“Ho l’impressione che il cristianesimo ufficiale si sia già lasciato alle spalle la propria fine effettiva, ma che non se ne sia accorto. La Chiesa come istituto morale e come organizzazione sociale è qualcosa che merita rispetto e sostegno, forse perfino una quota delle tasse, ma non è che ne sia rimasto molto di più. Non è poi un caso se le chiese oggi sono vuote; chi è più in grado di capire le prediche, i testi biblici e i canti? E anche se li si capisse, a che cosa servirebbe nel mondo moderno? In verità le chiese non hanno più nulla da dire che non potrebbe essere detto anche se esse non esistessero; non hanno più nulla di specificicatamente cristiano da dire. Il cristianesimo ha dato anche un’impronta positiva alla nostra cultura, questo è vero, anche se il suo bilancio generale risulta nel complesso disastroso; le sue forze in grado di produrre un effetto positivo si sono da tempo esautire o si sono trasformate nelle energie di un umanesimo profano (…) E’ soltanto con la propria scomparsa che la maledizione del cristianesimo potrebbe volgersi in benedizione”.
(H. Schnadelbach, “Le colpe del cristianesimo” in Rivista di filosofia 91(2000)387-411)