Non c’è altro appellativo più azzeccato per Dio se non quello di Amore e Misericordia. Essi sono gli argini, sempre straripanti, entro i quali scorre la vita dell’umanità. In queste due parole si snoda tutto il mistero di Dio, dalla Creazione fino ad oggi, fino ad ora, fino a qui, fino a noi. Unmistero che coinvolge e sconvolge, che disarma e che ri-arma, che ri-anima e fa perdere i sensi. Davanti all’amore del Padre ci si sente inebetiti. Perchè è evocazione dell’origine, del grembo, della patria, della casa, del focolare. Del cuore, a cui rimettere ciò che siamo. Di un volto, a cui guardare senza timore. Di una Parola, che dai tempi dell’esodo del popolo di Israele, continua ancora ad essere manna nei nostri deserti (cfr. Dt 8, 3). Di una luce, che dal giorno della Creazione continua a diffondersi dovunque.
Per diventare ordito tra le trame d’Amore del Padre ci è richiesto un salto indietro di milioni di secoli, una manciata di pagine da sfogliare all’indietro nel libro della Sacra Scrittura. Bisognerà ripercorrere all’indietro la storia della salvezza, e sedersi all’ombra di un albero, il solo testimone di Satana e del peccato che, entrato nel mondo da una crepa come infiltrazione di invidia e di superbia e reiterato nei secoli, si avvale tutt’oggi della definizione di ‘originale’: «La morte d’un essere decaduto non distrugge il germe della decadenza. E i figli della sua carne sono pure i figli della sua cupidigia destinati a trasmettere l’orrenda fiaccola a ciò che da loro uscirà»(F. Mauriac).
Dopo aver disobbedito, Adamo ed Eva si accorsero di essere nudi e decisero di coprirsi facendosi cinture con delle foglie di fico intrecciate. I progenitori del genere umano s’accorsero subito d’aver fallito facendo esperienza immediata della loro miseria e trovando la sua massima incisività nella loro nudità, –s’accorsero d’essere nudi. Di quella nudità che mostra come realmente si è: si aprirono gli occhi di tutti e due (cfr. Gen 3, 1-7). Per la prima volta nella storia della salvezza, il genere umano fa i conti con quella nudità che genera vergogna. Si, il peccato genera vergogna perchè fa vedere come al microscopio la miseria in cui si è caduti, la condizione è quella di chi prende infallibilmente atto che l’uomo è un essere dotato di intelligenza, ma che spesso la usa male; che è dotato di volontà, ma che il peccato la indebolisce; che è un essere illimitatamente limitato. Il genere umano davanti ai propri limiti non si svela, si cela… Bastava davvero celarsi dietro a cinture intrecciate alla meno peggio, per nascondere ciò che si poteva? E’ come se invece che aspirare la polvere si fa il mucchietto e lo si nasconde sotto al tappeto, e s’illudono gli ospiti di avere una casa luccicante. E’ l’apparente sollievo contrapposto alla “pena di un Dio donna-di-casa che ha perso una moneta, che accende la lampada e si mette a spazzare dappertutto e troverà il più piccolo frammento d’oro, lo scoverà sotto la polvere raccolta dagli angoli più oscuri della casa” (E. Ronchi). Ad un peccato così originale, dunque, la controproposta non poteva che ‘peccare’ di altrettanta originalità: dal cielo tuona la domanda “Dove sei? Attenzione!! Non “Cosa hai fatto? Perchè l’hai fatto? Come ti sei permesso, pezzo di ingrato? e giù di moralismi vuoti e indisponenti…”
“Dove sei?”– la domanda esplode in un contesto paradisiaco che lascia intravedere la profonda serenità d’animo dell’interlocutore. Nel giardino, mentre passeggiava, alla brezza del giorno, un’immagine che comunica pace: Dio si alza, scende a passeggiare nel giardino, e non per prendere l’aria mesta delle prime mattinate nè per cominciare la giornata con un pò di salutare footing. Va nel giardino alla ricerca della sua creatura. Tu ti aspetti che vada lì per regolare i conti con lei, per fargli la Paternale (alla fine Lui davvero potrebbe permetterselo!!), per infliggergli qualche severa punizione e invece che fa? Gli regala un giubbotto di pelle nuovo (cfr. Gen 3, 21)! Di quelli morbidi, che fanno odore di nuovo, che quando lo indossi ti senti improvvisamente ganzo. Quel giubbotto che hai sempre guardato in vetrina e che forse non potevi permetterti. Il Dio che è Padre, si fa madre e ti accompagna a far shopping: tu sei lì, con i capelli arruffati, la barba incolta, con i vestiti strappati, col cuore che ti fa male. Lui arriva e copre la tua desolazione: «Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta. Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l’età dell’amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te e divenisti mia. Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio; ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta; ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo» (cfr. Ez 16, 6-9).
Eccolo qui, il Padre che non cambia, il Dio fedele, che come tutti i padri affidabili mantiene ciò che promette. Un Padre che non ti schernisce, un Padre che ha pietà della tua nudità e la copre, un Padre che ti mette addosso un giubbotto nuovo. Un Padre che ti ridona una nuova dignità: la dignità di essere figlio, di essere Suo figlio. Lo stesso Padre che alle prediche lunghe e vuote preferisce la festa, il vitello grasso, il bagnoschiuma più profumato che esista e l’anello al dito. Solo una cosa è cambiata: all’inizio della Creazione è sceso in giardino passeggiando; avendo mandato Gesù nel mondo, il Suo Amore è diventato più smisurato. Adesso, quando ti vede, Lui ti corre incontro!