Vedere sfiatare la vecchia damigiana che stava nella cantina è una delle immagini più belle che mi è rimasta impressa dai tempi della mia infanzia: non è forse vero che gli otri e le botti di vino scoppiano se non si apre di tanto in tanto lo sfiatatoio? Forse anche l’uomo ha bisogno ogni tanto d’essere sfiatato: è questa la ragione per cui – nel mezzo di un discorso, di una prolusione o di una discussione – ogni tanto si predilige l’inserimento di una battuta, di uno slogan, di un qualcosa che alleggerisca la pesantezza del discorso per rilanciarne l’attenzione. Un’astuzia retorica bella, rischia di divenire però una pesantezza diabolica nel momento in cui la battuta non è più l’eccezione ma la regola della sintassi. In quel momento un’informazione (che come dice il termine stesso avrebbe il compito di tenere in-forma) rischia di diventare un’occasione di disinformazione. Perchè quando si tende a ridurre il tutto ad una battuta oppure a cercare il titolo o la frase ad effetto per catturare l’attenzione è alto il rischio di appiattire il livello della discussione col vantaggio di strappare un applauso provvisorio. Del resto è cosa risaputa che con l’imbecille – figura per antonomasia nell’abuso della battuta – è una partita persa in partenza quella di dialogare perchè prima ti porta al suo livello e poi ti batte per esperienza.
Il clima generale di questi mesi ben s’addice a questa considerazione perchè da più parti è in atto un imbarbarimento dell’informazione che tutto produce eccetto una libera circolazione del pensiero. La dis-affezione del popolo giovane ad un certo modo di fare politica, di essere chiesa e di abitare nelle strade della gente è causata da un modo di ragionare per slogan che non accende più la curiosità e l’interesse verso i grandi dibattiti. L’occasione, ad esempio, di poter celebrare come popolo nazionale i 150 anni della nostra splendida nazione si sta rivelando l’emblema più sintomatico di questa situazione: frasi che incitano al secessionismo, sagome di personaggi storici bruciate, rivalità su bandiere esposte o meno all’inaugurazione di un Anno Accademico non sono altro che l’applicazione concreta di quanto s’è detto in precedenza: un’informazione che ha scelto di sposare la battuta continua a scapito di una frase composta dal soggetto, dal verbo e dal complemento oggetto. Questo può procurare un solletico momentaneo, ma anche il popolo goliardico ad un certo punto avverte l’incapacità della battuta di creare cultura.
Quando il politico si confonde con il comico e il comico si confonde facilmente con il politico (e cambiate pure il primo termine senza che ne venga intaccato minimamente il senso) significa che il corto circuito è già iniziato: la gente vivrà in un disorientamento generale e non saprà più valutare quando un’affermazione crea cultura o quando un’informazione crea dipendenza.
Da tante parti s’è scelto di sposare questo stile: il ridere di un popolo è quello che un dittatore cerca. Senz’accorgersi che dietro quel riso è forse iniziata l’elaborazione di una contro-mossa di pensiero inaspettata: la storia di Muhammar Gheddafi insegna. Forse anche per questo mercoledì inizia la Quaresima: per aiutarci a digiunare di parole stupide, di affermazioni datate e di vecchi slogan che non hanno più la capacità di attecchire nel cuore della gente. Perchè non è la differenza tra scuola pubblica e scuola privata la responsabile di un certo infossamento dei grandi ideali. Ma l’incapacità di riconoscere in un leader – a qualunque istituzione appartenga – la forza di un messaggio in grado di andare oltre l’ilarità triviale di un momento. Una bocca cucita e pensante potrebbe essere il regalo più bello per Donna Italia che fra poco compie centocinquant’anni ed è sempre più bella. Nonostante tanti.