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Una sola Chiesa, ma milioni di piccole chiese locali, diffuse capillarmente in ogni luogo, d’Italia e del mondo. A testimoniare l’instancabile Presenza di Cristo che cammina nel mondo, con la Chiesa Universale, verso i nuovi traguardi e le nuove sfide che questi tempi ci propongono. Solo sul territorio italiano, migliaia sono le costruzioni che fanno capolino nelle grandi città, che si inerpicano nei terreni montuosi delle piccole frazioni, che resistono all’incuria e all’incuranza, tenaci testimoni di quella fede che ha attraversato il suolo italico e l’intera Europa, con pellegrinaggi pericolosi e avventurosi, effettuati con mezzi ben diversi da quelli oggi a nostra disposizione.

 

La chiesa, come luogo sacro, predisposto per l’incontro con Dio. Come Casa‑di‑Dio. E come le case degli uomini, diventava, in una volta sola, luogo di riparo, rifugio sicuro, asilo politico, ma anche sede degli affetti. Eppure, proprio la Sacra Famiglia per prima si è ritrovata priva di questo fondamentale – e auspicabile – punto di riferimento, desiderato da ogni nucleo familiare che calchi questa terra. Il Figlio dell’uomo non aveva dove posare il capo, esposto agli eventi e agli agenti atmosferici.

Certo, la casa di Dio prescrive rispetto a chi la abita e a chi la visita. Non vedo problemi, anzi considero legittima la richiesta di avere abiti decorosi, quando si visita una chiesa. E penso che questo possa essere compreso anche da chi non ha una fede precisa, anche per un deista dovrebbe essere pienamente comprensibile la motivazione. La stessa richiesta è fatta nei musei e di fronte alle opere d’arte. Davanti ad esse viene richiesto rispetto – e pare quasi istintivo tributargliene –. Allo stesso modo, non mi pare strano che rispetto sia tributato anche all’Artefice di tutte le Opere d’arte, presenti e future, al Sommo Creatore, all’Ente Divino che ha ordinato l’universo e tutto lo splendore delle sue creature, dalle più insignificanti alle più maestose e intriganti. Creatore, per altro, dell’essere umano, dunque Autore di tutti gli autori di opere d’arte.

Sono altre le richieste che mi fanno storcere il naso. Tra le quali, quella che trovo particolarmente stonata è la richiesta di una “tariffa”, di una gabella, insomma, per poter visitare un duomo, una chiesa o un qualunque altro luogo sacro. Certamente le chiese custodiscono tesori d’arte, ma ritengo snaturante pensarli come se fossero musei, perché li farebbe essere luoghi morti. Non me n’abbiano archeologi e altri appartenenti a professioni simili, voglio solo intendere che la funzione sacra e relazionale della chiesa non può essere scissa dal fatto – reale, concreto e innegabile – che contenga al suo interno e possa rappresentare essa stessa un’opera d’arte. Non basta questo a giustificare questa scelta, senza pensare che tradisca se stessa e la propria storia. Quadri e affreschi furono da sempre – e sono ancora – motivo di riflessione e studio, stimolo alla memoria, al pensiero e all’immaginazione. E se questo ancora non è preghiera, poco ci manca. Anche perché, molto spesso, le immagini affrescate diventano accompagnamento per la preghiera, come testimoniano varie pagine anche solo degli ultimi due Pontefici.

Una casa non può richiedere imposte, perché una madre non ospita il figlio a pagamento. E se la Chiesa è cattolica, anche la chiesa deve sentirsi universale e chiamata ad accogliere, indistintamente, tra le sue braccia, ogni figlio, più o meno disperso, più o meno credente, più o meno praticante.

Perché non bastano le divisioni tra turisti, fedeli o pellegrini. Tale divisione è assolutamente labile e sottile è la linea che s’illude di marcare il confine tra questi soggetti. Perché  l’attenzione è catturata dalla curiosità, che s’accende, come la scintilla d’un acciarino, da un moto di stupore di fronte alla Bellezza. E allora, perché non pensare che un primo approccio da “fedele” possa nascere dalla curiosità tutta turista di scoprire le bellezza di una terra sconosciuta, salvo poi venire rapiti dal suono d’un organo, dall’incanto di un’illusione ottica o dalla possanza di mura di pietra che risuonano storie di fede, d’odio, d’amore, di virtù, di coraggio, di martirio?… storie della Storia del mondo, che s’intrecciano e ci fanno l’occhiolino! Ed ecco che, dietro una pietra, un masso oppure una cattedrale ci sentiamo piccoli piccoli, parte di un tutto al quale siamo legati a doppio nodo. Perché nessuno può sentirsi escluso dal percorso di un’umanità che, ogni giorno e ogni notte prega, sogna, spera, ama, soffre, gioisce. Da migliaia di anni.

E, con una gabella, fosse anche quantitativamente insignificante, ma assiologicamente pesantissima, rischiamo di allontanare le persone. Perché il messaggio è molto chiaro e recita a chiare lettere:  la casa di Dio è a pagamento. Cioè: io non sono più libera di avvicinarmi a Lui. Ci sono degli impedimenti. E se una chiesa, o peggio, la Chiesa, invece che essere strumento per favorire l’incontro, diventa ostacolo a raggiungere il Dio che ama l’uomo, questo è il vero scandalo (da skandalòn: inciampo)!

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