Esagerazioni che, da sole, rendono pazzo il cuore. Pare proprio che, senza esagerazione, nel Vangelo, non possa esserci gioia: neppure amore. Eccola qui l’ultima: non è sufficiente dire che Dio ha amato il mondo – il che, a pensarci per più di due secondi, sarebbe già annuncio di compagnia – ma si vuol cercare di quantificarlo, segnarne il bordo. Eccolo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito». Dove l’inaudito abita nell’aggettivo più che nel verbo: tanto. È misura-indefinita, complemento di abbondanza, aggettivo di generosità. Misura mai apparsa prima d’allora: tanto misura quanto il Corpo dell’Uomo Crocifisso, è prezzo d’amore, il legno della Croce. Voler misurare l’amore, insomma, è dover contemplare in ginocchio l’immensità della Croce: tantissimo, pare quasi-troppo, senza-misura, vicino all’impossibile. Eppure questo è-stato: l’Uomo che aveva il sogno d’innalzare l’uomo s’è fatto misura di quanto è diventato grande l’amore. La misura dell’amore è amare-senza-misura. L’altezza dell’amore è la Croce.
L’Iddio aveva un Figlio: uno solo, l’unico, il primogenito. Non ne aveva uno di scorta. Se l’è giocato, nel nome dell’amore, per dare una forma alla sua follia: che, bando alle smargiassate di Satana, non è quella d’ingelosirsi per la felicità dell’uomo ma d’essere Lui stesso cagione di felicità. Satana è un millantatore, il Dio di Adamo è apprensione «perché chiunque crede in lui non vada perduto». Siccome ha un solo Figlio, decide di giocarsi il tutto-per-tutto: metter una misura all’amore sarebbe come giocare al ribasso, mostrare di non crederci così tanto, tenersi un’alternativa qualora l’avventura fallisca. Amare-da-Dio è non avere un’uscita di sicurezza, un piano-b: si vince, si perde. Tra salvezza e dannazione non ci sarà mai una terza-opzione: con Lui, contro Lui. L’eternità, qualunque sia la rotta: dannazione-completa, salvezza-totale. Esattamente per questo «Dio ha mandato il Figlio nel mondo». “Nel” è preposizione, segnaletica, annuncio di traiettoria: “dentro alla baraonda, in mezzo al baillame della storia. A fondersi, confondersi, sfigurarsi per dipingere”. Il contrario è fuori, anche “nelle vicinanze, tanto-vicino”. Annunciare Dio-nel-mondo era quasi bestemmia, sbeffeggiare la divinità del Cielo: dopo-Cristo è rimasto annunciazione dell’indicibile vicinanza, di scandalosa fiducia. Dio-in-me, io-in-Dio: se non è follia, poco ci manca.
Nicodemo è un fariseo: è prevenuto nei confronti dell’Eterno, ragiona per frasi-fatte, fiuta una percentuale di superstizione in quell’Amore bambino. Teme ci sia una truffa nascosta: decide d’andare appresso. Gli fa domande: mica è facile credere nell’immediato all’assurdo del Maestro – entrare, una seconda volta, nel grembo della madre -, all’esagerazione divina. Gesù, però, dimostra apprezzamento per quella voglia matta di conoscerlo, d’andare da Lui in piena-notte, di verificare la sua opinione: gli spiega bene le cose, gliele ripete quando serve. È il punto-assurdo, la vertigine: tanto-amato. È misura di gravidanza: «Il potere di ingravidare, segnare un corpo, metterci dentro il tuo nome e te stesso, generare qualcuno che ti deve continuare. Roba reazionaria, stupida, primitiva» (S. Avallone). Roba-da-Dio. Il mistero della Trinità è qui. Indossa i nomi comuni della vita quotidiana, che sono i nomi-propri dell’affetto: il padre, il figlio, l’amore. Accenna alla premura, al prendersi-cura, alla volontà feroce che nulla vada perduto di tutto ciò che esiste. Nessun cenno di condanna, della minaccia non è traccia alcuna, men che meno di gelosia: l’unica gelosia che l’Eterno conosce è l’essere geloso del suo amare il mondo fino-alla-fine. La ragione dell’impazzire di Satana: perdere per vincere, servire per regnare, abbassarsi per innalzarsi, il meno per costruire il più. Satana non l’accetta: lui, bastardo, all’uomo toglie per ingrassarsi. Dio, bellissimo, all’uomo toglie per aumentare.
Resta «quello che nessuno ti dice, cioè che devi morire. C’è un momento che lo devi fare, se vuoi dare la vita a un’altra persona» (S. Avallone, Da dove la vita è perfetta). La croce è annuncio della gravidanza di Dio. Tanto-amore.
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio» (Giovanni, 3,16-18)
Avviso parrocchiale
Vi aspetto, per chi vorrà, sabato alle 17.30 su RaiUno con Le ragioni della speranza.
In questa quinta puntata commenteremo il Vangelo della domenica facendoci compagni di viaggio di un gruppo di ragazzi che hanno scelto, da bambini, di percorrere l’avventura del seminario minore: la stessa che ho percorso anch’io, dai dieci ai diciotto anni. Sono storie di chiamate-in-corso, di risposte in fase di scrittura.
Sono ritornato nel mio seminario vent’anni dopo, da sacerdote. E’ stata un’emozione.