Il piccolo principe e la volpe

«Che cosa vuol dire addomesticare

Era la domanda di un Piccolo Principe arrivato sulla Terra da un pianeta lontano. Fu rivolta ad una volpe, a più riprese, poiché quel bimbo dai capelli color oro aveva sete di risposte che dessero un senso all’esistenza e quindi non lasciava mai una questione insoluta.

Che cosa vuol dire addomesticare?Nell’epoca del tutto e subito, dell’amicizia immediata a portata di clic, della ricerca in una manciata di secondi, la risposta che diede la volpe ci suona quasi antica, obsoleta, ed i riti per creare dei legami qualcosa di sorpassato e fuori moda. È richiesta troppa pazienza, non ne siamo più abituati, soprattutto perché essa non può che essere imparata se non sul campo, con poca teoria e molta, molta pratica. Nessuna scuola specifica che ne insegni le basi, se non la vita stessa con la sua quotidianità.
La Misericordia di Dio detiene il record universale di pazienza.
Sa aspettare i tempi giusti. I suoi, non i nostri, tanto che molto spesso riesce a prendere l’uomo in contropiede e a sorprenderlo con atti di inaudita portata proprio quando l’uomo meno se l’aspetta.
In tanti, troppi, c’è tuttavia la percezione che la pazienza della Misericordia nel tempo dell’attesa sia silenzio inoperoso e quieto, quasi passivo, come quello di un dormiente che aspetta di essere risvegliato dal suo lungo torpore. È durante affermazioni del genere che la volpe sbuca dal suo nascondiglio ed arriccia il lungo naso appuntito in segno di disapprovazione. Impossibile darle torto, se c’è chi giunge a confondere la Misericordia con la Bella Addormentata.

Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice,” sussurrava l’animale al Piccolo Principe.

Il tempo paziente dell’attesa è pregustazione di felicità, è un rivestire il cuore per renderlo più bello per l’appuntamento tanto desiderato, è attività palpitante, festosa ed eccedente perché travalica i confini del tempo.
“… Sempre ci aspetta e ci guarda con tenerezza,” ha pronunciato papa Francesco durante l’Angelus del primo giorno di questo nuovo anno. La Misericordia non smette mai di dare appuntamento all’uomo per poter iniziare il cammino dell’amicizia, dell’alleanza, del perdono.
Ma se essa è in perenne attesa, quanto potrà essere la misura della sua felicità quando l’uomo finalmente s’incammina verso quell’appuntamento tanto anelato?
Quanti passi separavano Mosè dal roveto ardente? La Misericordia li contò uno per uno, trepidando di gioia ad ogni attimo fino a quando non poté rivelare il proprio nome. Quanto lunga la via verso Damasco, quanti ciottoli per la strada? La Misericordia non se ne perse neppure mezzo, e quando in lontananza intravide la sagoma di Saulo esultò di gioia per quell’incontro imminente, mentre nell’abbraccio della rivelazione il cuore del persecutore mutava per sempre per far nascere un uomo nuovo, l’apostolo delle genti.
E ancora, quanto lunghe le ore di attesa, con lo sguardo fisso a scrutare l’orizzonte, per quel padre misericordioso che non trovava pace nel figlio perduto? Eppure quella pazienza fu premiata e l’esultanza di quel genitore iniziò non appena da lontano comparve il giovane. La corsa che egli fece fu per abbreviare l’attesa di riabbracciarlo, fu dettata dal desiderio di poter continuare ad amarlo.
La Misericordia è la felicità di Dio che non aspetta altro che di potersi riversare su di noi, come un abbraccio avvolgente. Ha atteso con pazienza che per Mosè e Saulo giungesse il tempo opportuno, ma ha anche saputo attendere Matteo, l’esattore delle tasse, e per Zaccheo ha cercato tra i rami di un sicomoro.

Non si vede bene che col cuore”, fu il segreto della volpe, un tesoro racchiuso nel suo saluto d’addio.

Associare questa figura letteraria alla Misericordia. Un volo pindarico, il mio. Un volo che probabilmente alcuni vorrebbero destinato a fare la medesima fine di Icaro, precipitato per aver troppo osato.
Un volo azzardato, forse, ma non così troppo in realtà.

Allora Gesù, fissatolo, lo amò.” (Mc 10, 21)

Siamo guardati da Dio con gli occhi del cuore. Un cuore che sa non fermarsi alle apparenze, ma sa guardare oltre e vedere altro, perché è il cuore della Misericordia.
Una misericordia in instancabile attesa del suo incontro con noi, vigile e palpitante, a cui basta anche solo scorgere da lontano un nostro passo per correrci incontro e colmare ogni distanza.
Una Misericordia per la quale sono sempre le tre del pomeriggio.

Vicentina, classe 1979, piedi ben piantati per terra e testa sempre tra le nuvole. È una razionale sognatrice, una inguaribile ottimista ed una spietata realista. Filosofa per passione, biblista per spirito d’avventura, insegnante per vocazione e professione. Giunta alla fine del liceo classico gli studi universitari le si pongono davanti con un bel dilemma: scegliere filosofia o teologia? La valutazione è ardua, s’incammina lungo la via degli studi filosofici ma la passione per la teologia e la Sacra Scrittura continua ad ardere nel petto e non vuole sopirsi per niente al mondo. Così, fatto trenta, facciamo trentuno! e per il Magistero in Scienze Religiose sfida le nebbie padane delle lezioni serali: nulla pesa, quel sentiero le sembra il paese dei balocchi e la realizzazione di un sogno nel cassetto. Il traguardo, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere raggiunto, perché nel frattempo la città eterna ha levato il suo richiamo, simile a quello delle sirene di omerica memoria. Che fare, seguire l’esempio di Ulisse e navigare in sicurezza o mollare gli ormeggi e veleggiare verso un futuro incerto? L’invito del Maestro a prendere il largo è troppo forte e troppo bello per essere inascoltato, così fa fagotto e parte allo sbaraglio, una scommessa che poteva sembrare già persa in partenza. Nei primi mesi di permanenza nella capitale il Pontificio Istituto Biblico sembra occhieggiarla burbero, severo nei suoi ritmi di studio pazzo e disperatissimo. Ci sono stati scogli improvvisi, tempeste ciclopiche, tentazioni di cambiare rotta per ritornare alla sicurezza del suolo natio. Ma la bilancia della vita le ha riservato sull’altro piatto, quello più pesante, una strada costruita passo dopo passo ed un lavoro come insegnante di religione nella diocesi di Roma. L’approdo, più che un porto sicuro, le piace interpretarlo come un nuovo trampolino di lancio, perché ama pensare che è sempre tempo per imparare cose nuove.

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