smsDi notte la strada lo allettava, allattava: era la sua compagna, anche la sua compagnia. Di notte le strade sono tutte attraenti, la notte tutte le ragazze sono belle. La strada con le sue sirene colorate  addosso: la droga, l’alcool, quel limite da sfidare sempre, a tutti i costi. Costi quel che costi. Poi, fatale, l’abisso: benvenuto all’inferno! Intere notti pedinato dalla Polizia, dosi di cocaina da smerciare al prezzo migliore, urla a squarciagola quando il superfluo inizia a mancare. Una vita d’inferno: la sua, quella di chi gli sta accanto: annate a girare come trottole tra i gironi danteschi di una vita dedicata a tutto, eccetto che a se stesso. Non-amarsi, molto spesso, è la prima forma di condanna. Un giorno, per un rocambolesco gioco d’intrecci, le nostre strade s’incrociano. Lui da una parte, io dall’altra: in mezzo l’inferno, che non ha solamente un nome. “Nome-plurale” è il suo soprannome. Addosso tiene lo sguardo penetrante di chi ha fiuto in grandi quantità, la strada gli ha scavato i lineamenti, le droghe hanno fatto il resto. Se vuoi, ci sono. Punto: le altre parole sarebbero state in-più. Se n’è andato per i fatti-suoi. Quando tornerà – perché si torna sempre all’amore – dirà alla mano tesa. Il viaggio all’inferno continua.
Assieme, però: entrambi – in realtà siamo un esercito intero – a sfondare le scarpe nel pantano, a respirare l’aria rarefatta della comunità, a rimettere in gioco pagine-e-pagine pur di veder splendere il sole. Lui, di suo, ci mette il suo: la volontà, quasi sempre all’opera. Con lui, all’inferno. Quand’è abbattuto, però, nessuna consolazione di rito: tentiamo di mostrargli, come riusciamo, ch’è molto meglio stare in piedi che seduti. A volte ci riusciamo, a volte verrebbe pure a noi di sederci: non lo facciamo, anche se nessuno ha mai capito perché. D’allora, sono passate intere stagioni: primavera, estate, autunno, inverno. Moltiplicate per x: il risultato sono anni di vita, occhiaie appesantite, lacrime di madre, grida mute di padre, sguardi d’amore, di rivalsa. Tutt’intorno, la vita di chi vorrebbe che dall’inferno nessuno risalisse: un uomo all’inferno genera un bacino d’interessi che pochi accettano di svuotare. Meglio screditare il Paradiso, dunque: minacce, scritte ingiuriose, fraintendimenti, fandonie. E’ così che gira l’inferno-degli-uomini. Non la vita, comunque: «L’illuminazione si nasconde nei fatti più minuscoli e può sopraggiungere in qualsiasi momento e per qualunque circostanza» (P. d’Ors). Basta un solo istante per perdersi, basta un solo attimo per risorgere: coglierlo è salvarsi, perderlo è dannarsi. Bestemmiare la vita.
Al compleanno della sua mamma, mancava da anni. Ecco perché, appena arrivato, ci siamo guardati tutti: felici, anche spaesati, titubanti. All’attimo dolce del dolce, si scartano i regali: ognuno ha portato un pensiero per quella donna che, a ciascuno, faceva da santa-protettrice. Regali belli, anche costosi: l’amore di una madre non ha prezzo, si prova solamente a pareggiarlo. Lui non ha nulla con sé: l’abbiamo forse messo a disagio?, ci chiediamo con lo sguardo. Quando tutti hanno finito, lui si alza. Prende da sotto il tavolo un fiocco, se lo lega sulla testa, s’avvicina alla mamma: gli sguardi sono tutti là. Abbracciandola, sferra una mossa d’agguato: “Belli questi regali, mamma. Però sono io il tuo regalo più bello”. Era tornato il figlio ch’era stato, che tutti sognavamo, il fratello-perduto: il regalo inatteso di centinaia di notti passate-in-bianco ad aspettare un colpo di telefono, terrorizzati che arrivasse un colpo di telefono. Era tornato, punto.
L’altra mattina, prima che sorgesse l’alba, sono passato vicino a casa sua. Ho visto la macchina parcheggiata, ho intravisto la luce dell’officina accesa, ho scorto un uomo con la sua tuta da lavoro addosso. In piena notte, fischiettava. Dopo le Lodi mattutine, gli mando un sms: «Basta lavorare anche il sabato. Non è vita. Un abbraccio forte, amico mio». Mi risponde: «Ho iniziato alle 4.30 stamattina». «Sei un genio» scrivo. La sua replica è un capolavoro d’onestà: «Un paio d’anni fa a quell’ora andavo a casa». Punto, tutti a capo. Perché quello che il fiume chiama caduta, la natura la chiama cascata: uno spettacolo da prima-serata.

Buona settimana!


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