Tutti i santi. Ma proprio tutti. Di tutte le epoche, di tutte le età, di tutte le etnie, di tutte le professioni e gli stati. Ci sono i discepoli, gli apostoli, i martiri, sacerdoti, vescovi, monaci e monache, religiose e religiosi, fondatori di ordini, di istituzioni e di fondazioni, politici, governanti, re e regine, mamme e papà, fratelli e sorelle. Tutti i santi; proprio tutti. Anche quelli di cui ignoriamo l’esistenza. C’è spazio per tutti, nella solennità di Ognissanti!
Difficile pensare una festa più complessa e articolata che, condensando in sé – in un certo senso – l’intera dottrina cristiana, non può che indurci a riflettere, pensare, specchiarci in questi volti di uomini e di donne, che ci hanno preceduti, raggiungendo la gloria beata.
Basta pensare allo sguardo del bambino, appena nato, appoggiato sul petto di sua madre. La contempla, con sguardo adorante. Per lui, è come se il tempo si fermasse. Potrebbe rimanere lì all’infinito. Occhi negli occhi con quella creatura, che l’ha tenuto in grembo nove mesi e messo al mondo… ma non è noioso? È la domanda topica che arriva, di fronte alla contemplazione della gloria divina. Credo che pensare a quest’immagine possa rendere l’idea. Perché, per lui, no.
Lo stesso, dicasi per i santi. Sono felici (beati) perché guardano Dio. Ciò a cui hanno anelato in vita e che, ciascuno a proprio modo, secondo il proprio carisma ed il proprio stato di vita, hanno cercato di rendere presente, è lì, innanzi a loro. Vivo e glorioso. Più vicino che mai. Non è meraviglioso?
Questa è la Chiesa, Corpo Mistico di viventi in questo mondo e viventi in Cristo, che si riunisce, ogni volta, intorno all’Eucaristia del Corpo Sacramentato, in misteriosa comunione, che vede unirsi misticamente la Terra e il Cielo, anticipazione della sempiterna Comunione che ci attende.
Tra i tanti santi, vi è anche la schiera, sempre più folta dei martiri. Per anni, ci siamo illusi che si trattasse di archeologia. La distanza geografica con le aree interessate da persecuzione ci ha sostanzialmente – fatto disinteressare delle vicende dei nostri confratelli, che soffrono la privazione della libertà e della vita, in tante parti del mondo.
Negli ultimi giorni, l’escalation di violenza che ha per teatro la Francia di Macron dovrebbe farci svegliare…
«Dite ai miei figli che li amo» queste le ultime parole dette da una delle tre vittime, accoltellate a Nizza. Perché quando la vita scivola via per una mano assassina, il cuore non riesce a far spazio all’odio, si scioglie nella dolcezza di un’attenzione d’amore, di far sentire amati chi amiamo.
Si tratta di Simone Barreto Silva. Era madre di 3 figli, ha 44 anni e, al momento dell’accaduto, si trovava in chiesa per pregare, prima di recarsi al lavoro. Una come tante. Una che, senza proclami, spandeva amore come luce intorno a sé, cercando di educare i propri figli, guadagnandosi da vivere con il proprio lavoro: svolgeva la badante per gli anziani, pur avendo studiato come cuoca, come testimoniando le tante foto di dolci, su Facebook; era allegra, solare e sognava di girare il mondo con un chiosco ambulante. Era di origine brasiliana, emigrata in giovanissima età (nel 1995) in Francia e aveva costruito la propria famiglia. È proprio in chiesa, nella chiesa di Notre-Dame a Nizza (sì, Oltralpe, molte chiese hanno il medesimo nome della più famosa cattedrale di Parigi) che l’autore del gesto scellerato l’ha colta, l’ha colpita. Ha avuto sufficiente prontezza per fuggire, cercando rifugio in un vicino bar. Non è stato abbastanza, però, per sopravvivere alla furia omicida: anche lei, come le altre due vittime, è spirata poco dopo, in conseguenza delle ferite riportate.
Con lei, sono morti anche Vincent (54 anni, due figli, sacrestano della chiesa) e una donna di 60 anni.
Quante persone, resesi protagoniste di azioni nefande si sono ritrovate in prima pagina, intervistate in tutti i talk show?
È giusto, è doveroso, forse, persino necessario dare un nome ed un volto a questa donna. Illuminare il Bene, quando l’attualità ce lo pone innanzi, a far da contraltare al male subito.
Non possono che squarciare come un fulmine il cielo, durante un cupo temporale, le parole che ci lascia, come un testamento. Chi può dire di essere pronto a dare la propria vita come Cristo, «come agnello condotto al macello»? Chi può assicurare che la propria reazione lasci trasparire pace e mitezza e non rabbia e frustrazione? Probabilmente, nessuno. È difficile poter affermare una cosa simile, senza trovarsi nel mezzo, coinvolti completamente, senz’alcuna possibilità di sfuggirvi.
A lei è successo. È riuscita ad allontanarsi, con la forza della disperazione, sperando di poter tornare dai propri bambini. Quando il sangue ormai scorreva ed anche lei ha compreso inevitabilmente che, con esso, anche la propria vita fluiva via, è stato naturale, forse inevitabile, pensare ai propri figli. Chissà, magari ha avuto persino qualche rimpianto, di non aver detto loro con sufficiente ardore, comprensione, gratuità il bene che l’ha legata a loro e che, in quegli ultimi momenti prima di chiudere gli occhi su questo mondo, illuminava, con straordinaria chiarezza quanto siano stati importanti e preziosi, per lei.
Ecco quindi sgorgare da quella gola, nelle sue ultime parole, amore a piene mani, per loro, per i suoi figli per fugare i loro dubbi, per farli sentire voluti e amati, proprio mentre il suo pensiero, sicuramente, stava andando al dolore immenso (il più grande, per qualunque figlio) che avrebbe colto quei piccoli uomini in così giovane età, così sguarniti di strumenti per affrontarlo.
Quando il Maligno ci mostra il suo ghigno più oscuro, è difficile non restarne sgomenti e turbati. Eppure, Dio non dimentica i propri figli.
Ci lascia un barlume di speranza, con la preghiera di tenerla accesa, per le generazioni future. Ci pone innanzi agli occhi Simone, martire dei nostri tempi, proprio pochi giorni prima della festa di Ognissanti, quando la liturgia ci invita a guardare “coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14).
Pace alle vittime, ma, soprattutto, alle loro famiglie: che l’odio e il risentimento non prendano possesso del loro cuore, ma che possano trovare conforto al loro immenso dolore nella consolazione della Vergine e dei loro cari.
Pace all’attentatore: l’augurio è che il bene che gli ha fatto in visita, anche in punto di morte (è stato soccorso, dopo averlo reso inoffensivo) possa averlo accompagnato. Perché non c’è cuore di cui Cristo non brami l’amore, dal momento in cui, nel Getsemani, sudando sangue, si rimise alla volontà del Padre Suo Onnipotente.
Fonte immagine: Jutarnji.hr
Fonti:
Corriere della Sera
Metro (UK)
Aleteia
In Terris
Vedi anche: pellegrinidell’infinito, articolo di Alberto Trevellin
Rif: letture festive ambrosiane, nella Solennità di Ognissanti