Dopo il momento del lancio di una navicella spaziale, l’attimo più delicato è l’aggancio con la stazione orbitante: la difficoltà di tale manovra è altissima, dal momento che la velocità orbitale e l’orbita devono coincidere perfettamente. A volte riesce, a volte fallisce. Che cos’è il reinserimento di un detenuto se non il tentativo d’aggancio tra la sua storia e la storia della società dalla quale è stato, nel tempo della detenzione, isolato? La manovra di aggancio è rischiosissima: non sempre la velocità di cambiamento del detenuto coincide con quella della società. Un detenuto può anche aver preso le distanze da un reato commesso, una società può non averlo ancora fatto, o deciso di non farlo. E viceversa, anche. Il possibile intrigo dell’omicidio-Floris è qui: nel mancato aggancio tra lui e la società. Tra il suo passato, al quale aveva rimesso mano e cuore, e il passato della società offesa che, probabilmente, aveva deciso di non farlo.
Dentro una cella a bere un caffè, negli occhi dei miei “lupi” ho fiutato tre possibili indizi umani in questa vicenda. Il primo è una ritrattazione: «Non era evaso». Quando un detenuto non rientra, il giudizio più comodo da attaccargli addosso è quello della latitanza: stavolta, invece, abbiamo sbagliato in tanti, giornalisti e gente comune. Dietro quel mancato rientro c’era un raddoppio di dramma, non un tradimento della fiducia: ci sono anche “lupi” che conoscono il prezzo della fedeltà e dell’amore. La seconda traiettoria. Qualora il colpevole fosse interno al carcere, la vicenda confermerebbe che si può anche riuscire nella rieducazione di un uomo, come nel caso di Antonio, ma non si può essere certi della rieducazione di tutti: c’è anche chi sceglie il male come fidato compagno di viaggio. In questo caso, il carcere consegna dei master in delinquenza senza eguali: abbandonate un uomo dentro la cella, dopo anni troverete un cane rabbioso con le bave alla bocca. Un pericolo, dunque, per la società stessa. La terza traiettoria, quella più fastidiosa, eventualmente, d’accettare: quando il detenuto è stato rieducato ma la società è rimasta maleducata. E’ un rischio insito in chi educa da queste parti: calcolare che per chi è rimasto nel mondo cosiddetto civile, quell’uomo rieducato sia rimasta la belva di un tempo, gli sia negata a priori la possibilità di dimostrare il cambiamento. E’ il passato che, come un leone ruggente, va in giro cercando chi divorare: tende imboscate, organizza agguati, s’affida alla memoria per firmare la vendetta e la resa dei conti. Per evitare questo, c’è una sola strada: quella della riconciliazione o, detta in maniera aconfessionale, della mediazione tra vittime e carnefici, dell’imparare a rimettere mano alle storie frastagliate. L’omicidio-Floris, per chi da queste parti spende vita e passione, non avrà mai contorni netti come di chi, con una sicurezza invidiabile, bolla tutto come carne da macello. Il male va studiato, se non altro per apprenderne la complicanza, la fantasia. Per gustare meglio quegli “agganci” che, quando riescono, risanano nottate come queste.
(da Il Mattino di Padova, 13 novembre 2015)