Una scia fugace a lisciare
lo sguardo, il boato festoso della gente assiepata ai bordi delle strade, il
silenzio devoto al passaggio della maglia rosa. E poi le gocce di sudore, le
borracce gettate che diventano cimeli da conquistare, la firma da strappare all’amato
campione. Semplice bellezza e antichi ricordi al cuore del Giro d’Italia. Se ne
innamora il bambino, lo segue il papà, lo ricorda con struggente nostalgia il
nonno malconcio. Occasione bella per rinfrescare la passione per lo sport.
Per la fatica. Per la
conquista.
Ma chi è il ciclista? In
sella alla mia bici, saltellando tra i pendii dell’Altopiano, avvertii da
bambino la forza naturale, semplice, spontanea di un amore che diventa passione e che, acceso dalla
passione, diventa emblema della vita. Un bellissimo, straordinario gesto fisico.
Capita tutto all’improvviso, di primo mattino: un germoglio di poesia che s’insinua
nell’animo e ti dice che senza bicicletta non è poi così bello vivere. E tu,
bambino vivace e scomposto, sali in sella al tuo destriero e ti batti con tutte
le tue forze: la grinta, la passione, l’astuzia. La caparbietà, il coraggio, l’audacia. Di
notte la bici sta poggiata al letto: t’affascina l’odore acre dei copertoncini
che hanno lottato sull’asfalto, il profumo della catena appena oliata, l’odore
di vernice che allaga l’aria. E’ la dama che t’accompagna nei viaggi notturni. Dormi,
inventi e parti. Ma parti perché hai sognato! E i sogni t’aiutano a spostare l’appuntamento
con la sconfitta. Anche Dio ci consegna dei sogni. E questo è il suo metodo
inconfondibile per tenerci svegli, sull’uscio di casa, con i sandali ai piedi e
le cinture ai fianchi. Perché non ci addormentiamo. Perché non ci scoraggiamo. Parti
con un sogno in tasca e t’addentri lungo la stradina che costeggia l’Astico,
che s’inerpica sullo sterrato fino a lambire la freschezza di una fontana. Immerso
nel sacrario di una natura che sembra svegliarsi dolcemente al tuo passaggio. Sembri
un cercatore d’oro, un insoddisfatto alla caccia della fortuna, pioniere di un’avventura
che assomiglia troppo alla vita per non emozionarti.
Nel
silenzio delle montagne, danzando sulla bici, ho avvertito la voce allenatrice di Dio. M’innamorai di quel tracciato
"da capogiro" tutto divino e lo scelsi come mister. Non dimenticando l’incrocio
che divenne teatro del nostro amore: il telaio di una bici. Che da quel giorno
divenne reliquia.
Perchè
lungo le salite il fisico è al limite.
E l’anima
cerca l’essenziale!