La parola “del momento”, quella di cui tutti hanno discusso e stanno discutendo in questi giorni, è il concetto di libertà; ma cos’è, questa libertà di cui tutti parlano?
Il desiderio di libertà è stato ciò che ha guidato intere rivoluzioni, è stato ciò che ha permesso a degli uomini di cambiare il loro destino, ed è sempre stato un concetto a cuore delle persone che volevano vivere davvero, e non soltanto sopravvivere oppressi da regimi o tirannie di qualsiasi forma. Nel corso della storia, tale concetto ha assunto svariate forme: desiderio di abolizione di una monarchia assolutista, desiderio di abolizione della schiavitù, desiderio di abolire limiti dovuti alla propria classe sociale, e anche il desiderio di potersi esprimere, di poter comunicare le proprie idee, senza la paura di venire condannati per avere un pensiero differente. E’ proprio quest’ultimo aspetto della libertà quello più chiacchierato negli ultimi giorni: la libertà di espressione.
A tale riguardo, di esempi nella storia recente ne abbiamo diversi: in Italia, la libertà d’espressione era già riconosciuta nello Statuto Albertino:<< La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi>> (Art. 28, Statuto Albertino, 1848). La legge cui si fa riferimento è conosciuta come Editto Albertino, che istituisce la figura di un gerente responsabile di ciò che è pubblicato sui quotidiani; si tratta dunque di una libertà vigilata, ma comunque garantita già in quel periodo. Questa norma fece molto comodo, in seguito, alla dittatura Fascista, poiché l’esaminatore aveva la licenza di porre il suo veto su tutta la stampa antifascista, eliminando così le opposizioni e quindi la libertà di espressione. Anche di recente, in Turchia, lo Stato ha imposto la massima segretezza e riservatezza riguardo all’attentato verificatosi verso la fine del 2015 ad Ankara; è stato impedito ai media di parlare dell’accaduto a qualsiasi organo di stampa, e questa scelta è stata aspramente criticata dal Commissario per i diritti Umani del Consiglio d’Europa, Nils Muizniesk, che ha definito la libertà d’espressione come “concetto fondamentale per una società democratica”.
L’esempio più recente però, impresso nei pensieri e nei cuori di tutti, è sicuramente legato alle vicende del giornale satirico francese “Charlie Hebdo”. A partire dall’attentato subito nel gennaio 2015, tale redazione ha ottenuto grandi segni di solidarietà da parte di tutto il mondo: milioni sono stati i proclami che inneggiavano al loro diritto di poter fare della satira, sui vari social ha spopolato l’hashtag #jesuischarlie, e moltissimi hanno iniziato a leggere questo periodico solamente per sostenere il diritto di libertà di espressione.
Non io, però.
Utilizzando i social network mi è spesso capitato, a partire da quel 7 gennaio 2015, giorno dell’attacco alla redazione del giornale satirico, di leggere ovunque che molti “erano Charlie”, si immedesimavano in quel giornale e gli erano vicini nella lotta per la libertà di espressione; anche oggi, di fronte alla loro satira riguardante le vittime italiane causate dal terremoto, molte persone continuano a sostenere che è un diritto di questo giornale deridere il popolo italiano, etichettare con luoghi comuni una nazione intera e non avere rispetto delle vittime innocenti di un cataclisma raffigurandole in vignette a dir poco di cattivo gusto, e che dunque la polemica nata in seguito all’ultima edizione pubblicata sia solo un contrasto privo di fondamento.
Ho letto molti post che parlano di libertà; ciò che non è chiaro a molti, purtroppo, è cosa significhi questo concetto. Libertà non è solo “condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla”. Libertà implica anche responsabilità; e questa possiamo definirla come “Congruenza con un impegno assunto o con un comportamento, in quanto importa e sottintende l’accettazione di ogni tipo di conseguenza”. Ricapitolando, quindi, chiunque è davvero libero di fare ciò che vuole, ma è responsabile di ciò che fa, poiché le conseguenze derivanti da un “comportamento di libertà” (in questo caso una vignetta) possono assumere, sempre secondo lo stesso concetto (di libertà), infinite forme.
Con questo mio ragionamento, però, non mi si voglia assolutamente fraintendere; sono il primo a definire l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo un atto disumano, un gesto a cui è difficile, se non impossibile, dare una spiegazione logica, un’azione sconsiderata portata avanti da fanatici che hanno fatto del Male il loro credo, però sono anche il primo a sostenere che in una diversa forma ha eguale gravità disegnare e pubblicare una vignetta che fa dell’umorismo a dir poco macabro su una tragedia che ha sconvolto la vita di intere famiglie, che ha colpito donne, uomini e bambini innocenti, la cui unica colpa è stata la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato; questa non è satira, è solo volgarità e imbecillità, e in quanto tale non riesco proprio a comprendere come questo settimanale possa godere di così tanti sostenitori.
La libertà di espressione, per riprendere le parole sopra citate di Nils Muizniesk, è indubbiamente una prerogativa necessaria per uno stato democratico, ma essa non ha assolutamente il diritto di poter venire meno al rispetto dell’altro, che anche nella satira deve venire tutelato su alcuni argomenti particolarmente delicati, perché se la libertà è davvero senza vincoli, senza morale e senza responsabilità, come molti dichiarano senza riflettere a fondo, non vedo come poi, queste persone paladine della libertà senza limiti, si possano scandalizzare davanti ad un attentato, che per quanto possa essere estremo non è altro che una diversa forma di libertà, una diversa forma di espressione.
Vedi anche:
Corriere.it
Tempi.it
Repubblica.it