Siamo a Conselve, in provincia di Padova, negli uffici della società Centro Veneto Energie (CVE): qui, un uomo domanda all’operatore come mai la fornitura di gas e luce non funzioni dal primo mattino. Dopo le opportune verifica, risulta che ciò avviene a causa dell’inadempienza nel pagamento della bolletta.
Non chiede un condono fiscale. Ha dignità, come tutti i veri poveri (quelli che non sbandierano la propria condizione, unicamente per trarne vantaggio). Eppure, al contempo, pone avanti le ragioni del cuore (i propri figli), motivo per cui si arrischia a mettere da parte l’orgoglio e domandare una dilazione, una rateizzazione. Vuole pagare, per come riesce a pagare.
Già questo dovrebbe farci riflettere. Quanti altri avrebbero adottato un comportamento diverso, compiuto scelte diverse? Avrebbe potuto dire che, poiché non aveva soldi a sufficienza, non aveva alcuna intenzione di pagare. Avrebbe potuto lamentarsi delle tasse esorbitanti.
Ma un padre di famiglia, con 4 figli, pensa solo che l’importante è che non rimangano al freddo, d’inverno, e non si ammalino. Il resto sfuma, sbiadisce, perde importanza, di fronte all’obiettivo dell’uomo.
L’inserviente è, però, inamovibile. La rateizzazione non è possibile, perché la morosità è troppo prolungata. Invito a non fare di questa persona un capro espiatorio: è vero, non si è dimostrata disponibile, ma non è detto che avesse le possibilità per farlo, né la libertà d’azione. Un impiegato non può illudersi di avere la larghezza del raggio d’azione di un direttore e non è detto che possa avere la tranquillità economica di poter scegliere, liberamente, di rischiare in prima persona. 600 euro, per tanti, non sono una piccola somma, del resto.
Fatto sta che l’uomo si trova costretto ad uscire, sconsolato e – senz’altro – preoccupato per il futuro che attende la sua famiglia.
Dei bambini, il gelo dell’inverno, il periodo di Natale.
È inevitabile che il pensiero corra, veloce, alla piccola fiammiferaia: forse una delle fiabe più tristi che si possano raccontare a dei bambini. Si tratta, tuttavia, di una fiaba che ci invita, o, meglio, ci impone di prendere una posizione, andando contro all’ignavia che ci attanaglia, relegandoci ad una posizione marginale, da spettatori passivi, di fronte al tracollo dell’umano.
La storia, del resto, non finisce qui. Prosegue e ci porta a riflettere che la realtà non è mai immutabile, ma, tramite piccoli e grandi gesti, può essere trasformata, talvolta anche in modo radicale.
Poco dopo l’uscita di scena dell’uomo, un’altra persona, in fila dietro di lui, s’informa sull’accaduto, vuole sapere quale sia l’ammontare della somma da pagare.
«Sono quasi 600 euro», ha risposto l’impiegato. E l’utente ha prontamente replicato: «Saldo io, però aspettate a comunicarglielo, perché voglio restare anonimo e non voglio che colleghi l’operazione alla mia persona. Però voi fate in modo che possa riavere subito luce e gas».
Non sappiamo i dettagli, la nazionalità, le generalità, né i motivi dell’inadempienza del primo utente, né abbiamo informazioni dettagliate sul secondo, generoso utente (per scelta, voluta, di quest’ultimo).
Eppure, forse, proprio per questo, questa storia si fa anticamera e spiegazione del Natale che ci accingiamo a vivere. Ci sono delle colpe? Perché il moroso non ha pagato? Ha forse sperperato il suo denaro?
Non lo sappiamo noi, né lo sa l’anonimo benefattore. Se vogliamo far bene il bene, dobbiamo farlo gratis, non possiamo avere paura dello spreco di risorse; l’amore vero è sempre, costantemente, in perdita.
Come quello di Dio.
Non ci meritammo l’avvento di Cristo. Lo mettemmo e lo mettiamo in Croce. Eppure, come quella Notte Santa, ogni notte, nel silenzio, nel nascondimento, nella discrezione, Dio non smette di farci dono del Suo amore. Molto spesso, non ce ne accorgiamo, ottenebrati dalle sfighe che costellano la nostra vita. Eppure, il dono, gratuitamente si rinnova, per poterci dire: «Io ti amo, anche se tu (ancora) non lo sai. E ti amerò, anche se tu non comprenderai l’amore o non saprai come ricambiare».
Perché l’amore, senza gratuità, rischia di rimanere amore a metà.
Difficile trovare un esempio più calzante di questa piccola, grande storia d’attualità, per aiutarci a vivere bene questo tempo di Avvento, in cui l’attesa è bene non sia – esclusivamente – qualcosa di passivo, come se tutto arrivasse dall’alto, come i fiocchi di neve, che, in questi giorni, hanno imbiancato tante nostre città, mutandone l’aspetto abituale.
Nella nostra vita, non possiamo aspettare, senza muovere un dito. Dobbiamo cogliere l’opportunità, quando incontra il nostro quotidiano.
Questo fatto colpisce al cuore il nostro Natale. Se non riscopriamo il valore della gratuità, rischiamo di perdere di vista cosa sia davvero l’Incarnazione di Cristo.
Fonte: il Gazzettino di Padova
Fonte immagine: Paperstreet