Ha la passione dell'imprevisto. È un Dio in agguato

La dichiarazione – più un’ammissione personale che una constatazione di quelle che affratellano tutti – ha destato curiosità: «Non voglio più fare l’attrice. Mi sono resa conto di come la realtà sia più interessante di quella sul set». A pronunciare queste parole non è l’ultima iscritta al corso di recitazione indetto dalla parrocchia (con tutto rispetto) ma è Kasia Smutniak, attrice e modella della Polonia naturalizzata italiana. Poco importa se, dopo l’ondata di rilanci da parte delle agenzie, l’attrice ha specificato di non aver deciso di chiudere la carriera di attrice: «Raccontare storie è la mia passione – ha ribadito -: credo farà sempre parte della mia vita». Non, dunque, un addio (il che, sinceramente, ci sarebbe anche dispiaciuto!) ma il desiderio di ritornare a raccontare storie perchè, parole sue, «la realtà è più interessante di quella sul set». Concetto che, meditato pazientemente, decreta, per l’ennesima volta, che tra la messinscena del set e il realismo della normalità, alla lunga vince sempre la seconda. Della serie: l’erba del vicino resterà sempre più verde ma, se un giorno avrai l’occasione di toccarla, potresti accorgerti che si tratta di erba sintetica. Più verde, certamente: ma finta, senza radici, bisognosa di non venire mai messa alla prova altrimenti verrà notata la sua essenza di plastica. Il cinema, tra riflessi e riflettori, a volte storpia la realtà, finendo per creare una realtà immaginaria, inesistente. Non importa se, a colpi di biblietti staccati ai botteghini, quel lavoro cinematografico farà la storia del cinema: sappiamo, come scrive Cioran, che «quando un solo cane si mette ad abbaiare ad un’ombra, diecimila cani ne fanno realtà». Una critica positiva ad un film, magari pagata, non decreta la verità dei fatti del film.

Il mondo che abitiamo è dominato dalla virtualità e dall’apparenza. Nasce, poi, la conseguenza che, a forza di frequentare la finzione fin quasi a cederle la nostra capacità d’immaginare, si perda il contatto con la realtà. La realtà, però, rimarrà il più abile tra i nemici: all’improvviso scatenerà un attacco contro quel punto del nostro cuore nel quale meno ce l’aspettavamo, dove non c’era nessun sistema di difesa, e ci metterà cuore a terra. Sorprendendoci con l’imprevisto: le cose, alla fine, resteranno sempre come sono e non diventeranno mai come noi vorremmo che fossero. Lavorando nei bassifondi delle galere, quante volte – al netto del male compiuto, che non avrà mai la minima giustificazione – dico a me stesso: “C’è più vita qui in questa drammatica realtà che nell’intera serie di Gomorra, rielaborata artisticamente”. E’ la bellezza del “realismo cristiano”: è la realtà, non la fantasia, che nasconde il segno di un’altra presenza, di un senso diverso, di una visione alternativa. Che, alla fine, ha a che fare con il principio stesso dell’amore: tu capisci di essere innamorato quando non c’è più verso di prendere sonno perchè, finalmente, la realtà è migliore dei tuoi sogni più belli.

Che una signora attrice, non tema di rimettere in ordine le cose, intriga. E trattiene lo stesso indice di sorpresa di chi, magari per ragioni di lavoro, gira di continuo il mondo in lungo e in largo, su e giù dagli aerei, vestito sempre a festa (“Che figata di vita!” dice la gente osservando) ma, in vacanza, se gli chiedi di fare un viaggio, ti risponderà che la vacanza più bella, in realtà, sarebbe quella di starsene a casa: a curare il giardino, alzarsi con calma, gustarsi il tempo ch’è sempre sfuggente. Nessuno, con ciò, nega il potere dell’arte nelle sue infinite versioni: la realtà, certe volte, è così crudele che senza l’arte (anche la finzione) s’impazzirebbe. Il segreto pare stia, anche stavolta, ancora nel mezzo: siccome nel reale si rischia di soffocare e nell’irreale di perdersi, varrà la pena ricordarmi che io, con la mia storia reale (e magari disastrata), sono il progetto più grande sul quale lavorare. Azzerare, riconcentrarsi, ricominciare tante volte quante ne avrò bisogno: senza mai perdere la fiducia in me. Nella mia storia che non avrà certamente le luci di un film ma possiede la bellezza e l’elasticità della realtà.

(da Il Sussidiario, 11 agosto 2024)

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