanto una parola e io sarò salvato”. Il buon ladrone ce lo ha mostrato, lui che l’ha rubata in extremis. Alla Grazia occorre un solo guizzo, una sola piccolissima fessura per incunearsi e venirci a stanare.

 Fonte immagine: Blogspot

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