Come ogni mattina, quando suona la prima campanella, un gruppo di prof esce ad accogliere le proprie classi per farle entrare. Mi piace molto cominciare la giornata facendo l’appello; in realtà, mi piace farlo anche quando ho l’ultima ora. Stamattina, durante la vocazione dei singoli nomi, uno dei miei alunni mi ha risposto “Prof, ho tutto”. Mi sono fermata a guardarlo con aria interrogativa. “Prof, ho le scarpe di ricambio e anche il materiale che ci ha chiesto di portare”. Non ho fatto in tempo a rispondergli, quando un compagno si è infilato in quel pertugio e, girandosi, ha rilanciato all’amico “Hai tutto, ma tu, ci sei?”. Ci siamo tutti fermati ad ascoltare cosa avesse suscitato quel fulmine a ciel sereno. Preziosi secondi di totale silenzio, che in quella classe prima sono rarità assoluta. Ma tu, ci sei? Sei qui presente? Ti sei portato a scuola stamattina? Hai portato qui il tuo desiderio di vivere, di scoprire, di scoprirti, nuovo e diverso da ieri?
Ci sono periodi della vita in cui facciamo fatica a “portarci” davvero nei luoghi in cui siamo. Ci andiamo col corpo, per dovere, per lavoro, per vita sociale, perché ci sforziamo, per amore anche, ma non ci siamo davvero. Quando la tempesta infuria dentro, la nostra essenza più vera rimane al riparo sottocoperta; fuori, a poppa, mandiamo una parte di noi, magari quella efficiente, quella che “prof, ho tutto”. Usiamo il lavoro per non pensare oppure vorremo non andarci proprio, appositamente per fermarci a pensare. É in questi momenti che si fa più fatica ad alzare lo sguardo, perché si è concentrati sul proprio dolore, si cerca di risparmiare energie indispensabili per arrivare a fine giornata. E vorremmo che Gesù, che su quella barca, in mezzo alla tempesta, dorme, si svegliasse e facesse qualcosa. Sembra quasi che anche Lui abbia portato tutto, ma non ci sia. Ci sentiamo soli e perduti in mezzo a quelle onde. Vorremmo che la tempesta si placasse e che finalmente Lui dicesse al mare: “Taci, calmati!”. E ci dimentichiamo che, invece, è venuto in classe con noi, soprattutto in quelle mattine che noi, per primi, non ci siamo “portati” a scuola veramente. Ci scordiamo che ogni mattina, al suono della prima sveglia, è Lui il primo a fare l’appello con noi, a chiamarci, a cercare una relazione e a chiederci “ma tu, oggi, ci sei con me?”.
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