L’orario di rientro serale rispettato, le performance scolastiche analizzate e dibattute, la sacra cultura cristiana dell’Occidente affissa, l’educazione sessuale impetrata sin da infanti. Eppure sono colpevoli: 450 mila euro di risarcimento danni. La motivazione del Tribunale Civile di Milano è tagliente: mancata “educazione dei sentimenti e delle emozioni”. Comprovata da quelle timide emozioni messe in gioco dagli aguzzini durante l’interrogatorio. Nell’anno 2010 si torna a parlare di cuore, sentimenti ed emozioni laddove fino a prima della sentenza si misurava l’altezza di una società dal grado di razionalità applicata. D’altronde tra la dimostrazione esatta del teorema di Pitagora e l’apprendimento di un alfabeto delle emozioni, la nostra cultura ha preferito il primo, fino a coniare l’espressione gestire le emozioni: un problema da dominare piuttosto che una risorsa da accompagnare a pienezza.
Eppure dietro ogni emozione c’è una voce che parla, una traccia di sentiero. Ci sono emozioni delicate quali la gioia, la tenerezza, la speranza, lo scoraggiamento: s’annidano negli sguardi e nelle increspature del volto. Anche se il corpo non dà loro risonanza, l’immagine viene registrata nel cuore. E poi ci sono emozioni di cui il corpo si fa paladino: la tristezza, l’angoscia, la disperazione, la noia, la desolazione, l’aggressività. T’imbatti negli sguardi accesi, torturati, afflitti. E questa sarebbe per noi una bella possibilità: dal volto poter risalire all’intensità di un’emozione e, analizzandola, aiutare un ragazzo ad ordinare il suo cuore. A chi studia e s’appassiona delle adolescenze estreme o difficili sorprende e interroga che molti giovani manifestino il desiderio d’esser teneri mentre sfoggiano aggressività e depressione. O, al contrario, che si candidino al ministero della giustizia e nello stesso tempo imbastiscano menzogne colossali. Ma pochi trovano il coraggio di scorgere dietro all’apparente eroismo quel germoglio di nostalgia che s’affaccia tra le increspature di occhi giovani, distratti e apparentemente insensibili. Occhi che hanno visto tutto, mani che trattengono persino il superfluo, corpi che annidano fasti spropositati, menti dai pensieri fugaci e fuggitivi. C’è tutto, eppure un velo di nostalgia li tradisce, mostrando quasi che manca loro qualcosa: una domanda, una risposta, un dubbio, un desiderio da appagare. Sembra quasi l’esperienza del santo Agostino quando, sul calare di una vita dissoluta e dall’esito amaro, scoprì che il cuore era simile a quello di un fuggiasco: un cuore inquieto. Da lì s’accese quel senso di nostalgia che lo riaccompagnò verso la casa abbandonata.
Stavolta è stata una violenza sessuale perpetrata ad una coetanea. Mesi fa un clochard fu vittima di un rogo ideato – parole dei ragazzi nell’interrogatorio – per “fare un gesto eclatante, provare una forte emozione per finire la serata”. Emozioni che, una volta smarrite o non accese, hanno prodotto l’incapacità d’amicizia, l’acidità nelle relazioni, la distorsione degli affetti, la ferita dell’immaginazione, l’immiserimento della vita stessa. Come dire: dal supermarket alla pattumiera il viaggio di un’emozione dev’essere uguale a tutto il resto oggi: il più breve possibile. Fino a ieri funzionava: in questi giorni qualcuno l’ha pagata salata.
Merito di un Tribunale da Nobel per la Giovinezza.