Chiusi la chiamata e pensai: "Ma questo prete, cosa
vuole?". Un’affermazione che rispecchia la mia diffidenza verso il genere
umano, la mia paura del diverso, il timore d’essere imbrigliato in una
struttura che sterilizzi la fantasia e il genio che nascondo nell’animo. Fu
questo il mio primo contatto con don Attilio Mazzola, un prete che la diocesi
ha salutato lunedì scorso dopo 21 anni di servizio fedele e appassionato alla
chiesa di Padova. Dopo mille giorni di sacerdozio ecco la risposta: "Cosa
vuole? Mi vuol bene".
E’ troppo
facile oggi fare il prete: impresa più gigantesca e appassionante è quella di
essere preti! Questo m’ha insegnato don Attilio. La carriera (ma nutro seri
dubbi che sognasse questo) l’ha persa per aver scommesso su preti scomposti
come il sottoscritto, per aver accettato di scorgere dentro un tronco rugoso i
lineamenti di una donna da scolpire, per aver accolto la convinzione di Paolo
di Tarso: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti" (1
Cor 1,27).
Tante
volte ho pianto, ho avuto paura, mi son sentito le gambe tremare e il sorriso
spegnersi. Tante volte mi son sentito solo: la sua presenza discreta ma feroce
m’ha sempre impedito di cadere. Mai pentito d’aver consegnato a quest’uomo (che
per me è stato un papà autorevole e non autoritario) la mia storia di bambino,
i miei sogni di prete, la mia voglia di tentare il nuovo, la mia passione per
l’uomo, la mia voglia pazza e sconsiderata di rischiare. Nelle centinaia di
telefonate, nei molti incontri, nelle sue visite ai miei ragazzi non ho mai
sentito puzza di gelosia, malizia nelle battute. Le orecchie me le ha tirate
tante volte ma la mia storia di prete l’ha accarezzata di più. I no che mi ha
detto son stati tanti ma le vittorie che abbiamo condiviso son state molte di
più. Mi ha sempre chiesto diplomazia: non son riuscito a ripagarlo. Eppure m’ha
dimostrato che il tentativo è apprezzabile più del risultato. Dietro il suo
nome per me ci stava l’autorità, nei suoi gesti ci scorgevo l’affetto. Dopo
ogni batosta puntuale arrivava il suo sostegno che m’incitava a non mollare, a
concretizzare quella triplice immagine di Chiesa che con ostinato merito ha
portato avanti: ponte sul territorio, scuola di formazione, casa di comunione.
Don
Attilio, dopo tre anni di cammino assieme, voglio farti arrivare un grazie
firmato a modo mio: ti voglio bene!