E’ una codardia che non conosce eguali quella smascherata sulle labbra dei discepoli: «Essi tacevano». A domanda, non hanno nemmeno il coraggio di rispondere, l’ardimento d’essere uomini: «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?» (liturgia della XXV^ domenica del tempo ordinario). Anche allora, come oggi: ci si preoccupa dei capelli, dei vestiti, degli accessori e delle scarpe. Eppure, dell’umano, continuerà a colpire ciò che non è nelle nostre possibilità poter cambiare: lo sguardo. Mica l’avevano capito i discepoli che quell’Uomo – col quale si sono liberamente messi in cooperativa – non è un uomo dell’ultima ora, è un pezzo da novanta tra le teste giganti. E’ uno che non s’azzarderebbe mai di fare una domanda a nessuno se prima non sapesse già la risposta. Nella lingua italiana, questo tipo di domande la maestra t’insegna a definirle tautologiche: domande che hanno in sé già la risposta. Nel Vangelo le stesse domande Gesù di Nazareth t’insegna a chiamarle verità.
Li aveva smascherati, da Uomo d’orecchio fine: lui predicava l’ingresso a Gerusalemme, abbozzava il progetto del lavatoio di Ponzio Pilato, li stava ammaestrando sull’imbragatura da portarsi dietro per scalare il Calvario. Conscio dell’immane fatica che quelle parole causavano sulla durezza di quei cuori frastornati, anticipò la bellezza del panorama mozzafiato che sarebbe apparso ai loro occhi: «Dopo tre giorni risorgerà». Mica male come indice d’onestà tra gli umani: di uno che non mi nasconda la miseria della storia ma, dentro la miseria, m’insegni a riconoscere e ricostruire la bellezza, non ci sarebbe che da fidarsi. D’affidarsi. Non così deve aver pensato quella marmaglia di uomini/apostoli se è vero che, mentre lui tratteggiava a strada che avrebbero percorso, lungo la via discutevano tra loro «chi fosse il più grande». Dev’essere apparsa subito, anche ai loro occhi, una vigliaccheria se, pescati con le mani nella marmellata da quell’Uomo, han taciuto alla sua domanda. Piuttosto che perdere la faccia, han preferito non mettercela affatto: certi risparmi uno se li porta dritti nella tomba del cimitero.
Lui li oltrepassa e fila dritto. Cammina veloce l’Uomo che sa dove andare per vincere la sbruffonaggine di Lucifero. Sta andando lassù, verso l’alta quota della croce: a farsi ammazzare per far sbocciare la vita. Per farla diventare verità in grado di aprire la via alla salvezza: Via, Verità e pure Vita. Loro rimarranno fedeli fino alla fine: l’abbandoneranno alle Sue peregrinazioni di cuore. Come un gruppo di atleti che, partito un drappello di fuggitivi, lascia fare, pascola e perde il controllo della situazione. Lui lascia fare, nel nome del Padre e della libertà: all’incrocio della loro gara a chi è più grande, lascia come misura un bambino con la sua vulnerabilità addosso. Anche il Cristo è vulnerabile. E come tutti gli uomini che sono tali anche Lui è spesso ostinato, struggente, straziante. Molto spesso è solo contro tutti. Contro addirittura il buon senso.
Loro dormono, Lui non s’arrende: appare e scompare, avvolto o velato, antico e severo, osserva e ricorda. Rimane statuario nella sua grandezza d’intenti: decisivo, finale, conclusivo, terminale. Anche estremo: Uomo da seguire tutto d’un fiato, quasi in apnea. Oppure, alla medesima velocità, d’abbandonare il più in fretta possibile: le persone sincere sono scomode da vivere. Le proveranno tutte per farle cadere dalla torre: «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni. Mettiamolo alla prova, condanniamolo ad una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà». Prego, signori: provatele tutte, inventatene sempre di nuove, escogitate pure una follia maniacale di persecuzione da gettare addosso a costoro. Fate tutto, tutto potrete fare: eccetto pensare che quell’Uomo abbia problemi d’udito. In caso di domanda, però, – «Di che cosa stavate discutendo lungo la via?», abbiate almeno il coraggio di metterci la faccia.
Ne son bastati Dodici per capire quanto pesa la vigliaccheria che insidia alle calcagna Cristo e i suoi seguaci. Quelli che non lo molleranno mai e poi mai. Giuda, almeno, è stato onesto fino alla fine: voleva essere più grande del Maestro e ci ha tentato. Autorimettendoci la faccia, assieme a tutto il resto del corpo.